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Mistero incendio all'uliveto, le anomalie rilevate nell'indagine del dott. Mistrorigo

Di Redazione VicenzaPiù Giovedi 12 Settembre 2013 alle 20:53 | 0 commenti

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Riceviamo dal dott. Tiziano Mistrorigo a riguardo dell'incendio degli olivi di Antonino Casale e pubblichiamo - Verso la fine di agosto 2013 mi sono recato presso l’azienda agricola di Casale Antonino in via Monte Schiavi – Castelgomberto, anche per visionare gli effetti dell’incendio nell’uliveto del 10 agosto, sia perché assieme abbiamo fatto battaglie per i beni ambientali e culturali, l’ultima per la salvaguardia del contesto di Villa Cordellina-Lombardi, sia per alcune competenze personali come laureato in scienze biologiche (in passato ho fornito informazioni su agricoltura conservativa) di informazioni riguardanti l’agricoltura conservativa.

Ha visionato l’area dell’uliveto interessata dall’incendio con molta attenzione, per più di un’ora e la situazione è subito apparsa strana e preoccupante.

Risulta evidentissimo che l’incendio non è partito da un punto unico, ma nemmeno da tre o quattro punti diversi, come di solito avviene negli incendi dolosi. Infatti l’area bruciata sul terreno non aveva alcuna continuità, per cui non c’era stata propagazione da pochi punti al resto della zona coinvolta. Con evidenza si vedeva che c’era un’area bruciata attorno ad ogni pianta, senza continuità nel terreno; in pratica si hanno come dei cerchi di erba secca bruciata attorno a ciascuna pianta con zone di erba secca non bruciata tra una pianta e l’altra. Ciò si spiega solo con l’uso di materiale combustibile gettato alla base del tronco di ciascuna pianta, confermato dalla combustione di parte della corteccia, che richiede presenza di fiamma più lunga nel tempo rispetto alla momentanea fiammella di poca erba secca. Dal punto di vista botanico questa operazione sicuramente dolosa è stata fatta da persona esperta, che sa del notevole danno procurato all’ulivo con il danneggiamento dei vasi che trasportano la linfa della pianta, mentre la sola combustione dei rami periferici spesso è sopportata dalla pianta.  A ulteriore conferma c’è la presenza di foglie secche, non bruciate dal fuoco dell’erba secca, che si sono seccate successivamente, anche nella parte alta delle piante, ben lontana dalla modesta fiamma di erba secca, perché si è interrotto il flusso d’acqua dalle radici.

Incendi di questo genere il sottoscritto non ne ha visti né sui colli Berici né sull’altipiano di Asiago né sulle colline della pedemontana e nemmeno ne ha sentito parlare nelle nostre zone. Per ragionamento deduco che si tratta di un’opera di esperti con l’intento di fare danno alle piante, senza formazione di fiamme molto alte, troppo visibili. Probabilmente l’azione sicuramente dolosa è stata compiuta da più persone, vista la capillarità di passare pianta per pianta e forse eseguita anche in due tempi diversi (distribuzione di polvere combustibile e poi innesco). Temo che questo incendio doloso, per le modalità inusuali, stia a indicare qualche novità poco piacevole per il nostro territorio, che meriterebbe una salvaguardia molto più attenta ed anche un’indagine diligente.


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