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Nuovo miraggio a Nord Est, anche con l'arredamento a Valdagno e i caminetti a Pove

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 24 Agosto 2013 alle 01:24 | 0 commenti

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di Maurizio Maggi, da L'Espresso n. 34 in edicola
Le aziende vedono segnali di ripresa. Con nuovi ordini, più esportazioni, straordinari e lavoro a Ferragosto. Ma il resto del Paese seguirà?
Torna a soffiare, il vento del Nord-Est? Le buone notizie, merce rara negli ultimi tempi sul fronte dell'economia e del lavoro, dal Triveneto hanno ripreso a fare capolino. A infondere un certo ottimismo sono i segnali che arrivano in ordine sparso da gruppi grandi e piccoli. 

Alla Electrolux di Susegana, Treviso, nuove commesse da Ikea e Aeg hanno permesso di cancellare il contratto di solidarietà, facendo saltare il ponte di Ferragosto e spedendo gli operai in fabbrica per tutti i sabati del mese. Le friulane Ferriere Nord di Rivoli di Osoppo, controllate dal gruppo metallurgico Pittini, hanno chiesto agli operai di rientrare in anticipo dalle ferie d'agosto e la disponibilità a lavorare di sabato in settembre. Negli impianti Luxottica di Agordo e Sedico, in provincia di Belluno, si sgobba da tempo dalle cinque del mattino per star dietro alla produzione del colosso dell'occhiale, che ha appena festeggiato un trimestre record con oltre 2 miliardi di euro di fatturato. Mentre nelle tre fabbriche della Carraro di Campodarsego (Padova), Magnago (Pordenone) e Gorizia, dove si producono assali e trasmissioni per trattori e macchine movimento terra, è in arrivo il ciclo continuo e le linee di montaggio saranno sempre attive anche al sabato e alla domenica: un sacrificio, in quanto a qualità della vita, che prepara però il terreno a un centinaio di posti di lavoro nel giro di tre anni. 
Le spruzzate d'ottimismo, del resto, non mancano neppure a livello nazionale e istituzionale. Per il presidente del Consiglio, Enrico Letta, l'uscita dell'Italia dalla crisi «è a portata di mano» e il ministro dello Sviluppo ecomico, il veneto Flavio Zanonato, si spinge oltre, dichiarandosi certo che entro la fine del 2013 il Prodotto interno lordo ripartirà. Come la chimica tricolore, che l'analisi di Federchimica vede in risalita dell'1,3 per cento nel 2014. Per spingere anche gli scettici a cominciare a credere nella svolta, o almeno nella fine della caduta, ecco i primi numeri. Uno 0,2 per cento in più non fa primavera ma è un segnale incoraggiante: dopo sei trimestri consecutivi in profondo rosso, la produzione industriale, in Veneto, ha invertito la tendenza. Lo ha fatto nello stesso trimestre, aprile-giugno, in cui il Pil delll'Europa ha ripreso a crescere (dello 0,3 per cento), dopo essere arretrato per sei volte consecutive il segno meno. L'Italia è rimasta sott'acqua (meno 0,2 per cento) però può provare a sfruttare la scia della locomotiva Nord-Est. Secondo l'elaborazione effettuata per "l'Espresso" dall'ufficio studi della Cgia di Mestre, infatti, il Pil del Triveneto l'anno prossimo crescerà dello 0,9 per cento, contribendo a trascinare l'Italia a più 0,7. 
Intanto, dal vivace reticolato delle medie e mini imprese, il "cuore" dell'economia del Nord-Est, affiorano tante storie di investimenti e assunzioni. C'è chi ha sofferto fino a marzo e poi ha messo il turbo, come la Midac Batteries di Soave, Verona, costruttore di batterie con 400 dipendenti in Italia: «Stiamo crescendo sul mercato italiano e lunedì scorso ci siamo assicurati un massiccio ordine dall'inglese Tesco, la seconda catena di supermercati al mondo. Sento che le cose stanno cominciando a muoversi, in particolare nell'ambito della trazione elettrica, e quest'anno assumeremo almeno trenta persone, in Italia, per accrescere la produzione», racconta il presidente Filippo Girardi. Anche la Zordan di Valdagno, Vicenza, che fa arredamento per negozi di lusso, se l'era vista brutta, soprattutto nel 2009-2010: ha cambiato marcia puntando sul marketing e la formazione del personale, ed è tornata sui volumi del 2008, ha rilevato una società specializzata nell'arredamento su misura delle case private e nei prossimi due mesi allargherà l'organico di quattro persone: un balzo numericamente modesto ma percentualmente di rilievo, visto che alla Zordan sono una quarantina. La storia della della Fpt Industrie di Santa Maria di Sala, Venezia, produttrice di macchine alesatrici e fresatrici per l'industria meccanica, è un po' diversa. Senza falsa modestia, il fondatore Gabriele Piccolo sottolinea: «Mai avuto flessioni, il fatturato cresce del 20 per cento ogni anno. Merito della strategia adottata agli inizi del secolo, quando abbandonammo i prodotti più semplici per buttarci sulla tecnologia più spinta. Fpt Industrie ha un giro d'affari di 120 milioni e 400 addetti, e seguita ad assumere consolidando contratti di formazione e a termine. Venti "precari" sono stati così trasformati in dipendenti a tempo pieno negli ultimi otto mesi. Oltre trecento nuovi posti di lavoro, tra il 2012 e il 2013, ha contribuito a crearli, in Trentino, l'accordo per i finanziamenti agevolati della Provincia autonoma, utilizzati da 24 aziende. Così, a regime, i lavoratori della Menz & Gasser (che fa marmellate) passeranno da 145 a 200 mentre quelli della Fly (componenti per aerei) da 40 a 120. Secondo lo scrittore e saggista Francesco Jori, il Nord-Est ha sempre anticipato il resto del Paese: «La differenza rispetto al passato, al boom degli anni Ottanta-Novanta, è che all'epoca si sfruttavano condizioni che ora non sussistono piú, come la manodopera low cost, la disponibilità pressoché infinita di terreni, la tregua sociale. Ora a trainare l'uscita dalla crisi sono singole aziende con capacità di innovare non solo in settori d'avanguardia, ma anche in quelli tradizionali. Come la padovana Grafica Veneta che, da padre a figlio, è passata da 6 dipendenti a 250 stampando best-seller alla Harry Potter in sole 24 ore». 
La ripresina in attesa di conferme più probanti è decisamente targata "export", com'era del resto prevedibile, alla luce della stagnazione dei consumi interni. Dal DB Group di Montebelluna, Treviso, azienda della logistica che spedisce i manufatti delle industrie nordestine in giro per il mondo, fanno sapere che, nei primi sei mesi del 2013, il traffico verso Brasile, Cina e Medio Oriente è aumentato del 20 per cento, e quello verso Stati Uniti, Canada e Messico del 15 per cento. «Il Triveneto è il primo a provare a ripartire anche perché, più di altre zone d'Italia, si è internazionalizzato sia commercialmente che produttivamente», sostiene il professor Stefano Micelli, che dirige il corso in inglese di International management all'università veneziana di Ca' Foscari. Secondo il quale tra gli imprenditori veneti è in corso, per la prima volta, una seria riflessione su come rivedere la stagione della delocalizzazione. Dice Micelli: «Oggi le aziende italiane e del Nord-Est in particolare sono consapevoli dei vantaggi di riportare in Italia non le catene di montaggio alla Henry Ford, ma quelle attività che influiscono pesantemente sui processi di innovazione, sviluppo prodotto, prototipazione, customizzazione, attività che fanno parte della nostra cultura e che sono in parte industriali in senso stretto e in parte legate a competenze artigianali di cui il nostro territorio è molto ricco». Non è più possibile pensare di concentrare in Italia solo la ricerca e sviluppo e le vendite, insomma. 
Lo hanno capito in America e l'idea comincia a farsi strada anche nel Triveneto. Sostiene Paolo Gubitta, docente di organizzazione aziendale all'università di Padova. «Le imprese del Nord-Est che vanno bene hanno tre caratteristiche comuni: hanno una visione internazionale e fatto propri gli standard della competizione globale, hanno investito fior di quattrini per modernizzarsi e diventare efficienti e investono parecchio nel marketing, perché capiscono che oggi non basta "saper fare" ma bisogna anche "far sapere"». La Caminetti Montegrappa di Pove del Grappa (Vicenza), che cresce del 20 per cento annuo da tre anni, è un esempio di modernizzazione di successo sull'onda della cosiddetta "lean production", la produzione snella. «Prima produceva caminetti tradizionali, quasi realizzati artigianalmente, adesso lavora un po' come il gruppo Volkswagen, con quattro piattaforme di corpi riscaldanti che poi possono essere rivestiti in modi diversi. Così, mantenendo l'efficienza, si sono abbassati i costi e di conseguenza i prezzi, allargando le quote di mercato e le vendite all'estero», spiega Nicola Gianesin della GC&P, la società di consulenza che ha aiutato l'azienda a cambiar pelle. A proposito di Volkswagen: a giugno, una maxicommessa da 12 milioni di euro del colosso automobilistico ha assicurato due anni di lavoro allo stabilimento della Roechling di Laives (Bolzano): dopo una scaramuccia col sindacato, via libera a 30 nuovi posti di lavoro con la rinuncia alla quattordicesima. Sempre a Bolzano, pochi operai ma ingegneri in crescita alla Microgate, dove sono la stragramde maggioranza dei 36 dipendenti. L'azienda, specializzata nella strumentazione per la messa a fuoco dei telescopi, ha commesse dalla Nasa, dall'Agenzia spaziale europea, e dall'Eso di Monaco di Baviera. 
Non tutti i business possono tuttavia guardare oltre confine. Però qualcosa si muove, in campo domestico, persino in uno dei settori più colpiti dalla crisi, quello dell'edilizia. «Più che una ripresa io vedo un germoglio. Gli enti pubblici stanno ricominciando a pagare e commissionare nuovi lavori, anche grazie ad alcune norme del decreto Salva Italia del governo Monti, che agevola il rapporto tra costruttore e committente pubblico e lascia ai margini le banche», dice da Ponzano Veneto, Treviso, il costruttore Giovanni Paccagnan. La sua azienda di famiglia aveva oltre 100 addetti, nei tempi d'oro. Precipitata a quota 7 e ora è risalita a 15 lavoratori. «Mai pensato di chiudere, neppure nei momenti peggiori», ci tiene a precisare Paccagnan. «Perché in Veneto c'è forte avversità alla rinuncia e grande propensione a intraprendere», ribadisce Alberto Baban, titolare della Tapì di Massanzago, Venezia, che fa tappi per vini e liquori, nonché promotore di VeNetWork, società formata da 47 imprenditori per valorizzare le aziende venete innovative ma carenti dal punto di vista della struttura e della finanza. Dice Baban: «I segnali positivi ci sono ma occorre che si confermino. E chi può sapere, oggi, quanto durerà l'apparente stabilità degli ultimi mesi, con lo spread a 230 che sembra un segnale tranquillizzante? Non dobbiamo dimenticarci che 400 aziende venete sono emigrate in Slovenia, attratte da una burocrazia e un fisco decisamente più amichevoli rispetto a quelli italiani». 


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