Massimo Fùrlan: la crisi della Askoll di Castell'Alfero è una goccia in quella del settore elettrodomestici
Domenica 23 Febbraio 2014 alle 22:09 | 0 commenti
 
				
		
Da Vicenzapiù n. 268 in distribuzione
Il direttore della comunicazione del gruppo di Elio Marioni inquadra i problemi dello stabilimento astigiano nel mercato in caduta libera del bianco e non esclude altri casi di sofferenza però comune per proprietà e lavoratori
Dottor Furlan noi abbiamo riferito da sabato 15 febbraio di una situazione riportata da lavoratori e da giornali locali, come La Stampa sulle pagine astigiane e gli altri media di quella provincia, che parlano di una possibile chiusura della Askoll di Castell'Alfero in provincia di Asti perché stareste delocalizzando in Slovacchia. Da lì nasce lo stato di agitazione dei circa 220 dipendenti con scioperi, presidi, cortei. Vorremmo conoscere direttamente anche quello che sostiene l'azienda
Onestamente a me sembra che anche quello che dice il sindacato non  corrisponda a quello che lei mi sta dicendo in questo momento.
Io, mi  scusi, non ho nominato il sindacato, io ho nominato i dipendenti e non i  sindacati, noi abbiamo parlato direttamente con i dipendenti che ci  hanno contattato
Quello che voglio dirle è che la situazione di  questa fabbrica è aperta sui tavoli che stanno al ministero da molto  tempo quindi che le negoziazioni, le considerazioni e le valutazioni  sono fatte con il sindacato e con  i lavoratori da molto tempo nelle  sedi che sono opportune perché, è ovvio, non è che Askoll viva in un  contesto isolato dal resto del mondo, siamo nel settore  dell'elettrodomestico. Lei che sta a Vicenza la sa bene questa cosa, che  anche vicino a noi abbiamo aziende molto grandi che sono in grande  difficoltà tant'è che è addirittura intervenuto il Governo per la  Electrolux. Quindi può immaginare come un'azienda che è fornitrice di  componenti possa ben poco nella decisione del proprio futuro  indipendentemente dai clienti. Quindi la questione dello stabilimento di  Castell'Alfero diciamo che si è costruita nel corso del tempo e  attraverso un percorso che ha cercato di qualificare completamente  questa fabbrica con investimenti molto importanti che sono stati fatti  per mettere su nuove linee di produzione, nuove produzioni che siano più  coerenti con i prodotti diciamo ad alto valore aggiunto per essere  diversi da quel basso valore aggiunto di cui lei ha parlato nella logica  della ricollocazione delle produzioni in Slovacchia. Questo è un punto  di partenza, la trattativa di quello che succede ha delle date che sono  state concordate con tutti quanti gli interlocutori istituzionali e il  sindacato perché è evidente che il quadro di quello che succede in  questo momento non dipende solo da quello che vuol fare l'azienda ma  dipende da quello che i nostri clienti ci consentiranno di programmare e  di progettare per il futuro. Si è chiesto di avere un incontro a Roma  al Ministero dello Sviluppo Economico, come lei ha scritto, che sarà  nelle prime settimane di marzo perché in quella data era attesa una  risposta da parte dei nostri clienti che ci avrebbero dovuto dare  indicazioni se intendevano o meno fare degli acquisti di prodotto e  comprare quindi delle quantità che avrebbero dato visibilità sul futuro  più chiare. È ovvio che in un contesto come questo è comprensibile la  preoccupazione dei lavoratori ma vorrei che fosse comprensibile che la  preoccupazione dei lavoratori non è distante e distinta dalla  preoccupazione dell'azienda perché è evidente che nessuno lavora con una  logica che punta a chiudere le fabbriche o a essere contro i  lavoratori, non riesco a comprendere questo approccio. Se si può fare si  farà, il problema è che se non c'è la condizione questo renderà più  difficile il futuro per tutti quanti.
La sto ascoltando attentamente  perché quando lei accennava ai sindacati, noi i sindacati vogliamo  sentirli intanto dopo aver sentito anche voi, abbiamo solo sentito dei  singoli lavoratori che ci hanno approcciato direttamente ed abbiamo  letto degli articoli fatti da colleghi anche sul quotidiano la Stampa  e  sulla stampa di oggi (20 febbraio 2014, ndr) io leggevo che la  lamentela ufficiale dei sindacati, riportata dai colleghi di Asti, è che  ci sarebbe una dilazione nei tempi da parte dell'azienda tale per cui  addirittura penserebbero di fare una manifestazione qui a Vicenza.  Questo è un po' in contrasto con il discorso che lei faceva di un tavolo  già concordato con i sindacati 
Io non so la sua fonte quanto male informata sia 
Ho letto i giornali
Le  date sono certe, c'è una data prevista che è il 10 marzo in cui è  previsto un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico per la  questione che riguarda la Askoll, questa data è concordata con il  ministero e con tutte quante le istituzioni 
Forse non mi sono  spiegato, ho detto che ho letto queste dichiarazioni come virgolettate e  messe in bocca a sindacalisti, quelli a cui faceva riferimento lei,  quindi il discorso è che i sindacati astigiani parrebbero pronto a fare  una manifestazione a Vicenza martedì 25 febbraio perché loro, non noi,  noi siamo un giornale che registra i fatti, direbbero che c'è una  qualche dilazione nelle decisioni. In particolare ci hanno contattato  iscritti ai sindacati confederali quindi non ai sindacati di base tanto  per essere chiari. Vorrei un po' capire meglio
Le ripeto quanto le ho  detto. Le date non sono mai state cambiate, questa data è stata  definita ancora nel mese di dicembre. Quindi qualunque considerazione  che viene fatta in questo momento è, dal mio punto di vista personale,  un alzare il tono di una questione anzitempo rispetto al momento in cui è  previsto che ci sediamo e ci diciamo quale è la situazione. Ora capisco  che uno voglia forzare il tempo e torno a dire io nella massima  disponibilità ...
Scusi se la interrompo, lei faceva riferimento  all'inizio ad un rapporto lineare con il sindacato, io poi le riferivo  di queste dichiarazioni sindacali che parrebbero dire il contrario  sostanzialmente 
Il sindacato può dire tutto quello che vuole
Ci  tenevo a precisare perché, a parte alcuni dipendenti con i quali abbiamo  parlato direttamente per avere sensazioni dal "campo", noi oggi  vogliamo "mettere alla pari" azienda e sindacato nel riferire delle  eventuali loro varie visuali
Dottor Coviello scusi, quello che posso  dire è che l'azienda sta seguendo le date e le indicazioni che sono  state concordate con tutti gli interlocutori compreso il sindacato. Ora  se qualcuno dei sindacalisti ritiene diversamente evidentemente sta  facendo, mi consenta di parlarle fuori dalla pura ufficialità, un lavoro  di comunicazione che ha delle finalità che sono diverse da quelle di  sedersi ad un tavolo per affrontare dei problemi seri e cercare la  soluzione più intelligente possibile. Quindi mettiamo sul tavolo i  diversi ambiti. C'è un ambito che è «quale futuro e quali problemi?».  Bene, il futuro e i problemi sono quelli di cui ci possiamo occupare ad  un tavolo nella data prevista che è quella del 10 marzo, quando speriamo  di avere dai nostri clienti delle indicazioni più chiare che ci  consentano di mettere sul tavolo le situazioni migliori possibili e  discutere e confrontarci nel modo più onesto ed efficace per tutti  quanti. Questo è un tema. Secondo tema è se si pensa che la negoziazione  di una cosa come questa possa essere forzata dicendo all'azienda «io mi  siedo al tavolo soltanto se tu mi confermi che non chiuderai la  fabbrica», come ho letto su alcuni giornali, è chiaro che questo è un  approccio, mi lasci dire, che non è coerente con quanto abbiamo  negoziato e discusso fino ad oggi che è «guarda fino al 10 di marzo non  posso risponderti». Se vuoi forzare lo fai, ma sappi che non è che  questo mi mette nella condizione di darti una risposta diversa, al  limite posso trovarmi nella condizione di essere un po' perplesso perché  mi pare di avere delle persone di fronte che qualche volta forse non  vogliono accettare la realtà.
Chiaramente, da quello che capisco io,  ma questo è abbastanza comprensibile, essendo voi un produttore, un  fornitore di parti dipendete dal mercato globale, quindi se un  costruttore, sto semplificando, produce di meno o deve acquistare a  prezzi più bassi Askoll per quel settore lì dipende dal mercato e non  può determinare più di tanto le politiche, questo è il discorso che lei  sta facendo giusto?
Esatto.
Ha accennato anche, ma questo lo  leggevo confermato sui giornali locali tra cui La Stampa ma anche sul  blog http://askollinlotta.blogspot.it/ di chi sta manifestando, agli  investimenti che la Askoll ha fatto sull'impianto per fare in modo che  fosse più competitivo su prodotti di fascia più alta. Mi rendo conto che  non mi può anticipare la risposta perché il tutto è vincolato al 10  marzo quando avrete delle previsioni di acquisto. Ma io vorrei  ugualmente fare due ipotesi o considerazioni, faccia lei. Immagino,  intanto, che gli ordini dipendano anche da una questione di prezzi  perché non è in discussione la qualità del prodotto Askoll. Prima  considerazione: nel caso in cui, quindi, ipotizzo io, il cliente volesse  dei prezzi più bassi voi dovete capire se potete produrre o non  produrre a Castell'Alfero quella componentistica a quei prezzi. Seconda  considerazione: gli investimenti che voi avete fatto su prodotti di  fascia più alta, quindi, comunque rimarrebbero attivi anche se, magari,  immagino che il nuovo quadro avrebbe degli effetti sull'occupazione  perché una cosa è una fabbrica di prodotti di massa, altra cosa sarebbe  una fabbrica che va a produrre una componentistica di maggior qualità.  Ho capito bene? 
La risposta alla sua domanda è che ovviamente è  chiaro che le negoziazioni si fanno comprendendo tra questi argomenti  anche il prezzo e questo è più che evidente.  Lo stabilimento di  Castell'Alfero è uno stabilimento che ha una situazione critica che  Askoll ha ereditato perché questo stabilimento era già uno stabilimento  critico quando l'azienda lo ha acquistato (come ex Ceset dal gruppo  americano  EAME Emerson Appliance Motors Europe a fine 2008 così come ha  fatto con la ex PLASET di Moncalieri in provincia di Torino poi chiusa  nel 2011, ndr). Per cui l'Azienda Askoll da questo punto di vista ha  fatto una grande scommessa che è stata quella di rilanciare uno  stabilimento che era già uno stabilimento in perdita, sennò  dimentichiamo da dove arriva tutta questa storia. Era una situazione  complessa, rispetto a questa situazione complessa l'imprenditore ha  fatto una scelta coraggiosa che è stata quella di investire decine di  milioni di euro, mi pare che siamo circa a 20 milioni di euro investiti  in questo stabilimento, per rinnovare completamente la produzione,  rimettere a punto un processo produttivo con macchine nuove,  attrezzature nuove, processi nuovi, quindi con l'opportunità di andare a  vendere sul mercato dei prodotti che avevano delle caratteristiche  innovative. Tutto questo ovviamente è condizionato dalla disponibilità  del mercato a comprare questi prodotti e a metterli sulle macchine da  lavare per intenderci. È ovvio che non necessariamente il fattore prezzo  è l'unico attore perché qui la questione diventa più complessa in  quanto le decisioni di innovare i prodotti da parte dei nostri clienti  non sono soltanto legate al prezzo di acquisto di una componente ma  dalla volontà di rinnovare la propria gamma di prodotti. Quindi la  complessità del processo produttivo che è a valle per quanto ci riguarda  e che è, quindi, quello dei produttori delle varie Electrolux,  Whirlpool e via dicendo, è quello che condiziona la capacità di  introdurre dei prodotti nuovi con caratteristiche migliori nelle loro  gamme di prodotti. Questo è un fatto che noi siamo in grado di valutare  soltanto a posteriori. Non posso dirle prima io quello che succederà, la  nostra speranza è che il prodotto che abbiamo presentato sia così  interessante, così avvincente da tutti i punti di vista, compreso quello  del prezzo, che questi clienti decidano di cambiare e di usare questi  prodotti al posto di altri.
Quello che mi sta dicendo è che Askoll  anche nella sua filosofia aziendale propone anche dei componenti che  possono portare a modificare il prodotto, Askoll non opera soltanto su  specifiche del cliente propone anche delle parti
Noi lavoriamo sulle  specifiche del cliente ma l'obbiettivo dell'azienda è quello di essere  in grado di proporre delle cose nuove sennò l'unica competizione diventa  il prezzo e allora sì che diventiamo tutti cinesi e anche meno che  cinesi perché questa è la realtà. Ma del prodotto che ha del contenuto  di innovazione se ne parla su tutti i giornali, poi quando si fa  l'innovazione vera diventa un problema ... Allora noi siamo un'azienda  che innova e quando uno va ad innovare è chiaro che ha più rischi perché  è molto più facile dire «costa meno, riduco il prezzo e continuiamo a  fare la vecchia roba di prima». Questa era la filosofia della Emerson  quando noi abbiamo comprato l'azienda. Qui si è fatto un investimento  grande, si è riqualificata un'azienda, si è fatto uno sforzo enorme per  andarsi a proporre al mercato con delle novità, ma questo è capitato nel  momento della più grande crisi dell'ultimo secolo. È ovvio che il  nostro destino di azienda, non soltanto dello stabilimento, è soggetto a  questa pressione dell'esterno. Non possiamo far finta che non ci sia  questo problema. Esiste e siccome lo sappiamo tutti è ovvio che dobbiamo  metterci ad un tavolo e, quando abbiamo più informazioni, vedere in che  modo possiamo affrontare le situazioni sperando che le soluzioni ci  siano, che siano possibili e che siano soddisfacenti per tutti. Ma senza  l'azienda non c'è posto di lavoro, senza le vendite non c'è posto di  lavoro e, mi consenta di dirlo, non è una questione che tocca soltanto  il lavoratore nel senso dell'operaio, ma l'azienda. Non è una questione  di approccio anti operaio, banalmente qui siamo nelle cose più terra  terra. Se non faccio i prodotti e non li riesco a vendere è chiaro che  il problema che abbiamo è un problema che non è legato all'antagonismo  azienda-lavoratore, la questione è un po' più complicata.
Penso di  capire le sue considerazioni: qui gli sforzi vanno fatti da entrambe le  parti anche perché se l'azienda ha investito milioni di euro non lo ha  fatto per perderli
Una cosa che ho detto anche a La Stampa. Mi ha  telefonato l'altro giorno la sua collega de la Stampa e le ho detto che  «io penso che tutte le cose che si dicono possono essere oggetto di  verifica, controllo. Però vorrei dire che se uno vuole chiudere una  fabbrica non ci investe 20 milioni di euro perché è soltanto un cretino  che può fare una roba del genere». Allora usciamo da questo modo di  vedere il mondo un po' surreale, l'impresa ha fatto uno sforzo enorme  per far sì che quest'affare qui funzionasse non perché deve salvare  Castell'Alfero ma perché questo va a vantaggio di tutto il gruppo,  perché questo è quello che l'azienda ha fatto. È ovvio che oggi che il  mercato sta in questa condizione. Vorrei ricordare che ci sono cinque  dossier molto pesanti per un totale di 12.000 posti di lavoro aperti al  Ministero dello Sviluppo Economico in questo momento e che riguardano  non le aziende della componentistica ma le aziende che producono gli  elettrodomestici. La conseguenza di questo è che sono tutte le aziende  della componentistica che dipendono da questo mercato, noi siamo una di  quelle, è evidente che in questo contesto quindi le decisioni, le  valutazioni, le opportunità che ci saranno nel corso di queste settimane  saranno tutte quante guardate con grande attenzione in primis  dall'azienda e speriamo che ci siano condizioni per poter aprire un  tavolo di lavoro che sia un tavolo che dà delle speranze, questo è il  punto. 
Quando si parla di possibile delocalizzazione di una parte di  lavoro di Castell'Alfero in Slovacchia lì torna in ballo la questione  prezzi a questo punto perché l'innovazione il know-how è proprietà  dell'azienda
Non è questione di delocalizzazione, il punto è che noi  abbiamo fatto un lavoro di razionalizzazione perché si sono concentrate  le competenze che sviluppano alcuni motori all'interno delle fabbriche  dove c'era la maggioranza dei volumi di quelle caratteristiche in modo  da rendere più efficienti i sistemi produttivi. Quindi non è che andando  a produrre in Slovacchia si sono ottenute delle condizioni diverse, è  che facciamo in Slovacchia tutto quel tipo di motore che viene fatto e  quindi tutta la produzione di quel genere è concentrata in un unico  stabilimento così come la produzione dei motori nuovi è tutta  concentrata nello stabilimento di Castell'Alfero. Scusi di nuovo, abbia  pazienza, ma se uno prende i soldi e li mette a Castell'Alfero per fare  il motore nuovo perché non li mette subito in Slovacchia? Non era  meglio?
Non mi veda come l'altra parte ...
La questione è che ho  letto in questi giorni delle tali e tante riflessioni che sembrano  campate in aria senza fare un minimo di riflessione su cos'è che  veramente sta dietro le scelte dell'azienda ... Allora o dentro  l'azienda sono tutti dei deficienti o evidentemente chi parla non  riflette abbastanza.
Ci possono essere situazioni analoghe a quella che state gestendo a Castell'Alfero in altri stabilimenti del gruppo?
Sì,  certamente, ma non necessariamente solo in Italia. È evidente che la  crisi dell'elettrodomestico non è una crisi che riguarda uno  stabilimento, riguarda il settore. È ovvio che questo settore dovunque  lo guardiamo è un settore che può avere delle implicazioni. Al momento  l'azienda sta continuando a difendere le proprie posizioni in tutto il  mondo e sta cercando di farlo al meglio.
La domanda era molto  generale, non voleva certo entrare nel merito di singole situazioni  perché non penso che il mercato sia facile per nessuno in questo momento
Questo  è un gruppo globale, noi siamo un'azienda che sta in tutto il mondo, i  nostri clienti sono in tutto il mondo. Quindi mi consenta di dire che  abbiamo una visione di quello che succede abbastanza completa. Questo da  un lato ci consente di organizzare meglio le nostre risposte al mercato  per cercare di mantenere le posizioni che abbiamo nel mercato e  dall'altra di attenuare le difficoltà in tutti i modi possibili e  immaginabili.
Anche gli altri settori in cui operate, gli  acquari o altri settori hanno difficoltà di questo tipo o sono realtà diverse?
Altri mercati, altre problematiche, altri tipi di difficoltà.
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