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Maltauro in Procura conferma il sistema della cupola, Mantovani perde appalti

Di Redazione VicenzaPiù Mercoledi 14 Maggio 2014 alle 22:39 | 0 commenti

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Di Giovanni Salvatori da VeneziePost
Ha scelto di collaborare con i magistrati, Enrico Maltauro. Ha scelto di non nascondersi e di confermare i fatti, a differenza di altri indagati come lui, nell'inchiesta della Procura di Milano sull'Expo 2015. «Ma non facevo parte della cupola – avrebbe detto l'ex presidente e ad del gruppo vicentino di costruzioni – ho dovuto pagare per poter lavorare». Nella mattinata di oggi ha incontrato uno dei pm milanesi che coordinano le indagini, Claudio Gittardi, ed ha offerto la sua «massima  disponibilità nel chiarire tutto», come ha riferito uno dei suoi legali, l'avvocato Giovanni Maria Dedola.


Una richiesta, quella dei legali di Maltauro (oltre a Dedola a difenderlo c'è Paolo Grasso), avanzata già lunedì nel corso dell'interrogatorio di garanzia davanti al gip, quando l'imprenditore ha confermato i fatti con quella formula, «nella loro materialità», che preludeva alla volontà di darne l'interpretazione corretta, secondo lui che ne era stato protagonista. Una disponibilità che è stata raccolta dai magistrati, tornati ad interrogarlo oggi, come hanno fatto per Sergio Cattozzo, l'ex dirigente dell'Udc ligure, di origini venete, che come Maltauro lunedì aveva fatto importanti ammissioni sul meccanismo che regolava - stando a quelle che per ora sono ancora solo le accuse formulate dalla Procura – l'assegnazione degli appalti per i lavori dell'esposizione universale milanese. 

Maltauro ha in sostanza ammesso di avere versato soldi, più di 400 mila euro (i post it trovati vicino a Cattozzo al momento dell'arresto parlano però di 590mila in tutto tra il 2013 e il 2014), per appalti che sarebbero dunque stati orientati in suo favore dalla cosiddetta ''cupola'': Primo Greganti, Gianstefano Frigerio e Luigi Grillo, secondo i pm i ''garanti'' verso poi Angelo Paris, ex dg dell'Expo. Quello che non ha ammesso, che non è disposto o almeno così pare ad ammettere, è di fare parte volontariamente ed in maniera complice di quella cupola. Si è trovato dinanzi, avrebbe spiegato ai magistrati, ad una serie di centri di potere dai quali in sostanza era obbligatorio passare per poter lavorare. Ed è solo in funzione di questo che ha pagato. Un replay, almeno in parte, delle vicende di vent'anni fa, quando pure l'imprenditore vicentino, coinvolto anche in quella stagione, collaborò da subito con la procura. 

Sergio Cattozzo, dal canto suo, oggi «ha chiarito dando giustificazioni congruenti e fornendo le indicazioni che gli sono state richieste». Così ha spiegato il suo difensore, l'avvocato Rodolfo Senes, che con il collega Michele Ciravegna ha confermato che il suo assistito ha dunque «risposto alle domande dei pm», anche sulle famose cifre indicate sui post it che gli erano stati trovati praticamente addosso al momento dell'arresto. Ma altre sono le circostanze da chiarire, e almeno per Cattozzo si profila un secondo interrogatorio davanti ai pubblici ministeri, nei prossimi giorni.

Nel frattempo, cresce l'inquietudine tra i sindacati, dopo le parole dell'ad dell'Expo, Giuseppe Sala, che ieri ha confermato come per gli appalti già assegnati alla Maltauro «si deciderà nei prossimi giorni, perché ci sono passaggi amministrativi delicati». Le tre sigle sindacali hanno chiesto un incontro con i vertici dell'azienda per avere rassicurazioni, ad oggi però non è arrivata ancora alcuna convocazione. «Da quello che sappiamo, i pur pochi dipendenti diretti che sono impiegati nei cantieri delle Architetture di servizio nell'Expo stanno lavorando regolarmente -  spiega la Fillea Cgil di Vicenza – il fatto che la Procura di Milano abbia dato indicazioni di voler far proseguire i lavori ci conforta. Ma aspettiamo parole chiare da parte dell'azienda». Il gruppo Maltauro, va ricordato, nei giorni scorsi aveva spiegato in una nota di essere estraneo all'inchiesta e di voler procedere con le attività, senza ripercussioni sui lavoratori.
 

   
«Traforo, Mantovani non rischia», il gruppo valuta ricorso per Trieste
DI G.S., da VeneziePost
   
«Traforo, Mantovani non rischia», il gruppo valuta ricorso per Trieste
DI G.S.
Per molti è la caduta degli dei. I re dell'imprenditoria edile veneta degli anni ruggenti alla sbarra, o indagati, ed un effetto domino sull'intero sistema che ora comincia a toccare anche i lavori dati in rampa di lancio fino a poche settimane, se non giorni, orsono. L'ultimo caso è quello della Mantovani, che dopo essersi vista ''scavalcare'' per la piattaforma logistica del Porto di Trieste, adesso sarebbe a rischio anche per il già pericolante Traforo delle Torricelle di Verona. Un rischio smentito, seccamente, dal Comune scaligero, che deve far fronte anche agli attacchi dell'opposizione, al contrario convinta che l'opera da 800 milioni su cui il sindaco Tosi ha puntato molto fin dal suo primo mandato, sia in realtà prossima all'atto finale. 

«La vicenda di Trieste non ha niente a che vedere con il Passante delle Torricelle – cerca di rassicurare l'assessore alla Mobilità di Verona, Enrico Corsi - il certificato dell’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato, che gli uffici comunali hanno richiesto a febbraio di quest'anno per la Mantovani nell’ambito delle procedure di controllo, è negativo». Secondo il Comune, dunque, il no dell'autorità portuale di Trieste alla Mantovani, cui è stato preferito il raggruppamento di imprese che fa capo a Icop spa (Mantovani era aggiudicataria provvisoria), non ha niente a che vedere con la situazione veronese, anche se Corsi conferma che l'esclusione triestina dipende anche dalla condanna per frode fiscale a carico dell'ex presidente e ad Piergiorgio Baita, arrivata a dicembre dell'anno scorso. A preoccupare, però, resta il fatto che la Icop a Trieste si è aggiudicata l'opera anche per il suo ricorso amministrativo tendente a dimostrare che la Mantovani non avesse i requisiti adatti a sostenerla. 

Tesi che l'opposizione Democrat a Verona fa sua anche in relazione al Passante: «L'esclusione della Mantovani dalle grandi opere del Nord Est è un altro colpo mortale per una cordata (quella delle Torricelle appunto, ndr) che non è mai stata credibile, sempre in bilico tra guai giudiziari, problemi finanziari e difetti di onorabilità. Solo per convenienza politico-elettorale il sindaco Tosi continua a tenere in vita un'opera moribonda, il cui destino è già segnato», dicono i consiglieri pd Bertucco e Vallani. 

Fonti vicine alla Mantovani, tuttavia, fanno capire che la società si sta organizzando per controricorrere sulla vicenda della Piattaforma del porto di Trieste. L'impresa non ha alcuna intenzione di abbandonare una delle partite più importanti aperte nel Triveneto senza colpo ferire, e sul tavolo dei dirigenti ci sono già le documentazioni per riproporre le motivazioni che avevano fatto scegliere all'autorità portuale in un primo tempo proprio il gruppo con sede legale a Venezia. Anche perché sono già diverse le opere ferme per cause di forza maggiore, ovvero i famosi project financing che, causa crisi o difficoltà delle amministrazioni pubbliche (Verona con il Passante delle Torricelle ne è un esempio), senza dimenticare le consuete lungaggini burocratiche, sono in attesa di partire con i cantieri da diverso tempo. Mantovani, dopo la bufera giudiziaria dell'anno scorso, da cui il gruppo peraltro si è dichiarato estraneo, ha rivoltato dall'interno il mangement e vuole riproporre la sua immagine di rinnovata credibilità a tutti i costi. E perdere opere importanti per le ombre del passato non gioverebbe certo allo scopo.
Per molti è la caduta degli dei. I re dell'imprenditoria edile veneta degli anni ruggenti alla sbarra, o indagati, ed un effetto domino sull'intero sistema che ora comincia a toccare anche i lavori dati in rampa di lancio fino a poche settimane, se non giorni, orsono. L'ultimo caso è quello della Mantovani, che dopo essersi vista ''scavalcare'' per la piattaforma logistica del Porto di Trieste, adesso sarebbe a rischio anche per il già pericolante Traforo delle Torricelle di Verona. Un rischio smentito, seccamente, dal Comune scaligero, che deve far fronte anche agli attacchi dell'opposizione, al contrario convinta che l'opera da 800 milioni su cui il sindaco Tosi ha puntato molto fin dal suo primo mandato, sia in realtà prossima all'atto finale. 

«La vicenda di Trieste non ha niente a che vedere con il Passante delle Torricelle – cerca di rassicurare l'assessore alla Mobilità di Verona, Enrico Corsi - il certificato dell’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato, che gli uffici comunali hanno richiesto a febbraio di quest'anno per la Mantovani nell’ambito delle procedure di controllo, è negativo». Secondo il Comune, dunque, il no dell'autorità portuale di Trieste alla Mantovani, cui è stato preferito il raggruppamento di imprese che fa capo a Icop spa (Mantovani era aggiudicataria provvisoria), non ha niente a che vedere con la situazione veronese, anche se Corsi conferma che l'esclusione triestina dipende anche dalla condanna per frode fiscale a carico dell'ex presidente e ad Piergiorgio Baita, arrivata a dicembre dell'anno scorso. A preoccupare, però, resta il fatto che la Icop a Trieste si è aggiudicata l'opera anche per il suo ricorso amministrativo tendente a dimostrare che la Mantovani non avesse i requisiti adatti a sostenerla. 

Tesi che l'opposizione Democrat a Verona fa sua anche in relazione al Passante: «L'esclusione della Mantovani dalle grandi opere del Nord Est è un altro colpo mortale per una cordata (quella delle Torricelle appunto, ndr) che non è mai stata credibile, sempre in bilico tra guai giudiziari, problemi finanziari e difetti di onorabilità. Solo per convenienza politico-elettorale il sindaco Tosi continua a tenere in vita un'opera moribonda, il cui destino è già segnato», dicono i consiglieri pd Bertucco e Vallani. 

Fonti vicine alla Mantovani, tuttavia, fanno capire che la società si sta organizzando per controricorrere sulla vicenda della Piattaforma del porto di Trieste. L'impresa non ha alcuna intenzione di abbandonare una delle partite più importanti aperte nel Triveneto senza colpo ferire, e sul tavolo dei dirigenti ci sono già le documentazioni per riproporre le motivazioni che avevano fatto scegliere all'autorità portuale in un primo tempo proprio il gruppo con sede legale a Venezia. Anche perché sono già diverse le opere ferme per cause di forza maggiore, ovvero i famosi project financing che, causa crisi o difficoltà delle amministrazioni pubbliche (Verona con il Passante delle Torricelle ne è un esempio), senza dimenticare le consuete lungaggini burocratiche, sono in attesa di partire con i cantieri da diverso tempo. Mantovani, dopo la bufera giudiziaria dell'anno scorso, da cui il gruppo peraltro si è dichiarato estraneo, ha rivoltato dall'interno il mangement e vuole riproporre la sua immagine di rinnovata credibilità a tutti i costi. E perdere opere importanti per le ombre del passato non gioverebbe certo allo scopo.

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