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La telefonata di Antonio Esposito sentenzia che l'Italia è la tragica regina del ridicolo

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Martedi 6 Agosto 2013 alle 23:58 | 0 commenti

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Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Cassazione che ha appena condannato definitivamente per frode fiscale Silvio Berlusconi con tutte le tragicomiche pantomime a cui stiamo assistendo, ha parlato al telefono, con un giornalista de Il Mattino di Napoli. Lui, il magistrato, smentisce, ma il direttore del quotidiano del gruppo Caltagirone, forte della registrazione audio, conferma non solo l'intervista, per altro fatta con toni così amichevoli col collega cronista da esprimersi in dialetto, ma anche il contenuto che riguarda le motivazioni che hanno portato alla sentenza.

Se l'intervista, come ha detto il prof. Ellero, non tocca la sostanza del verdetto, l'incidente apre non una porta ma un'autostrada a chi da subito l'ha, infatti, imboccata per ripostulare il teorema della persecuzione giudiziaria contro il padre padrone del Pdl Forza Italia che dir si voglia, che ha proclamato in lacrime la sua innocenza per convincerne anche i suoi fan con la stessa determinazione con cui provò a convincere i dirigenti della questura di Milano che Ruby era la nipote di Mubarak.

Se l'Italia non fosse il paese delle stragi senza autore (da quella di Piazza Fontana a quella di Ustica), delle deviazioni dei servizi segreti (col caso kazako ultimo ma non l'ultimo a toglierci dignità internazionale) e degli stravolgimenti dei poteri (col presidente Napolitano che da tempo nel silenzio quasi generale e complice ha dimenticato i limiti ristretti che gli impone la Costituzione), verrebbe da pensare che Antonio Esposito (cognome che a Napoli identifica con la sua derivazione da "esposto"  una lontana origine da trovatello) abbia commesso solo un'imprudenza, anche se enorme.

Ma proprio l'enormità dell'imprudenza, che inizia dal solo fatto di aver concesso proprio ora un'intervista, porta noi umani cronisti sospettosi a due ipotesi.

La prima è che non sia arrivato a quei livelli della magistratura l'uomo giusto, esperto e capace che ci si aspetterebbe al vertice di una corte di Cassazione. Questa ipotesi confermerebbe non solo l'assoluta incapacità italica di premiare i migliori ma darebbe e dà anche spago alle critiche verso una magistratura, che vede uccidere i suoi esponenti migliori dalle mafie ma suicida se stessa con i suoi troppo ricorrenti errori, anche di protagonismo, casuali e non.

L'altra ipotesi, che si collega, e non lo vorremmo, al "non" della frase precedente, è più inquietante, ma non più delle morti irrisolte di Piazza Fontana e di Ustica, perché fa temere, anche se solo per doveroso esercizio di scuola, che l'esternazione di Antonio Esposito, che non vogliamo supporre come un trovatello della magistratura, non sia avvenuta per caso. Cosa di meglio ci poteva essere della chiacchierata in napoletano, subito rivelata dall'amico giornalista, per offrire ai protettori trasversali e ai seguaci di Berlusconi, dal basso delle urne all'alto del Colle, il destro e le giustificazioni per cercare una soluzione che ridia "l'agibilità politica" al pluri indagato, pluri processato, pluri prescritto e ora condannato Silvio Berlusconi?

Fantasie? 

In un paese come il nostro in cui solo i morti ammazzati sono certi ma, quasi, mai i loro assassini con i loro mandanti, mafie o logge che siano, la telefonata del magistrato di Cassazione Antonio Esposito, in ogni caso, sentenzia un'altra certezza: l'Italia è la tragica regina del ridicolo, da affidare ai servizi sociali

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