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Il Cristo di Lepanto è l'immagine più venerata a Barcellona, nel giorno dell'anniversario della battaglia di Lepanto ce lo ricorda Ciambetti come monito per il presente

Di Roberto Ciambetti Sabato 7 Ottobre 2017 alle 11:56 | 0 commenti

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Si dice che l'immagine più venerata a Barcellona sia il Cristo di Lepanto nella Cattedrale di Sant'Eulalia. E' un crocefisso ligneo trecentesco issato nella galera di don Juan d'Austria l'ammiraglio della Lega Santa nella battaglia di Lepanto il 7 ottobre del 1571.  Fin dai primi mesi di quell'anno l'intero continente era scosso da una profonda paura: nulla sembrava poter arrestare l'avanzata degli Ottomani. Ovunque s'era diffuso un clima di tensione dal sentore quasi millenaristico, con la coscienza dell'approssimarsi di uno scontro storico, di una svolta epocale.

La paura aveva costretto l'Europa ad abbandonare le sue divisioni: a tutti era chiaro che "Inimicus crucis, inimicus Europae".
Tutti pensavano che lo scontro con la flotta di Uluj-Al sarebbe stato decisivo: in caso di vittoria ottomana, Istanbul avrebbe avuto il dominio dei mari e la strada aperta per il cuore dell'Europa. Si narra che all'inizio della battaglia tutti i combattenti s'inginocchiarono per pregare la Madonna: sull'albero della nave ammiraglia Real lo stendardo benedetto dal Papa Pio V con il Cristo tra gli apostoli Pietro e Paolo sormontato dal motto costantiniano "In Hoc Signo Vinces" e sotto questo l'immagine dalla Madonna con al scritta "S. Maria succurre miseris".
La notizia della vittoria, per molti aspetti insperata, destò emozione e gioia ovunque: fu una autentica liberazione da un incubo e non desta sorpresa se ancor oggi nell'immaginario collettivo quella battaglia rappresentò l'inizio della riscossa europea. Fortuna e coraggio nonché una superiorità tecnologica in fatto di armamenti, con le galeazze veneziane di concezione audace a spiccare nella flotta cristiana, furono le chiavi dello scontro. Non dobbiamo tuttavia porre in secondo piano quel sentimento comune che univa la Lega Santa, quella forza interiore che animava i combattenti, quello spirito ideale che all'epoca fece pensare immediatamente al soprannaturale come ben si coglie nella dichiarazione del pur laicissimo Senato veneto: "Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit", "non il valore, non le armi, non i condottieri ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori"
Nella sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale il grande dipinto di Andrea Michieli della Battaglia di Lepanto, campeggia e ancor oggi desta meraviglia per la sua spettacolarità. Allo stesso pittore si devono verso la fine del ‘500 numerose riproduzioni, dal duomo di Treviso all'isola di Lesina, della Madonna del Rosario che riproduce l'immagine dell'Apocalisse: "apparve nel cielo un grande segno: una donna vestita di sole, e la luna sotto i suoi piedi e incoronata da dodici stelle". Ad Andrea Palladio dobbiamo a Vicenza l'arco di trionfo della Loggia del Capitaniato in cui campeggiano le statue della virtù, la fede, la pietà e l'onore che ottengono la vittoria e la pace: se Venezia e l'Europa riuscirono ad imporsi fu grazie a questi valori. Il significato escatologico attribuito allo scontro navale trova una perfetta sintesi dell'allegoria della battaglia del Veronese oggi alle Galleria dell'Accademia: "Soltanto le preghiere rivolte ai santi e alla Vergine e la loro intercessione, assieme naturalmente alla fede, alla purezza degli intenti e all'esemplarità delle opere e dei comportamenti, possono attrarre il favore di Dio, che dà senso e si appropria della violenza dei cristiani, ne determina il trionfo e lo inserisce in una prospettiva fortemente provvidenzialistica" scrisse il Civale a proposito di quest'opera.
Le lezioni che giungono da Lepanto non sono poche e non poche sono le riflessioni ma su tutte oggi s'impone una domanda: il Cristo di Lepanto a Barcellona ha visto molte cose sotto i suoi occhi, quanti eserciti e scontri dovrà vedere ancora?

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