L'emigrazione
Sabato 6 Luglio 2013 alle 11:03 | 0 commenti
Di Youssef Cherif, Tunisia, per la rubrica autogestita "StranIeri, italiani oggi" da VicenzaPiù n. 257 in distribuzione e sfogliabili comodamente dagli abbonati online  Â
Questa volta voglio parlare di questo fenomeno a partire dalla mia esperienza personale. Io sono partito dalla Tunisia all'età di 28 anni e da sette vivo in Italia. Come me, molte altre persone devono affrontare la stessa trafila per vari e diversi motivi. A parere mio, la prima ragione è la ricerca di migliori prospettive di vita.
La gente emigra e scappa da paesi in cui ci sono tanti problemi. Per esempio: fame, siccità , povertà , guerra, regimi dittatoriali, mancanza di lavoro o altro.
Sono più gli uomini che le donne ma i problemi riguardano molte persone, senza distinzione.
Posso garantire che non è semplice. Bisogna fare una scelta dura e radicale.
Si devono abbandonare famiglia, amici. Si interrompono legami affettivi, di amicizia o di amore, nella speranza che possa trattarsi di un periodo e poi poter tornare o, almeno, mantenere i contatti. Ma non sempre risulta possibile. Chi accetta di "imbarcarsi", nei due sensi del termine, passa un periodo molto duro, che solo chi prova può capire. Vado o resto?
Una volta approdato in Europa, il primo impatto è la lingua. E' difficile non capire nulla, spiegarsi a gesti, sbagliare. E sai che un errore può costare caro, soprattutto a livello burocratico. Un documento mancante o non conforme rischia di far saltare tutto, di farti tornare clandestino o di impedirti di trovare lavoro. Mi ricordo perfettamente quante volte anch'io ho pensato di rifare le valigie e tornare al mio paese. Poi, ogni volta, mi facevo coraggio e decidevo di continuare.
Altra difficoltà è la mentalità diversa con cui devi convivere. Non sempre la popolazione è accogliente, anzi, spesso, senza parlare ti fa sentire diverso.
Non servono parole, lo sguardo di qualcuno la dice lunga. Se cerchi di parlare, è facile che la persona si allontani, ti guardi con sospetto o non ti risponda proprio. Non è diverso negli uffici pubblici. Per cui è normale che, almeno nei primi tempi, noi stranieri prendiamo l'abitudine di ritrovarci tra di noi e di aiutarci l'uno con l'altro. Chi ha più esperienza, dà consigli ed indicazioni ai nuovi arrivati.
Per quanto mi riguarda mi considero fortunato rispetto ad altri i quali sono costretti a fare dei lavori più o meno legali per poter mettere in bocca un pezzo di pane.
Quello che stiamo attraversando è un periodo veramente difficile, sia per gli italiani che per gli stranieri a causa di una crisi economica molto forte. Si sa che, in questi casi, i primi a rimetterci sono gli immigrati.
Non è da dimenticare il problema che sorge agli stranieri che vivono in Europa da molto tempo e che sono riusciti a formarsi una famiglia. Se la persona straniera si sposa con uno o una del posto nascono i problemi di religione, sul tipo di educazione da dare ai figli, i rapporti con la parentela. Se invece si sposano due che provengono dallo stesso paese, i problemi si verificano molto dopo, quando i figli, nati e cresciuti con una mentalità europea, non vogliono più seguire gli insegnamenti dei loro genitori. Sono conflitti molto seri che, spesso arrivano ad azioni di sangue, anche mortali.
Il problema è anche politico, non solo perché certi partiti sono contro gli immigrati considerati sporchi, violenti, ladri e terroristi. Gli stranieri sono visti come persone che portano via posti di lavoro agli europei. Si tratta però di lavori che gli occidentali non vogliono fare. Un esempio fra tanti sono le badanti.
Manca una seria politica d'integrazione. Mi soffermo sul mancato riconoscimento della nazionalità ai bambini nati in Europa da genitori stranieri. Sono figli di nessuno. Magari non hanno mai messo piede nel paese dei loro genitori. A 18 anni sono costretti a diventare clandestini, con tutti i rischi che ne derivano.
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