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Latinitas viva: La Voce del Sileno anno 3

Di Italo Francesco Baldo Domenica 16 Dicembre 2018 alle 15:52 | 0 commenti

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"Voi e il vostro stramaledetto latino...andate all'inferno" (Peppone a don Camillo) Un certo interesse verso la lingua latina il suo valore culturale inizia nuovamente a interessare gli studiosi italiani e ricordiamo il testo di Nicola Gardini "Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile", edito da Garzanti circa due anni fa. Nei social vicentini Adriano Porelli e diversi altri avvertono che sarebbe quanto mai importante la ripresa dello studio del latino fin dalla scuola media, dove fu definitivamente abolito con i Programmi del 1979, lasciando solo l'accenno della derivazione dell'italiano dall'antica parlata. 

Poco si ricorda che la cultura italiana, la scuola italiana sono stati per secoli la culla della lingua latina, facendola vivere in ogni tempo, studiandola, apprezzandola e diffondendola in ogni dove. In ogni città esisteva una scuola di latino, a Vicenza gli studi classici rimandano al grammatico Quinto Remmio Palemone (Vicenza, 5 circa - Roma 65), un ex schiavo che raggiunse buona fama, a Roma, come ci narra Svetonio. Fu il vicentino che introdusse, primo fra tutti, lo studio e il commento delle opere di Virgilio, nelle scuole, tradizione che, seppur a stento, continua anche oggi.
Fu, infatti, con la Rivoluzione francese e la nascita del nuovo concetto di nazione, prima indicava principalmente solo un'appartenenza linguistica, che l'uso del latino nelle università, nelle accademie si riduce, al suo posto la cultura si esprime nella lingua nazionale, ma mai dimentica il latino, che è considerato sempre e in ogni caso base della formazione e soprattutto della formazione intellettuale. La filologia tedesca in particolare analizzerà le lingue antiche con nuove prospettive e se talora queste saranno giudicate un po' pedanti, sia dal vicentino Giacomo Zanella (cfr. Per certi filologi tedeschi) sia da Friederich Nietzsche, esse costituiranno un ambito di studio importantissimo che prosegue, almeno in certi settori anche oggi, ma fino a pochi anni fa anche docenti dei Licei.
Il mondo scientifico si allontanava dall'uso del latino, preferendogli la lingua nazionale o il francese ed oggi l'inglese, tanto che esso sembra occupare solo l'interesse dei filologi, dei letterati, dei filosofi, oggi considerati come ideologi, tanto che, diceva lo scienziato Ernst Mach nelle sue Lezioni scientifico-popolari: "chissà se un professore di latino sappia tradurre un matematico o uno scienziato che scrive in latino." Non rispondiamo alla domanda, ma diamo ragione allo scienziato.
Il latino continuava a formare i giovani nelle scuole e ad essere comunque la lingua ufficiale della Santa Sede, come lo è ancor oggi.
Nella scuola, soprattutto italiana, la formazione alla lingua latina era ritenuta basilare per lo sviluppo delle capacità logiche; infatti non si trattava solo di conoscere il mondo antico, ma di formare, come diceva sempre il poeta vicentino Giacomo Zanella "una vaso" che sarebbe stato utilizzato per analizzare i problemi e la cultura del presente. Conoscere le proprie origini e amarle è educazione alla cultura, alla bellezza e sosterrà il grande, forse unico vero riformatore della scuola italiana, Giovanni Gentile, lo spirito, l'umanità.
Con la fine del secondo conflitto mondiale il latino viene sempre più ad essere considerato da un punto di vista politico che non culturale. Per quest'ultimo aspetto, lo si relega nelle Università, ma lo si combatte nelle scuole soprattutto in quella Scuola media, preparatoria ai Licei, particolarmente quello classico che è considerato la fucina del padronato, di coloro che saranno destinati a comandare, sfruttare ecc. il proletariato. In questo discostandosi dal giudizio che sul latino dava Antonio Gramsci, il fondatore del Partito comunista d'Italia che nei suoi Quaderni dal carcere nel 1932 scriveva: "Non s'impara il latino e il greco per parlarli, per fare i camerieri, gli interpreti, i corrispondenti commerciali: s'impara per conoscere direttamente la civiltà dei due popoli, quindi il passato, ma presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per essere se stessi e conoscere se stessi, consapevolmente". Parole antiche, il latino sempre più identificato come la lingua "dei padroni" e "dei preti" andava combattuto.
Due furono le strade per combattere il latino. La prima è quella ben nota, che ha origine in Vladimir Lenin, della denigrazione politica, secondo lo schema leninista, quella che usa Peppone nei confronti di don Camillo nei romanzi di Guareschi. Il latinorum inganna il popolo che non lo sa e lo rende succube del clero e dei potenti, pertanto va abolito. Così fu fatto con la riforma della Scuola Media nel 1962.,
La seconda grande avversione alla lingua latina viene dall'ambiente cattolico ed in particolare dalla prospettiva che un presbitero enunciò ed ebbe grande successo soprattutto negli insegnanti cattolici. Si tratta della considerazione negativa del latino che don Lorenzo Milani diffuse soprattutto con lo scritto lettera ad una professoressa (Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1967)
Lo scritto, opera di allievi del presbitero (?), destinato ai genitori, era un invito ad organizzarsi contro la scuola dei padroni: la scuola con il latino non era quella della Costituzione della Repubblica Italiana e quindi il latino andava abolito, era un "lucignolo spento" (ivi, p.30).
La scuola doveva esser altro, scuola sociale, scuola che non bocciava, che sapeva trovare uno scopo per gli svogliati e a "quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno." (ivi, p.80). Si combatté la scuola e perfino i comunisti che erano "timidi in fatto di classismo" (ivi, p.90).
Il latino, roba da fascisti, da destra (ivi, p.95), tanto che "la materia più importante - il latino - è quella che non dovremo mai insegnare" (ivi, p.117) L'avversione al latino è totale, pensate che gli insegnanti pretendevano "perfino che si traduca dall'italiano in latino" (Ibidem). Con Lettera ad una professoressa si delinea una nuova scuola.
La chiesa cattolica post Concilio vaticano II risente del clima e una prospettiva teologico, quella della liberazione, invade in modo ahimè confuso perfino le sale parrocchiali, e monta l'avversione al latino. Apice di ciò è la riforma liturgica, che, in realtà, è scritta in latino, in ossequio a quanto prescrive la Costituzione Sacrosactum concilium sulla sacra Liturgia: "L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini" (n.36), concedendo "alla lingua volgare una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle monizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti". Il riferimento era al Messale romano promulgato da Giovanni XXIII nel 1962. Solo nel 1971 fu da parte del papa Paolo VI autorizzato un nuovo Messale romano ed è quello in uso, scritto in latino e ne è consentito l'uso nelle lingue locali, ma non è certo il Messale delle fantasie liturgiche oggi molto diffuse.
Nel corso di circa 60 anni il latino in Italia ha subito dura avversione che oggi più che manifestarsi nelle scuole, dove sopravvive solo nel liceo Classico e in qualche sezione di quello Scientifico, è in taluni ambienti della Chiesa Cattolica, soprattutto dopo l'uscita del Motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum del 2007 nel quale dava possibilità. seguendo in questo le decisioni di Giovanni Paolo II, di celebrare secondo il Messale romano del 1962
Il latino oggi è patrimonio culturale comunque e patrimonio anche della liturgia della Chiesa Cattolica che si definisce anche "latina" e il suo valore, di là delle mode politiche e strumentali, rimane un grande terreno nel quale fertilizzare l'intelligenza e sarebbe un gran bene che lo si studiasse, visto e considerato anche che molte parole nella lingua inglesi hanno derivazione latina.
A Vicenza e dintorni si fa qualcosa nella direzione della valorizzazione della lingua latina? A parte la manifestazione del Liceo "Antonio Pigafetta" "Classici contro" che è considerazione della cultura antica in relazione alla contemporaneità. Ricordiamo lo scledense Francesco Grotto del Liceo Classico "Giacomo Zanella che nel 2016 vinse il secondo premio nazionale nell'ambito del concorso "5° Certamen di poesia latina V. Tantucci" indetto dall'Accademia italiana di poesia. Grotto si è guadagnato un secondo posto ex aequo con la composizione "In naufragi sepulchrum".
Così, seppur non in modo eclatante la lingua latina vive e suscita ancora interesse; un interesse che dovrebbe essere ripreso in grande stile, perché le radici vanno ben curate se si vogliono avere dei bei fiori, ossia nuove ricerche e nuovi orizzonti nelle lettere, nelle scienze e nelle arti. Ed esiste addirittura una app. (Ludus) per imparare la lingua di Cicerone, ideata da Gianluca Sinibaldi e un giornale online, chiamato Ephemeris, che ha la particolarità di trattare temi di attualità nella lingua della Roma antica. C'è poi una stazione radio finlandese, la Yle Radio1, che trasmette addirittura, dal 1989, un notiziario nella lingua di Cesare...si spera che qualcosa accada anche a Vicenza.
Italo Francesco Baldo

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