Quotidiano | Categorie: Cultura

La Voce del Sileno, Tommaso Cevese: Sul rapporto tra poesia e fotografia

Di Emma Reda Domenica 18 Dicembre 2016 alle 21:15 | 0 commenti

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Ospitiamo il quunto articolo de La Voce del Sileno, rivista on line coordinata da Italo Francesco Baldo che "intende coinvolgere tutti coloro che hanno a cuore la ricerca filosofica, culturale e in modo indipendente la propongono per un aperto e sereno confronto".

Sul rapporto tra poesia e fotografia, di Tommaso Cevese 

Il mio ultimo libro Faville di poesie e fotografie offre vari temi di lettura e spunti di riflessione; gli affetti, la memoria di persone che ci hanno lasciato e hanno lasciato una traccia profonda dentro di noi; il paesaggio, il mondo animale, i mondi altri dal nostro, come quello degli ex manicomi; la tensione verso l'infinità della vita; il fluire inesorabile del contingente, il contendere dei contrari nel relativo, l'Assoluto che li trascende, l'ineludibile unicità del singolo, le radici culturali e religiose della nostra civiltà, e quindi la sua identità, frutto dei greci, dei latini, dei cristiani, degli illuministi, del pensiero liberale, identità che oggi si sta diluendo nell'informe.

Il tema dei piccoli, con la loro naturale capacità di meraviglia di fronte a quella realtà che noi diamo per scontata, ma della quale i filosofi greci invitano a meravigliarsi, perché è questa meraviglia che ci fa scoprire realtà che possono divenire oggetto di nuove riflessioni e noi diremmo - ma i filosofi greci cultori del logos non devono sentirci - anche di emozioni nuove. Una capacità di meraviglia che è propria anche del poeta, il quale, come dice Pascoli, deve farsi fanciullino per entrare nelle cose, per vedere dentro di esse, per auscultarne le risonanze profonde e sottili, presenti nella natura e col loro riverbero anche nelle persone. In fondo la meraviglia può essere una delle radici della felicità.
La poesia nasce da uno stato emotivo, di urgenza interiore, dal desiderio di esternare un'emozione, un sentimento o una riflessione che si vuole condividere; essa quindi è destinata a veicolare emozioni o a suggerire riflessioni e tende alla sublimazione di un vissuto intenso e talora troppo coinvolgente. Un cammino quindi di comunicazione e catarsi delle passioni, che nella bellezza ha il suo più alto approdo e una delle vie più elevate per superare un'immediata urgenza interiore. Catarsi e medicamento al tempo stesso la poesia, come ebbe a dire giustamente Zanzotto. Un'anima che parla a un'anima che ascolta: questa la semplice essenza del dire poetico.
Le immagini fotografiche, messe in relazione con i testi, sono quasi un'eco, una risonanza del dire poetico, una sua dilatazione ad altri campi, quello visivo in questo caso. Entrambe, poesia e immagini, sono voci che ci parlano dal profondo e si fanno ascoltare.
Fotografia significa in greco "scrivere con la luce". Ed è vero che il fotografo generalmente ricerca con attenzione l'incidenza della luce sulla superficie dell'oggetto; infatti esso può apparire in modi diversi a seconda di com'è colpito dalla luce. Ma la fotografia è in relazione anche con le dimensioni del tempo e dello spazio. Potremmo dire che essa è una vittoria sul tempo, perché blocca il fluire contingente nell'attimo e lo eternizza; è una soggettiva scelta e interpretazione degli oggetti nello spazio per il loro grado di significatività. La fotografia è dunque l'irrompere del soggetto, con il suo occhio, la sua sensibilità, la sua cultura, la sua creatività, il suo io insomma nella manifestazione dei fenomeni molteplici del mondo.
La fotografia artistica, come la poesia, implica la comunicazione di un vissuto interiore in una forma che chiamiamo estetica. Ed entrambe possono essere portatrici di un contenuto di riflessione, di una denuncia, di una provocazione, di una battaglia culturale, etica, umana, tanto che, secondo Evtusenko, "un grande fotografo è un filosofo con la macchina fotografica". La fotografia e la poesia sono anche un modo per conoscere e per conoscersi; sono una specie di "confessione agostiniana". La macchina fotografica può essere anche "un nuovo modo di frugare nell'intimità... quasi un fatto di coscienza", afferma Piovene. Ma noi non esitiamo a estendere questa affermazione alla poesia: uno sguardo gettato a catturare e a raccontare l'attimo nel regno del quotidiano e della sua intimità.
Picasso dice che ogni fotografo è un pittore mancato. Non sono d'accordo. La fotografia ha una sua autonomia che può anche avvicinarla, in certi casi, alla pittura, ma non per questo dobbiamo considerarla una "sorella povera" della pittura.
Come la pittura, la fotografia deve tener ben presenti i pesi e i contrappesi, di forme e di colori, distribuiti nell'ambito dello spazio fotografato. Ogni fotografia, come del resto ogni opera d'arte, è un tutto, una struttura, che si configura come il risultato dell'insieme delle singole parti. Ma la percezione che noi abbiamo di quest'opera è globale. Le eventuali tensioni tra le parti devono ricomporsi in un equilibrio finale, le dissonanze in una consonanza; a meno che non si voglia appositamente manifestare uno squilibrio e una sproporzione per determinate ragioni. L'arte, la fotografia, libere da necessità esterne, da finalità eteronome, hanno lo scopo di creare o ricreare una struttura gerarchicamente equilibrata. Come afferma Arnheim, "quando guardiamo un'immagine ci troviamo di fronte al risultato globale di tutti gli effetti esercitati da tutte le sue componenti l'una sull'altra".
E forse questo non vale anche per la poesia?


Coordinatore de "La voce del Sileno" Italo Francesco Baldo
Si chiede a tutti coloro che ricevono questo articolo di diffonderlo ad amici e conoscenti.
I contributi vanno inviati al coordinatore all'indirizzo di posta elettronica: [email protected]


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