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La sfida giornalistica di VicenzaPiù: non criminalizzare le minoranze con le parole

Di Alessandro Pagano Dritto Domenica 18 Agosto 2013 alle 00:56 | 0 commenti

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L’ultimo comunicato che VicenzaPiù ha ricevuto da Davide Casadio, presidente della Federazione Rom e Sinti Insieme, permette di avanzare alcune riflessioni generali che i precedenti articoli avevano lasciato inconsiderate. Esiste una questione interna al rapporto tra una qualsiasi maggioranza e una qualsiasi minoranza: la questione dell’immagine. Che può sembrare banale, ma che in realtà è vitale, perché l’immagine è tutto.

Qualsiasi giornale ha il compito di fornire al suo lettore un'immagine del mondo: una selezione di fatti, che costituiscono le notizie, e una connotazione degli stessi. Il lettore, che legge e spesso compra quel giornale perché nutre fiducia nei confronti di quello che vi trova scritto, vedrà il mondo con gli occhi del giornale. 

È una grossa responsabilità, la maggiore responsabilità di ogni mezzo di comunicazione, ed è per questo che sarebbe auspicabile che buona parte del giornalismo – non solo veneto, ma italiano - si rinnovasse da questo punto di vista, e lo facesse in due modi: ponendo attenzione a come utilizza la cronaca e al rispetto dell’individuo tanto quanto delle comunità nel lessico utilizzato.

Magari sarebbe utile, ora che i commenti virtuali lo rendono possibile, che i lettori stessi lo spingessero a cambiare.

Innanzi tutto la connotazione dei fatti, ovvero le parole.

Un giornalista che scriva o peggio titoli, poniamo il caso: «rom ruba» o «arrestato africano», non sta forse svolgendo nel migliore dei modi il suo lavoro. Sta dando senza dubbio una notizia vera, ma bisognerebbe che si chiedesse prima quale importanza rivesta nella notizia il fatto che un reato sia stato compiuto da un rom, o da un africano, da un mediorientale, un arabo di qualsiasi paese, un musulmano, qualsiasi minoranza di qualsiasi tipo presente oggi in Italia. La persona ha rubato perché, poniamo, rom o africano, o perché, sempre poniamo, non ha lavoro o fa parte di una banda criminale? Il reato è più grave se a commetterlo è un non italiano, o un cristiano o qualsiasi altra connotazione più vicina alla maggioranza di noi rispetto a quelle elencate prima? E soprattutto, chi si immaginerebbe un titolo come «italiano ruba in centro a Vicenza» oppure «cristiano picchia la moglie»? Eppure anche gli italiani rubano e anche i cristiani picchiano le donne.

Con titoli del genere il giornalista finisce per convincere chi legge, anche del tutto involontariamente, che un’intera categoria di persone commette reati per una non meglio precisabile «indole di sangue», o per «cultura»: l’immagine che il lettore stesso se ne costruisce è infatti quella di commettitori seriali di reati, perché la stampa gliene parla quasi solo ed esclusivamente in questi termini.

E allora ecco che nasce la fobia indiscriminata: verso i rom, verso gli africani, verso gli immigrati, verso i rumeni, verso gli slavi, un tempo verso i meridionali e i napoletani in particolare. Materiale da barzelletta, appunto perché le barzellette giocano per loro natura con queste immagini costruite che sono gli stereotipi. Ma gli stereotipi negativi, oltre alle innocue barzellette, creano anche meno innocui rancori ciechi che minano la serenità di una comunità sempre più varia qual è quella italiana, convincendo la maggioranza che il crimine non sia qualcosa di trasversale a tutte le comunità; in poche parole, ingannandola.

Ecco allora un secondo invito che i lettori dovrebbero fare ai giornali, oltre a cambiare lessico: quello di rendere conto della società nella sua complessità senza fermarsi alla delinquenza. Una società non è fatta solo di delinquenza, ed è limitante che un giornale generalista descriva un mondo sempre più complesso quasi esclusivamente attraverso gli occhi della questura, lasciando altre narrazioni a giornali settoriali per pubblici settoriali. La questura fa il suo lavoro, ma la sua visione – le notizie di cronaca nera sono rielaborazioni di quanto comunicato ai giornali dalle questure – non può diventare totalizzante; semplicemente perché nella società non esiste solo la delinquenza e non tutto ciò che accade in un giorno nel mondo viene annotato dai questurini. Il lettore ha il diritto di essere informato a tutto tondo e di non vedere intere comunità relegate alla mera cronaca nera. Se in una comunità non c’è solo chi delinque, ma anche chi combatte per i propri diritti, ad esempio, perché non renderne conto?

VicenzaPiù ritiene di essere su questa strada e ha scelto di parlare di ogni tipo di minoranza in termini diversi da quelli della cronaca nera.

Speriamo che i lettori possano essere al nostro fianco e aiutarci a percorrere questa strada. È già successo che ci abbiano dato suggerimenti e indicazioni, che ci abbiano anche corretto: è segno che abbiamo lettori attenti ed esigenti che ci vogliono sempre migliori.

Noi crediamo in questo giornalismo e con questo giornalismo vogliamo continuare.

Grazie.

Leggi tutti gli articoli su: VicenzaPiù, giornalismo, rom, sinti, Minoranze, Davide Casadio

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