La "perfida Albione" forse ha ancora qualcosa da insegnarci
Domenica 14 Aprile 2013 alle 10:30 | 0 commenti
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Di Marco Ferrero
Il nostro è senza dubbio il Bel Paese e lo testimoniano i milioni di turisti che ogni anno percorrono le vie della penisola. E io amo questo Paese. Premessa indispensabile per evitare di fraintedere il senso di quanto brevemente esporrò. Giustamente ne andiamo fieri, nonostante i numerosi problemi che attanagliano la vita quotidiana di ogni cittadino italiano: dalla politica all'economia, dalla scuola alla sicurezza pubblica e al paesaggio.
E sì, il paesaggio ...
Qualche volta uno sguardo al di là dei confini sarebbe opportuno gettarlo, non tanto per rinnegare ciò che abbiamo in casa, ma per porre in essere un confronto stimolante tra le nostre bellezze - il nostro "italian style" - e quanto i cittadini dei paesi della Comunità Europea, perché su questo punto voglio fermare la mia attenzione, hanno messo in campo nel loro percorso verso quella meta che dovrebbe rappresentare l'obiettivo comune di tutti noi, ovvero un livello e una qualità della vita perlomeno soddisfacente.
Sotto il profilo della storia non abbiamo nulla da invidiare agli altri paesi: una storia plurimillenaria caratterizzata da grandi momenti, da un impero immenso che è stato in grado di raccogliere in un unicum straordinario popoli, genti, territori, ognuno caratterizzato da proprie peculiarità e ognuno in grado di fornire un contributo importante anche alla creazione della "nazione Italia".
E non possiamo dire che siano mancati i personaggi di rilievo sotto il profilo politico, militare, ma soprattutto della cultura. Neppure un carattere dal corpo minuscolo e un giornale dalle molte pagine basterebbero per elencarli per nome e cognome. E poi uomini di chiesa, di scienza, uomini che hanno lasciato la propria impronta in ogni ambito della vita e della società della nostra nazione prima, dell'Europa e dell'intero globo poi.
Tuttavia, una recente esperienza di viaggio nel sud dell'Inghilterra mi ha indotto a riflettere con attenzione su quali siano quella meta, quel livello di vita e quella qualità della quotidianità cui noi italiani oggi aspiriamo e del cui raggiungimento qualche volta forse disperiamo. L'Italia è stata la patria delle istituzioni politiche che si sono condensate nei nuclei urbani: soltanto nella nostra penisola, dopo il crollo dell'impero di Roma, si è mantenuta una struttura urbana in grado di preservare e di tramandare quelle istituzioni politiche che erano nate si erano sviluppate a Roma. In nessun altro territorio europeo la città ha mantenuto quelle caratteristiche che aveva raggiunto nel corso dei secoli della Pax romana. In Italia, in modo particolare, si è sviluppata quella cultura monastica che ha rappresentato una sorta di cassaforte della cultura, conservando i frutti dei migliori ingegni del passato restituendoli, arricchiti, nel momento in cui l'esaurirsi delle invasioni di popoli "altri" permise agli abitanti dello stivale di rialzare la testa.
Ma, e qui veniamo al punto cruciale, l'Italia è anche e, potremmo aggiungere soprattutto, un collage di straordinari paesaggi: quale altra nazione è ricca come la nostra di montagne innevate, di colline rilassanti, di pianure che permettono la coltivazione dei prodotti, di mari straordinari sia dal punto di vista turistico sia da quello economico. Ognuno di questi momenti si ripete continuamente e si offre tuttavia con caratteristiche proprie e ogni volta diverse da nord a sud. È strano allora osservare che siano stati altri popoli ad inventare quella che possiamo definire come una letteratura di viaggio e in particolare sono stati gli anglosassoni, più semplicemente gli Inglesi, a tracciare le direttive per questo tipo particolare di osservazione e di narrazione. I loro viaggi all'estero - unitamente a quelli dei romantici francesi e tedeschi, Goethe su tutti con il suo Viaggio in Italia del 1829 - hanno rappresentato una costante a partire dall'epoca delle grandi scoperte fino al Settecento e all'Ottocento quando tale letteratura è diventata predominante ed elemento inscindibile per la costruzione di una cultura nazionale britannica, tedesca e francese basata sul rispetto, sulla conservazione e sulla protezione della natura che essi avevano a disposizione.
Si è trattato di un progetto di ampio respiro, della costruzione e del mantenimento di norme precise volte specificatamente alla conservazione di un ambiente naturale di assoluta bellezza, ma al quale non dovremmo invidiare assolutamente nulla se fossimo stati in grado di operare, se non nello stesso modo, perlomeno nell'ottica di una conservazione e preservazione del nostro territorio. Che, oltre agli aspetti paesaggistici, può contare su monumenti straordinari ma spesso trascurati o abbandonati. Certo, non è tutto oro quello che luccica negli occhi altrui, ma la civiltà di una nazione consiste anche nel saper acquisire dagli altri ciò che di buono e corretto essi fanno.
Guardiamo agli altri con occhio attento e torniamo a fare luccicare i nostri occhi con l'oro che possediamo.
"Vae victis", avrebbe detto Brenno ...
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