La nuova Repubblica Veneta e il diritto a non essere invasi
Lunedi 12 Agosto 2013 alle 20:21 | 0 commenti
Gianluca Busato, Plebiscito2013.eu - È un estate particolare quella che vivono i veneti nel 2013. Da un lato i giornali si riempiono di “casi†spinti all’inverosimile dai media sulla Kyenge, che pare trovare proprio in Veneto diversi estimatori “sui generisâ€. Dall’altro però emerge un quadro di degrado allarmante e ormai generalizzato.
Le notizie si susseguono a un ritmo impressionante: dai furti di rame nei cimiteri (sic!), alla fuga di aziende in Carinzia.
Eppure il tema mediatico più importante restano le imprese di Cécile Kyenge e quelle dei suoi molti detrattori.
Ora non vogliamo soffermarci sulle idee della Kyenge o di chi la contrasta, però ci pare appena il caso di distinguere bene le questioni: un conto è cosa la ministra fa o afferma, un altro conto è chi la minaccia di stupro oppure di morte. Sia ben chiaro allora che chi scrive è fermamente contrario alla visione che preveda un invasione sregolata del Veneto con l’accoglienza incondizionata di tutti i disperati del mondo. Nel contempo rigetto ogni forma di discriminazione odiosa sia essa basata sulla razza, sulla religione, sul sesso, o anche semplicemente sulle idee.
C’è il modo di coniugare un concetto di cittadinanza inclusiva, di contrastare le forme più becere di razzismo che trovano facile eco nei giornali, ma anche di salvaguardare il benessere e l’equilibrio della futura nuova Repubblica Veneta.
Ritengo ad esempio che dovrà essere formulato un quadro normativo che regoli in modo certo i flussi immigratori e stabilisca dei criteri minimi per acquisire un visto di ingresso permanente per ragioni di lavoro. È inutile nascondere d’altro canto il fatto che la quota di ingressi non potrà essere elevata: esiste a mio avviso un sacrosanto diritto a non essere invasi, che diventa ancor più importante alla luce dell’antropizzazione spinta che caratterizza la nostra terra. E che stabilisca in modo chiaro che la clandestinità non può essere concessa.
Ad esse si deve accompagnare un rigoroso rispetto delle leggi e delle consuetudini locali, né più né meno di come avviene in molti paesi anglosassoni, quali l’Australia o gli Stati Uniti d’America. Chi non le rispetta deve essere espulso subito e senza tante burocrazie. Sono poi estremamente favorevole alla concessione di visti di lavoro anche più lunghi, per chi porta imprese e lavoro nella nuova Repubblica Veneta, assumendo cittadini veneti.
Ecco quindi in cosa consiste il mio approccio aperto e inclusivo alla cittadinanza nel contesto della cittadinanza europea.
Il diritto alla cittadinanza veneta a mio avviso deve essere aperto a coloro che vivono legittimamente in Venetia e sono in possesso di requisiti minimi di compatibilità sociale (ad esempio, conoscenza della lingua, sussistenza economica, dimostrazione di senso civico), a coloro che sono nati in Venetia e a coloro con un genitore nato in Venetia. Tutti gli altri sono liberi di fare domanda e potrebbe essere riconosciuta la doppia cittadinanza, sempre compatibilmente con i prerequisiti minimi anticipati.
Ritengo peraltro che oggi (così come spesso è avvenuto nella nostra storia dopo l’annessione all’Italia) il primo problema dei veneti sia purtroppo l’emigrazione, non l’immigrazione. Sono certo pertanto, che noi daremo il benvenuto a tutti i nuovi veneti che sceglieranno in modo legittimo il nostro paese come propria casa, avendo conosciuto il destino di migranti nel mondo.
Devono inoltre essere incentivate le politiche di immigrazione a scopo turistico tramite l’emissione di visti di ingresso turistici rinnovabili, per esempio di durata trimestrale, fatte salve misure precauzionali a scopo antiterroristico per la sicurezza interna.
Chiedo a tutti i lettori e volontari che lo desiderano di pronunciarsi su questo e su altri temi fondamentali per il futuro della nuova Repubblica Veneta, con interventi, commenti e articoli, consapevoli che il mondo che verrà sarà come lo disegneremo noi.
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