La fuga in Libano di Dell'Utri e un Paese normale
Domenica 13 Aprile 2014 alle 19:23 | 0 commenti
Riceviamo da Giorgio Langella - Marcello Dell'Utri, in attesa della sentenza della cassazione, già condannato in appello a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, scappa in Libano. Per motivi di salute, dice. Intanto lo trovano a Beirut in un albergo di lusso. Silvio Berlusconi confida che è stato lui a mandarlo là in Libano. Lo ha fatto, sostiene, perché su richiesta di Putin per aiutare Gemayel nella campagna elettorale libanese.
A leggere queste notizie si resta esterrefatti. Ma com'è possibile che succedano cose come queste in un paese normale? E com'è possibile che un presidente del consiglio come Renzi possa fare accordi con un pregiudicato come Berlusconi che, evidentemente, continua a operare in una maniera, ad essere ingenui, ai limiti della legalità ? Non c'è forse qualcosa che non va nel nostro paese? Una vera e propria malattia che ha radici profonde e che sta minando la nostra democrazia?
Eppure, a leggere le notizie, non si nota lo sdegno necessario. Quell'indignazione che sarebbe normale in un paese civile. No. C'è, anzi, una specie di rassegnazione mista a indifferenza. Qualcosa che si può definire, in una parola, assuefazione. Ormai si è abituati al fatto che i ricchi e potenti possano fare quello che vogliono. Anzi, che ne abbiano il diritto. È diventata una cosa normale che condannati eccellenti non scontino la loro pena, che riescano a scappare, che diano, per le loro fughe, giustificazioni altrimenti risibili. L'Italia è una nazione piena di “normali†ingiustizie dove la richiesta di moralità è diventata una pretesa incomprensibile.
Non possiamo andare avanti così, facendo finta di nulla. Non possiamo continuare a girare gli occhi per non vedere il degrado della nostra democrazia e la deriva autoritaria che ci stanno imponendo. Dobbiamo guardare, giudicare, provare profonda indignazione. Ribelliamoci!
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