Quotidiano | Categorie: Cultura

La dea bendata nello specchietto retrovisore

Di Piero Casentini Lunedi 9 Gennaio 2017 alle 12:55 | 0 commenti

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Due giorni fa, il 7 gennaio, sono stati resi noti i codici identificativi dei biglietti vincenti la Lotteria Italia 2016. Quello più ambito, che porterà 5 milioni di euro nelle tasche di un anonimo giocatore, è stato venduto in una tabaccheria di Ranica in provincia di Bergamo. La fortuna si è nuovamente posata sulle terre lombarde, da dove aveva spiccato il volo 569 anni fa (anche se, va detto ad onor del vero, al momento della prima estrazione da parte della dea bendata, Bergamo e provincia facevano parte della Repubblica di Venezia). Il 9 gennaio 1448 venne inaugurata a Milano, in piazza Sant'Ambrogio, la prima lotteria.

L'ideatore era un giovane cambiavalute, Cristoforo Taverna, che conduceva un banco in via dei Ratti. Taverna cercava soluzioni per uscire dalla crisi economica che stringeva la Repubblica Ambrosiana. Istituita nel 1447 all'indomani della morte del duca Filippo Maria Visconti, la repubblica dovette fin da subito fronteggiare militarmente Venezia che aveva rifiutato di siglare una pace con Milano. I 24 cittadini che guidavano la comunità meneghina si erano quindi rivolti a Francesco Sforza, genero del defunto duca e valente condottiero di ventura. Questi accettò di guidare l'esercito milanese, nonostante si ritenesse il legittimo successore di Visconti. Le promesse di laute ricompense lo convinsero, ma non lo soddisfecero. E infatti non durò a lungo: con il patto di Rivoltella, seguito alla battaglia di Caravaggio del settembre 1448, Francesco Sforza si sarebbe alleato con i veneziani nell'intento di conquistare il ducato di Milano. Ma facciamo un passo indietro, ai primi giorni di quel 1448 quando nessuno sapeva ancora quello che sarebbe accaduto. La Repubblica Ambrosiana sta facendo la guerra ai nemici esterni che cercano di eroderla e ai nemici interni che, approfittando della posizione di potere assunta, cercano di allargare il loro personale dominio. La guerra, che in assenza della coscrizione obbligatoria è costosissima, ha indebolito gli affari ed innescato una recessione economica: ciascuno preferisce tenersi in casa il denaro risparmiato invece di impiegarlo negli affari, mentre l'erario pubblico è sempre più bisognoso di introiti. Che fare? Cristoforo Taverna, figlio di messer Stefano, ha l'idea di unire denaro e gioco con il filo impalpabile della "bona ventura". Istituisce sette premi, detti borse, alle quali ogni persona può aspirare spendendo almeno un ducato. Tutti possono giocare: donne, uomini, forestieri, cittadini, contadini, ricchi, poveri, chierici o laici che siano. La borsa più pesante contiene 300 ducati, seguita da quella con 100, poi da 75, 50, 30, 25 e 20 ducati. Le estrazioni si svolsero la prima domenica di febbraio 1448, ma purtroppo i nomi dei vincitori non sono giunti fino a noi. Rimane traccia, però, di un documento ufficiale diramato per pubblicizzare l'evento dal quale sembra ancora propagarsi l'eco della voce del furbo ideatore: "Et per tanto a me pare che a chi sia possibile de mettere uno duchato, fuossi poco savio a non metterlo, però che una persona richa a mettere uno duchato o duy o dece pocho li farà, se bene non havesse la ventura; havendolla tanto meglio; a una persona mezzana et simille a una persona povera, pure che in extremo non fusse miserabile, serà più tosto da mettere che li altri, però che per uno ducato che metta, perdandolo, in capo de l'ano non se ne acorzarà e tanto in za come in là (tanto nel caso che lo metta, come nel caso non lo metta, nell'interpretazione di Gino Barbieri che riprodusse il documento nel suo Origini del capitalismo lombardo, Milano, Giuffré, 1961, oggi fortunatamente reperibile in rete) li bisogna stentare et lavorare. Et se per ventura Dio li prestasse la gratia che havesse una di quelle borse, maxime la maiore, non stentarano mai più. Sì che chi è savio, porterà dinari, avisando tutti che li dinari che avanzarono e che se havrano, serano de la comunità nostra. Sì che quelli che non havrano la ventura de le borse, porano fare rasone haverli donati alla comunitate: uno ducato el qualle se po' appellare averlo donato a se medeximo". Cesare Cantù, nella sua Storia Universale pubblicata a partire dal 1840 in 52 volumi, scrisse a proposito della lotteria ideata da Taverna: "Tant'é vecchia l'arte d'ingannar il povero volgo, della quale non ancor tutti si vergognano i Governi".


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