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Koinè Expo: la “Nobile Semplicità” in 50 anni di post Concilio Vaticano II

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 19 Aprile 2015 alle 22:31 | 0 commenti

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Koinè Expo resoconta il convegno in Fiera a Vicenza dedicato alla “Nobile Semplicità” – tema al centro dei principi espressi nel Concilio – con un focus sul linguaggio dei Papi e della chiesa nell’architettura, negli arredi, negli oggetti e nei paramenti liturgici

Da Paolo VI fino all’attuale pontificato di Papa Francesco la chiesa cattolica ha adottato uno stile comunicativo e un’apertura al mondo dell’arte, dell’architettura, della produzione e del design.

Improntati ai principi della “nobile semplicità”, espressi nel Concilio Vaticano II, di cui quest’anno si celebrano i 50 anni dalla chiusura. Un’idea di linguaggio e di arte sacra ispirati al rapporto tra sobrietà e qualità.  

Il tema è stato discusso oggi durante il convegno Nobile semplicità: esperienze europee negli oggetti, nelle vesti, negli arredi liturgici dopo il Concilio Vaticano II, in occasione della XVI edizione di Koinè, Rassegna internazionale di arredi, oggetti liturgici e componenti per l’edilizia di culto (Fiera di Vicenza 18-21 aprile). L’incontro ha aperto una riflessione sul carattere e sui linguaggi che informano l’architettura, gli arredi, gli oggetti e i paramenti liturgici, coinvolgendo architetti, liturgisti, designer, artisti e mondo della produzione, stimolati a realizzare proposte più sobrie ma non banali, aderenti alla funzione cui devono rispondere oggi nel contesto della celebrazione.

Coordinato da mons. Fabrizio Capanni, membro del Pontificio Consiglio per la cultura, il convegno ha visto gli interventi del liturgista mons. Angelo Lameri, del giornalista Enzo Romeo e dell’architetto Tino Grisi. A seguire, mons. Giancarlo Santi ha presentato alcune esperienze significative in Italia, mentre Ralf van Bühren e Maud de Beauchesne-Cassanet illustreranno l’esperienza post conciliare rispettivamente in Germania e in Francia.

Nella relazione Lo stile e i modi di comunicare nella Chiesa, dal post-Concilio al pontificato di Francesco, Enzo Romeo ha presentato un excursus storico sul linguaggio comunicativo dei Papi e sul loro rapporto con il mondo artistico e culturale.

“Con Paolo VI si è cercato di applicare lo spirito conciliare, aprendo la Chiesa al dialogo con il mondo”. Nota è la sua attenzione per l’arte contemporanea: nel 1964 celebrò la così detta ‘Messa degli Artisti’ chiedendo perdono per la distanza che si era creata tra loro e la Chiesa. Per quanto riguarda Giovanni Paolo II, Romeo ha evidenziato: “anche il ‘conservatore’ Wojtyla fu un innovatore in campo artistico e liturgico, basti visitare Chiesa Nowa Huta, a Cracovia, che fece tenacemente costruire accanto ai Cantieri di Lenin”.

Con Benedetto XVI si è assistito al recupero della tradizione, “ma uno dei momenti esteticamente più suggestivi del suo pontificato è stata la messa celebrata a Barcellona il 7 novembre 2010 per la dedicazione della Chiesa della Sagrada Familia e del suo altare. Il capolavoro architettonico di Gaudì è, in fondo, simbolo dell’intreccio tra antico e moderno, nella continua e inarrestabile ricerca artistica connaturata nella natura umana”.

Papa Francesco completa la parabola conciliare e – da uomo venuto «dalla fine del mondo» – la conduce all’ampiezza estrema. “La sua scelta di povertà e semplicità – ha evidenziato Romeo – non è però compiuta a dispetto del “bello”. Molte volte nei primi due anni di pontificato Bergoglio ha parlato del valore quasi sanativo della bellezza e ne ha fatto riferimento anche riguardo alla liturgia. La sua idea è che questa bellezza debba essere soprattutto il riflesso luminoso del cuore, di ciò che viene dal profondo della propria fede”.

Nobiltà, semplicità, bellezza: sono questi i tre termini che sintetizzano la riforma liturgica del Concilio Vaticano II in particolare nel documento Sacrosanctum Concilium (SC). ‘Nobile bellezza’ delle arti chiamate al servizio della liturgia al posto di una mera sontuosità (SC 124) e ‘nobile semplicità’ dei riti liturgici (SC 34). Ogni manifestazione della bellezza porta con sé un naturale carattere di nobiltà: la bellezza è sempre nobile e lo è nella misura in cui è semplice e si manifesta nella Liturgia come un vero e proprio ‘stile celebrativo’.

Infatti, dal Sacrosanctum Concilium (SC 124)  emerge un’idea di arte sacra ispirata alla semplicità e alla sobrietà, di elevato livello qualitativo, perché “le cose appartenenti al culto  devono essere veramente degne, decorose e belle, segni e simboli delle realtà soprannaturali”. Se anticamente i segni della differenza erano dati soprattutto dall’uso di materiali preziosi, oggi la differenza può essere data dalla bellezza delle linee, dalla qualità artigianale, dall’essere pensati e realizzati proprio per quella sola chiesa o, anche se di serie, per un certo tipo di Chiesa.

Tutto ciò che è legato al culto, dai luoghi agli arredi, dalle vesti alle suppellettili  deve, dunque, essere veramente bello, non banale, ma semplice e aderente alla funzione cui deve rispondere nel contesto delle celebrazioni. Come affermava mons. Giovanni Fallani, presidente della Pontificia commissione per l’arte sacra nell’immediato post concilio, “la semplicità è una ricchezza che evita il superfluo e accoglie solo il necessario, un dono che assorbe tutti gli altri", pertanto “la semplicità e la sobrietà del luogo della celebrazione deve essere illuminata dalla luce del buon gusto e dall'eleganza che nasce dalla vera umiltà cristiana.”

Per quanto riguarda specificatamente arredi, vesti e suppellettili, è in corso una ricerca da parte di artisti, ma anche di valenti artigiani e laboratori artistici specializzati nei vari ambiti (vetrata. mosaici etc.) per quanto riguarda le forme, i materiali e l’aspetto iconografico. Alla sovrabbondanza  di immagini e simboli si predilige sempre più  il bisogno di semplicità e autenticità espressa dalla Chiesa, in continuo riferimento ai valori autentici della pastorale e della liturgia, contenuti nei documenti conciliari.

La bellezza semplice della liturgia cristiana non è imitazione della bellezza mondana ma riflesso della bellezza della carità di Dio. “Se la logica del ‘convito’ ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa ‘dimestichezza’ col suo Sposo…Il Convito eucaristico è davvero convito ‘sacro’, in cui la semplicità dei segni nasconde l’abisso della santità di Dio”. (Ecclesia de Eucharistia 48)

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