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Banche e politica, media e superficialità corresponsabili dei suicidi degli imprenditori

Di Martina Lucchin Giovedi 4 Aprile 2013 alle 18:50 | 0 commenti

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La Confedercontribuenti regionale ha guidato ieri a Padova una manifestazione in ricordo degli imprenditori veneti morti suicida, che si è conclusa con la deposizione di una corona e di mazzi di fiori davanti alla lapide che ricorda "i mutilati, invalidi e caduti del lavoro", in via Oberdan. L'occasione è stata, inoltre, utilizzata dai dirigenti nazionali e regionali dell'associazione, Carmelo Finocchiaro e Alfredo Bellucco, per lanciare una serie di proposte anti-crisi, più o meno credibili.

Oltre, infatti, a puntare il dito contro l'incapacità dei politici e contro "i comportamenti da usurai dei banchieri", i presidenti lanciano un appello perché, tra le varie cose, si aboliscano Equitalia e le Camere di Commercio oltre a riunire una commissione d'inchiesta internazionale sui suicidi degli imprenditori ed una europea per le presunte violazioni dello stato italiano ai danni dei lavoratori. Ma sono veramente queste, o solo queste, le misure di cui il paese necessita? Non sarebbe forse il caso di guardare al problema anche da un punto di vista diverso e con strumenti più rigorosi? Gli studi delle scienze sociali, infatti, indicano che non è possibile stabilire in questo momento se ci sia un effettivo legame empirico tra la crisi economica in atto e il fenomeno dei suicidi. Ovvero non è attualmente provato scientificamente che la crisi economica comporti un aumento della tendenza annua della causa di morte indicata. Per adesso, infatti, disponiamo solo dei dati Istat per gli anni 2008-2009-2010 (pubblicati nel marzo 2012) che indicano che i motivi economici sono cause marginali rispetto ad altre e che i suicidi sono più diffusi tra individui anziani, celibi o nubili e disoccupati. Ciò che è più probabile, quindi, è che le difficoltà economiche vadano ad influire sulla coesione sociale e che il cambiamento in atto metta in discussione molte certezze. Legami familiari e comunitari più deboli, l'insicurezza per il futuro, il precariato fanno si che l'individuo si trovi ad affrontare le sfide quotidiane senza il sostegno dalla società in cui vive e di cui avrebbe bisogno e, quindi, con una carenza di regole, istituzioni e persone su cui fare affidamento. Questo disagio è particolarmente sentito in un'area come quella del Nord-est, in cui il rapido sviluppo economico ha comportato anche una veloce trasformazione della società che, in questo momento più che mai, vive come un problema il diffuso individualismo e la diminuzione di reti sociali, caratterizzate da legami tra le persone ristretti ma forti. Non possiamo, quindi, non fare un accenno ai ruolo che i mass media ricoprono in questa situazione. La maggiore copertura mediatica del fenomeno, infatti, contribuisce da un lato ad una sovrastima e dall'altro ad una semplificazione della tendenza in atto. Per non parlare poi del rischio dell'"effetto Werther", ovvero dell'identificazione e successiva emulazione dell'atto del suicidio, che dovrebbe portare i canali di comunicazione ad una ancora maggiore responsabilizzazione. L'intento di questa riflessione non è certo quello di negare il fenomeno indicato, piuttosto di provare ad analizzarlo sotto una luce diversa perché, forse, non sono solo le banche e la cattiva politica ad uccidere, ma anche i media e la conoscenza superficiale del fenomeno.


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