Incontro sulla Tastiera inaugura martedì 28 la stagione concertistica con il Trio Casa Bernardini
Venerdi 24 Ottobre 2014 alle 11:33 | non commentabile
Incontro sulla Tastiera - Prende il via la nuova Stagione di Incontro sulla Tastiera e il Teatro Olimpico è nuovamente il palcoscenico ideale della serata di apertura, come lo sarà per i due appuntamenti di fine Stagione. Il concerto con cui riprende l'attività dell'Associazione dà spazio ad un ensemble di grande spessore, con cui si vuol far luce una volta ancora sulle eccellenze giovani: si tratta del Trio Casa Bernardini composto da Marcello Miramonti al violino, Enrico Graziani al violoncello e Alberto Chines al pianoforte, musicisti raffinati, portatori di stile e carisma, ognuno espressione di grandi scuole, con all'attivo importanti premi nazionali e internazionali.
Il programma della serata propone un bouquet di bellissimi trii, che cavalcano uno spazio temporale di tre secoli da quello del 1795 di Beethoven a quello di Shostakovic del 1944. Si parte dal Trio in sol minore op.15 di Smetana che risale al 1855, prima grande opera con cui il compositore ceco si esprime con un proprio, definito, linguaggio musicale. Il brano, in tre movimenti, fu composto durante un periodo drammatico della vita del musicista, colpito profondamente dalla morte della figlia Bedriska. Sembra che Smetana scriva questa partitura quasi come reazione a quell'opacità in cui l'insegnamento lo aveva costretto, indirizzandolo soprattutto verso composizioni didattiche. il Trio rappresenta, quindi, un punto di partenza verso un'ulteriore ricerca espressiva. L'andamento appassionato e rapsodico, esprime con immediatezza sentimenti di dolore, di rimpianto, alternati a motivi che, talora, indulgono tra malinconia e visioni fantastiche.
La seconda parte si apre, invece, con il Trio in mi b maggiore op. 1 n. 1 di L. v. Beethoven che presenta importanti elementi innovativi, quali la struttura in quattro movimenti, l'uso dello Scherzo come terzo movimento e l'indipendenza del violoncello, coniugati per altro con un linguaggio e uno stile legati ancora alla musica di fine XVIII secolo. Sicuramente con i Trii dell'Op.1 il giovane Beethoven impose all'attenzione del mondo culturale e musicale viennese la propria personalità creatrice.
Il concerto termina, infine, con il Trio in mi minore op. 67 n.2 di Shostakovich: una sorta di elegia scritta nel 1944 in memoria del critico musicale e studioso Ivan Sollertinskij, il più caro amico di Shostakovich. La morte è osservata entro una luce rarefatta e aurorale, quasi una dolente trasfigurazione, dove dignità e classico rigore, seppure struggente, si attagliano al personaggio di Sollertinskij, uomo di strabiliante cultura e levatura intellettuale. Forse i canti nostalgici, le nenie lontane che vengono proposte all'inizio del brano, fanno pensare alle migliaia di chilometri che dividevano Shostakovic, trasferito a Mosca, dall'amico, sepolto a Novosibirsk a soli quarantun anni. Al di là delle polemiche e delle discussioni sulla complessa personalità di questo musicista, resta il fatto che in Sostakovic, specie in quello cameristico, non si è mai verificato un netto diaframma fra il tipo di linguaggio scelto e la spontaneità dei sentimenti espressi secondo le fondamentali leggi della tonalità . In tal senso il Trio op. 67, scritto in un periodo particolarmente drammatico della storia sovietica, è indicativo della natura schiettamente umana dell'artista, aperto ai problemi del nostro tempo e preoccupato di comunicare un messaggio comprensibile a tutti.