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Il sindacato al tempo delle riforme

Di Citizen Writers Sabato 19 Luglio 2014 alle 16:00 | 0 commenti

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di Massimo Pantano, sindacalista Fim-Cisl Vicenza

In questi giorni è approdato all’aula del Senato il testo di riforma dello stesso, voluta dal premier Renzi. Molte le cose che cambieranno se questo testo passerà anche se io non credo la nostra democrazia ne verrà stravolta come dicono i detrattori di questa e di altre Riforme.

A me interessa introdurre in questa mia riflessione la questione del superamento dei corpi intermedi di cui il sindacato fa parte ancorché non da solo.

Le iniziative riformatrici di Renzi tendono tutte a scavalcare qualsiasi corpo intermedio, siano essi sindacati dei lavoratori, Confindustria o associazioni di altro livello. Il suo rapporto è diretto e va dal governo al cittadino. Come se qualsiasi cosa vi sta in mezzo fosse negativa a prescindere.

Tale approccio merita un minimo di riflessione da parte di tutti, a cominciare dal sindacato stesso. Serve infatti avere un atteggiamento, di fronte alla spinta riformatrice del governo, di pari livello. Dobbiamo discutere di riforme e quindi non esiste che si facciano tentativi di conservazione di alcunché.

Faccio un esempio proprio sulla questione del Senato. Il tema non è senatori eletti di primo o secondo livello (elezioni dirette o attraverso regioni e comuni). Ma cosa fa il nuovo senato. Se l’obiettivo è quello dichiarato da Renzi “rappresentare le autonomie ed essere supporto alla Camera” bene si discuta di questo. In tal senso sarebbe stato opportuno, per il sindacato, inserirsi nel dibattito sul nuovo senato chiedendo che in alternativa al CNEL (la cui abolizione è decisa) ci fosse uno spazio per le rappresentanze dei corpi intermedi all’interno del nuovo senato non elettivo. Assegnando loro anche alcuni compiti mal esercitati dal CNEL ma sulla falsa riga di quello che fa la commissione economico sociale in ambito europeo.

Avremmo potuto chiedere al Premier di prevedere all’interno del nuovo senato una apposita commissione economico sociale, con componenti di nomina sindacale e datoriale, alla quale assegnare il compito di presidiare le materie del lavoro e di suggerire alla camera legislativa gli interventi opportuni per migliorare le norme sul lavoro e sul diritto d’impresa. Le nostre giuste rimostranze verso gli interventi legislativi troppo invasivi della sfera negoziale, portate avanti in questi anni troverebbero in una apposita commissione senatoriale la giusta camera di compensazione. Si sarebbe anche affrontato una volta per tutte la questione deir apporti tra organizzazioni sindacali e politica. Con proprio rappresentanti che siedono in senato, ovviamente senza compenso o comunque a carico dei sindacati, le istanze del lavoro sarebbero legittimamente e direttamente rappresentate.

Purtroppo di tale argomento sembra non essersene interessato nessuno, neanche negli ambienti sindacali.

In questo senso, quello che alcuni esponenti del governo (sottosegretario Baretta) hanno espresso nei giorni scorsi, cioè che “serve un confronto delle idee e non dei diktat” è la giusta via nella quale il sindacato confederale si deve incamminare. Lo deve fare con i tempi dell’era delle riforme e non con i tempi e i modi del ’68.

Certo ottenere il tavolo di confronto con Renzi non è semplice ma neanche impossibile come ha dimostrato il movimento 5 stelle, quando è uscito dalla sterile opposizione ed ha accettato di confrontarsi sulle idee, diverse ma avvicinabili, il tavolo e l’attenzione del governo l’ha ottenuta.

Credo che il sindacato dovrà avviarsi su quella strada se vorrà rappresentare al meglio gli interessi dei suoi associati.

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