Il silenzio sugli innocenti: la strage anti socialista di Utoya raccontata da Luca Mariani
Giovedi 12 Dicembre 2013 alle 23:06 | 0 commenti
 
				
		Stasera, giovedì 12 Dicembre, presso l'Hotel Palladio di Vicenza, il giornalista dell'Agi Luca Mariani ha presentato il suo ultimo libro, Il silenzio sugli innocenti, dedicato alle stragi di Oslo e Utoya avvenute il 22 luglio del 2011, in Norvegia "per far luce sui silenzi che hanno accompagnato l'uccisione di tanti socialisti-laburisti". L'autore ha dialogato con Luca Fantò, segretario provinciale Psi Vicenza; il moderatore è stato Giovanni Coviello, direttore di VicenzaPiù e VicenzaPiù.Tv, che domani trasmetterà in esclusiva l'intera serata (di seguito scaricabile on demand).
La presentazione è stata accompagnata dalla lettura di brani scelti del  libro, ad opera di Mario Podeschi. Quel maledetto 22 luglio di due anni  fa, Anders Behring Breivik, trentenne norvegese sostenitore di ideologie  di estrema destra, ha prima fatto esplodere un ordigno presso il  quartier generale del governo, fuori dall'ufficio del Primo Ministro,  uccidendo otto persone, e, due ore più tardi, ha attaccato il campeggio  dei giovani laburisti, che si teneva sull'isolotto di Utoya.
La  serata si è aperta con la lettura di un passaggio del libro che ha  permesso ai presenti di calarsi immediatamente nell'atmosfera da incubo  dell'isolotto di Utoya attraverso le drammatiche testimonianze dei  sopravvissuti: le parole di una ragazza dipingono un Breivik lucido e  spietato, un attore senza scrupoli che, travestito da poliziotto, ha  avvicinato un gruppo di ragazzi con la scusa di informarli circa  l'attentato di Oslo, avvenuto poche ore prima, e ha poi aperto il fuoco  su di loro, ingaggiando quindi una caccia all'uomo - anzi, al ragazzino,  dato che i campeggiatori avevano dai 14 ai 19 anni  - durata 77  interminabili minuti. "I cellulari suonavano, ma nessuno rispondeva: i  proprietari, infatti, erano tutti morti". Uccisi dalla lucida follia di  Breivik. Ma davvero di follia si trattava, o, piuttosto, di infame  lucidità? L'autore propende chiaramente per questa seconda possibilità:  nel corso della serata, dalle sue parole emerge chiaramente come la  matrice ideologica anti socialista che ha armato la mano dell'assassino  non solo sia stata messa in dubbio, ma sia stata deliberatamente  occultata dalla stampa e dai media. Ecco, quindi, il perché  dell'apparentemente enigmatico titolo scelto da Luca Mariani: si è  taciuto il fatto che Breivik abbia scelto proprio quelle vittime, i  ragazzi che partecipavano ad un campeggio dei giovani laburisti, in  ossequio alle proprie deliranti idee antieuropeiste e anti immigrazione.  Le prime notizie relative alla strage hanno, infatti, parlato di  attentati di matrice islamica; successivamente, quando è emersa la  verità ed è stato individuato il responsabile, lo si è fatto passare  inizialmente per un pazzo; nessun risalto è stato dato alla sua  intenzione deliberata di designare come vittime proprio dei laburisti in  quanto tali; nessun peso è stato attribuito all'ideologia che egli  sosteneva e al suo passato di ideologo. Breivik, infatti, ha scritto un  compendio di millecinquecento pagine, nel quale espone con perizia e con  certosina precisione i punti cardine del suo pensiero, delirante finchè  si vuole, ma lucido quanto basta a consentirgli di portare a termine  una carneficina che è costata la vita a 77 persone, senza che sia stato  possibile intercettarlo in tempo e prevenire il massacro - aveva infatti  progettato tutto con precisione svizzera, utilizzando anche precauzioni  tali da consentirgli di procurarsi il necessario per costruire un  ordigno senza farsi scoprire. Ha agito in modo premeditato, elaborando  un  preciso piano d'azione. Non è andato direttamente a colpire gli  immigrati, come forse si sarebbe potuto pronosticare date le sue  deliranti teorizzazioni. Ha ucciso, invece, dice e scrive Luca Mariani, i  giovani che sostenevano la necessità di lavorare per una società  diversa, più giusta, accoglienze, rispettosa. Colpire direttamente gli  immigrati, ha argomentato Breivik, avrebbe significato dare ossigeno  alla creazione di un movimento d'opinione in loro favore. Bisogna,  invece, agire a monte, pensò l'omicida ideologo, esattamente come si fa  per riparare una perdita d'acqua in un bagno: prima si ripara la  perdita, i giovani socialisti, e poi si "tira lo sciacquone" per far  sparire l'acqua. Breivik ha anche fondato, nel 2002, il Movimento dei  Cavalieri Templari, il cui compito, secondo le sue farneticanti  intenzioni, sarebbe quello di spazzare via gli immigrati entro il 2083,  attraverso quella che Breivik stesso definisce una vera e propria  "deportazione dei musulmani e dei rom". Il suo progetto era quello di  "costruire aree produttive, situate magari in Anatolia o in Albania,  dove gli immigrati dovrebbero lavorare per 12 ore al giorno, con un  salario", bontà sua, "pari al triplo di quanto riceverebbero in patria";  ma la permanenza sarebbe stata loro consentita solo per un anno, allo  scadere del quale avrebbero dovuto tornarsene a casa loro. Un'ideologia  organizzativa, insomma, ad uso e consumo di coloro i quali vorrebbero  spremere dagli immigrati la forza lavoro, senza dare in cambio niente,  nemmeno il rispetto dovuto ad ogni persona. Com'è emerso dai vari  commenti suscitati dall'animato confronto che ha seguito la  presentazione dell'autore, c'è infatti qualcuno a cui l'appellarsi al  razzismo, in fondo, fa comodo, per meglio sfruttare la manodopera  immigrata. Perché, infatti, ci si chiede, un idraulico, un muratore o un  piastrellista dovrebbero votare partiti che fanno della lotta  all'immigrazione il loro cavallo di battaglia? Facile: perché temono - e  non a torto - la concorrenza dei lavoratori immigrati, che prestano la  loro opera ad un prezzo più basso. Il lavoro irregolare, sostiene Luca  Mariani, esiste perché conviene. Conviene all'imprenditore edilizio  appoggiarsi al muratore clandestino che fa un prezzo più basso per la  muratura; conviene alle griffe comprare da  aziende tessili cinesi. E  poi succede come a Prato, nessuno sapeva niente, nessuno vedeva niente. E  ci scappa il morto. La soluzione, rileva qualcuno, ci sarebbe, eccome:  controlli più severi, o semplicemente seri, e normativa comune europea  perché parità di lavoro significhi parità di salario: il prezzo del muro  è quello, e tale deve rimanere, che a tirarlo su sia un italiano, un  rumeno o un cinese. La dignità del lavoro non conosce razza e non  conosce confini. E non per buonismo, ma per giustizia. Come ha scritto  un ragazzo a Breivik: "Io non ho paura di te. Non ci puoi colpire, noi  siamo più grandi di te. Noi non risponderemo al male con il Male, come  vorresti tu. Noi combattiamo il Male con il bene. E noi vinceremo".
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.
 
  
		
		
	 
				     
				     
				     
				    