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Il secolo dei genocidi e degli stermini per ideologia, l’altra parte: La voce del Sileno Anno 2

Di Italo Francesco Baldo Domenica 1 Ottobre 2017 alle 18:37 | 0 commenti

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Ogni anno si fa memoria del genocidio degli ebrei perpetrato dal nazionalsocialismo, che lo aveva preparato attraverso una prospettiva ideologica ben precisa e conosciuta, quel Mein Kampf nel quale è contenuta la prospettiva che avrebbe assunto la Germania dopo la crisi del 1929 e testo di riferimento del totalitarismo novecentesco iniziato con la rivoluzione russa nel 1917 e base per una visione che "delega" allo Stato anche la decisione di vita e di morte dei suoi cittadini, mascherandosi talora con pretestuose norme giuridiche.

Il novecento, oltre alle troppe guerre, i milioni di morti e di vittime di ogni genere nel corpo e nello spirito causate dagli eventi bellici, è, con dolore, il secolo dei genocidi e degli stermini per ideologia. Per fortuna è terminato, ma le ferite stentano a chiudersi e prevale ancora il dire degli avversari che hanno compiuto stermini, piuttosto che di se stessi pure colpevoli di stermini. È stato il secolo che ha più di ogni altro evidenziato come non debba esistere l'accettazione della pluralità di pensieri e addirittura di "razza". Nel segno dell'eliminazione della "differenza", uno dei tesori dell'umanità si è scritto, propagandato, marciato e ucciso senza alcuna pietà. La "differenza". fu considerata sulla base di una visione detta scientifica della razza e della visione della politica come il tutto dell'uomo, della avversione ideologica, della preferenza sessuale, ma sovra tutto dalla visione che lo Stato costituito in un'unica visione politica, è il datore delle leggi e della vita stessa dei suoi cittadini che, se non omologati, debbono essere eliminati in tutti i modi possibili. Di ciò, oggi, purtroppo è rimasta quella "caccia" ideologica che passa sotto la definizione "non sei politically correct" ed è praticata dai mass media e dai politicanti, che non riuscendo a essere una buona prospettiva per il bene comune, cercano l'eliminazione, la gogna soprattutto mediatica per gli avversari, dei quali non si prende in considerazione l'analisi, ma per il fatto solo di avere posizione diversa sono negativi...da eliminare.
Tra i genocidi del Novecento a partire da quello degli Armeni tra il 1915 e il 1923 dove perirono tra il milione e duecentomila e i due milioni di uomini, bambini compresi, nei territori del fatiscente Impero Turco dominato dai "Giovani Turchi", impregnati di volontà di rivincita e di esaltazione dello Stato E' purtroppo, ben noto quello contro gli Ebrei, nato dalla visione nazionalsocialista espressa , come sopra detto nel Mein Kampf e iniziato giuridicamente con le Leggi di Norimberga nel 1935. Perirono sei milioni di uomini, compresi molti ebrei convertiti, tra cui Edith Stein e sorella. Accanto alle loro mortali sofferenze quelle di altri oppositori della visione nazionalsocialista o prigionieri soprattutto politici o differenti per razza, i Rom, o disabilità o sessuali. In Italia solo da pochi decenni ci si è "ricordati" del massacro etnico della popolazione italiana nei territori della Repubblica Jugoslava e in quelli che appartenevano allo Stato Italiano monarchico, ma il politically correct cerca di affermare che fu solo "una vendetta" per quanto compiuto dalle truppe fasciste. Se da una parte vi è negatività questa non giustifica un'altra, insegna l'etica, ma...
Quasi solo il genocidio degli ebrei è ben chiaro nella memoria, nonostante le teorie negazioniste che circolano, ma che non sembrano aver avuto grande seguito, grazie anche alla documentazione fotografica voluta dagli Americani quando giunsero nei campi di concentramento (Lager), liberando i pochi superstiti. Gli altri cui abbiamo accennato uno, quello degli Armeni, non è ancora riconosciuto nello Stato dove fu perpetrate per altri si preferisce il silenzio...colpevole.
Infatti, molti altri genocidi sono pressoché dimenticati e non ne è ammesso quasi nemmeno il ricordo, perché politicamente sconveniente, sono quelli che hanno la matrice nel totalitarismo comunista, che nelle elaborazioni teoriche fin dalle origini ha sempre e costantemente negato la possibilità che ciò che lo avversava potesse avere non solo dignità, ma nemmeno esistenza. Nel nome di una classe, quella proletaria, l'altra, quella capitalista, doveva scomparire e scomparire con tutti i mezzi possibili. Una scomparsa ideologica, elaborata da K. Marx e F. Engels, e portata alla sua massima espressione da V.U. Lenin, ma con molti seguaci, anche in Italia, e una "fisica" come ben annunciato nell'ultimo capoverso del Manifesto del partito comunista:" I comunisti disdegnano di nascondere le loro vedute e le loro intenzioni. Essi confessano apertamente che i loro obiettivi non possono esser raggiunti se non per mezzo della violenta sovversione del tradizionale ordinamento sociale. Che le classi dominanti tremino pure di fronte allo scoppio di una rivoluzione comunista. I proletari non hanno da perdere che le loro catene. Hanno da guadagnarci tutto un mondo." E questo modo comporta pure" L'emancipazione sociale dell'ebreo" che è in realtà "l'emancipazione della società dal giudaismo" ossia dal capitalismo. In questo modo si avvia anche nella teoria marxiana l'avversione all'Ebreo, cosa che ben maturerà nell'URSS.
Quali sono stati gli stermini, annientamento violento di gruppi interi di persone e genocidi a matrice del totalitarismo comunista?
Il primo fu l'avversione ideologica a tutti coloro che non si affiliavano alla prospettiva marxista - contro "la razza" dei diversi di pensiero. I campi speciali Vechecka e i campi di lavoro forzato nascono all'inizio della rivoluzione russa, nel 1917, mentore lo stesso V.U. Lenin e nel 1930 nacque il Gulag (Glavnoe upravlenie ispravitelno-trudovych lagerej) ossia La Direzione principale dei campi di lavoro correttivi è stato il ramo della polizia politica dell'URSS che costituì il sistema penale dei campi di lavoro forzato) e costituì per decenni, quasi fino alla fine dell'URSS il luogo "privilegiato" nel quale chiudere coloro che pensavano diversamente dalla visione ideologica ufficiale - statale - del sovietismo. Ricordare Pavel Aleksandrovič Florenskij (1882-1937) e la sua condanna è emblema delle migliaia e migliaia di persone note e ignote che morirono sotto il comunismo sovietico, che insegnò ai partiti fratelli, tra cui quello maggiore in Europa, l'italiano, come comportarsi con gli avversari ideologici. Tale prassi ebbe seguito in tutti gli Stati "sovietizzati a forza" dopo il secondo conflitto mondiale in Europa o seguaci e costruttori di un ordine sovietico in Cina, Corea del Nord, Vietnam, Cambogia, Cuba, ma anche in Etiopia. Una precisa storia dei Gulag non è ancora completamente tracciata, si sospetta che essi continuino ad esistere in Cina, Corea del Nord e forse anche in Vietnam con qualche "carcere" per gli oppositori a Cuba e nel Venezuela socialisteggiante. Ricordiamo che alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i gulag di Stalin contenevano 5.5 milioni di prigionieri, il 23% Ucraini ed il 6% Baltici e non si hanno i numeri dei cittadini sovietici imprigionati delle varie etnie che componevano quello Stato.
Emblema recente di tutti gli imprigionati nei Gulag è e rimarrà il cinese Liu Xiaobo, premio Nobel nel 2010 per la pace. (cfr. tra i tanti A. Applebaum, Gulag, Storia dei campi di concentramento sovietici, tr. L. A. Dalla Fontana, Milano, Oscar Mondadori, 2005; G. Daniele, La marcia del Davai: i gulag in Russia: storia dei prigionieri italiani in Russia 1941-1946, Scandicci(FI), L'autore libri Firenze, 2010; N. Werth, L' isola dei cannibali: Siberia, 1933: una storia di orrore all'interno dell'arcipelago gulag, tr. it. F. Roncacci, Milano, Corbaccio, 2007 e E. Mo, Gulag e altri inferni, Milano, Rizzoli, 2001 e AA. VV., Il libro nero del comunismo, Milano, Il Giornale, Mondadori, 2003.
Il Gulag, è l'emblema, spesso troppo taciuto in particolare dai docenti di storia della scuola italiana, tristemente noto di come la differenza di pensiero ossia l'autentica mancanza della tolleranza, che è la possibilità che chi pensa diversamente da me, possa avere ragione, sia stata perseguitata scientemente e come l'eliminazione dei pensieri diversi sul mondo non sia mai stata accettata dal comunismo, che però, solo propagandisticamente, si è fatto fautore della libertà di parola, di stampa, di manifestazione, purché fossero, come si dice oggi, politicamente corrette.

Il secondo fu compiuto, ancora vivo il grande rivoluzionario V.U. Lenin nei confronti dei Cosacchi del Don. A partire dal 191 vi fu una repressione della rivolta cosacca del Don nel 1918 e si può affermare che essa assunse la forma del genocidio del genocidio poiché fu il comitato centrale del Partito Comunista, al vertice ormai del potere statale, ad ordinare la guerra dura ai cosacchi facendo ricorso al loro sterminio totale. Nel 1923 decreto proibiva espressamente l'uso del termine "cosacco" e fu riformata addirittura la toponomastica dei territori cosacchi e a loro fu impedita la professione della religione cristiana ortodossa. (cfr. M. H ELLER --A. NEKRICH, L'utopie au pouvoir. Histoire de l'URSS de 1917 à nos jours, Paris, Calmann-Lévy, 1982, p. 73 e F. Martinelli, Il crimine di genocidio e la sua repressione ad opera dei tribunali penali internazionali, Diss. Università degli Studi di Pisa - facoltà di Scienze Politiche, a.a. 1999-2000. La storia dei Cosacchi dell'URSS ebbe un esito tristissimo alla fine del secondo conflitto mondiale. In avversione al comunismo i Cosacchi si allearono con il nazionalsocialismo, facendo parte della Werhmacht, rifugiatisi in Austria, a Lienz, furono "richiesti" da Stalin agli Inglesi che occupavano l'Austria e questi decisero di consegnarli al capo dell'URSS, attuando ciò anche con l'inganno. Gli Ufficiali cosacchi furono inviatati ad una conferenza a Spittal an der Drau, dove si doveva parlare del loro futuro; furono disarmati e uccisi. Gli altri cosacchi presenti nel territorio austriaco furono fatti salire a forza su treni con destinazione URSS, molti si rifiutarono e furono uccisi, altri si suicidarono. La stima è di circa 25.000 morti.
Il terzo fu quello dei kulaki, non una etnia, ma un gruppo sociale, erano piccoli proprietari terrieri che tra il 1929 e i primi anni Trenta si opponevano politica economica ideata da Stalin, i Piani Quinquennali, che sostituivano la NEP (Nuova Politica Economia) voluta fin dal 1921 da Lenin. La riforma economica prevedeva la collettivizzazione di tutti i terreni agricoli; i kulaki vi si opposero e con brutalità scattò la repressione. Stalin nel 1942 dichiarò a Churchill che 10 milioni di kulaki erano stati eliminati (cfr. W. Churchill, La seconda guerra mondiale, parte IV, vol. II, p. 107, Mondadori, Milano 1951), oggi si parla di circa sette milioni
Il quarto sterminio fu diretto contro i nemici interni che si opponeva o erano ritenuti oppositori di Stalin; si stima che circa 400.000 comunisti caddero vittime, nel 1937, delle purghe staliniane (cfr. Roy A. Medvedev, Lo stalinismo: origini, storia, conseguenze, Mondadori, Milano 1972).
Il quinto sterminio fu diretto contro l'etnia ucraina, voluto e pianificato dallo stesso Stalin tra il 1932 e il 1933 (cfr. E. Cinnella, Ucraina: il genocidio dimenticato 1932-1933, Pisa, Della Porta, 2015.) e fu un autentico "democidio" (annientamento per mano di una classe politica del popolo che domina, non in guerra, secondo la definizione del politologo americano Rudolph J. Rummel (1932-2014). Lo sterminio con episodi terribili, addirittura di cannibalismo, fu perpetrato per imporre la collettivizzazione dei territori agricoli. È oggi conosciuto, ma per lungo tempo fu liquidato dal comunismo internazionale come una "menzogna controrivoluzionaria", il primo negazionismo degli orrori del totalitarismo, degli altri genocidi nemmeno si accennava.
Il sesto fu quello delle popolazioni tedesche del Volga nel 1941, questa popolazione, di circa 370.000 persone, era inserita nell'URSS fin dal 1924 come Repubblica socialista sovietica autonoma tedesca del Volga. Altri gruppi di Tedeschi in URSS vivevano in altre zone ed erano circa un milione e mezzo.
L'URSS di Stalin, che aveva firmato il 23 agosto 1939 il patto di non aggressione reciproca, ma di aggressione alla Polonia con la Germania hitleriana (Patto Molotov -Ribbentropp) dopo essersi annesso la parte dello stato polacco concordato e sterminato l'esercito polacco, cambiò l'alleanza. e dopo l'invasione delle truppe tedesche in URSS temette che i tedeschi del Volga potessero allearsi con lui. Con atto d'imperio, come era suo costume, il 28 agosto 1941 sciolse la Repubblica socialista sovietica autonoma tedesca del Volga ed iniziò la deportazione di circa 1 milione e 209.430 cittadini di etnia tedesca e non solo da questa zona, ma anche da altre aree; la popolazione fu inviata nel Kazakistan, nell'Asia centrale sovietica, in Siberia ed in altri territori remoti. Non si hanno stime precise di quanti morirono di stenti, di fatiche, tra i dati disponibili si ricorda che dei 30.000 deportati che dovevano giungere nella provincia di Karaganda ne arrivarono poco più di 8mila., in quella di Novosibirsk le autorità prevedevano l'arrivo di 130.998 unità ma oltre 14 mila mancavano all'appello.
Il settimo sterminio fu perpetrato tra il 1943 e il 1944 nei confronti dei cittadini sovietici dei Ceceni, degli Ingusci, dei Tatari della Crimea, dei Caraciai, dei Balcari, dei Calmucchi, dei Tajiks, dei Bashkirs, e dei Kazani, deportati in massa verso le regioni più inospitali della Siberia, del Kazakistan, dell'Uzbekistan. Anche altri gruppi etnici furono deportati, polacchi, ucraini, baltici (Ettoni, Estoni, Lettoni). Non si hanno dati precisi, ma si stima che di tutti i deportati circa un terzo non sopravvisse.
L'ottavo sterminio di avversione etnico-religiosa perpetrata fin dall'epoca leniniana contro tutte le confessioni religiose, ortodossa, cattolica, Chiesa greco-cattolica ucraina, buddista ecc. con deportazioni, uccisioni e persecuzioni di ogni genere, proseguite anche dopo la morte di Stalin. Quella meno conosciuta è quella di circa di due milioni di mussulmani sovietici, tratti soprattutto dalle repubbliche asiatiche. A partire dal 1932 Stalin promosse una campagna antireligiosa, cercando di eliminare soprattutto i mullah, se ne salvarono su 47.000 solo 2000. Le moschee furono affidate all'Unione degli atei e trasformate in musei o addirittura in sale da ballo. Le persecuzioni contro i mussulmani furono continuate anche dopo la morte di Stalin, da Krusciov nel 1960, quando ordinò la chiusura di 1000 moschee. (cfr.AA.VV., Asia centrale - guide, Torino, EDT, 2011).
Il nono stermino fu quello degli ebrei sovietici perseguitati fino alla fine del comunismo sovietico. Si parla di una verità, come di tante altre, taciuta- Moltissimi Ebrei, circa un milione e mezzo furono sterminati dal nazionalsocialismo quando occupò parte del territorio dell'URSS, ma nei territori sovietici vi fu persecuzione ed eliminazioni di ebrei anche da parte del potere comunista. A partire dal Grande Terrore che Stalin attuò a partire dal 1930 in URSS e fece circa dieci milioni di vittime delle purghe, furono eliminati anche circa mezzo milione di Ebrei. A parte i famosi dirigenti comunisti essi stessi di origine ebraica: Lev Borisovic Kamenev, cognato di Trotzkij, che dopo la morte di Lenin aveva fatto parte con Stalin della trojka al governo; l'ex capo del Comintern Grigorij Evseevic Zinov'ev; Nikolaj Ivanovic Bucharin, molti del popolo e la persecuzione durò fino all'epoca di Gorbaciov, quando si impediva di fatto l'emigrazione di cittadini sovietici di origine ebraica verso Israele. Su questa vicenda cfr. J. Margoline, Un viaggio verso la terra Ze-Ka e ID, La condizione inhumaine. Cinq ans dans les camps de la concentrazione Sovietiques, tr. N. Berberova & Mina Journot. Novembre 1949. Calmann-Levi, Editeurs, Parigi, 1949.
A tutti questi va aggiunta la persecuzione, deportazione e eliminazione di rifugiati italiani, spagnoli, francesi, ecc. che erano ritenuti non allineati con la politica staliniana. P. Togliatti, il noto esponente del comunismo italiano, nulla fece per i propri connazionali, si giustifica il suo atteggiamento con il fatto che lui stesso, se avesse difeso i compatrioti, avrebbe rischiato, ma è più probabile che, condividendo la politica di Stalin, lasciò fare e non vogliamo sospettare che fosse d'accordo e colluso. (cfr. D. Corneli, Lo stalinismo in Italia e nell'emigrazione antifascista, S.l.: s.n., ma Tivoli, Tip. Ferrante, 1977?).
Tanti i genocidi e gli stermini dei quali si macchiò il regime comunista sovietico. Su di essi il silenzio colpevole di coloro che sapevano sia in URSS sia tra i comunisti soprattutto europei (Terza Internazionale), in particolare gli italiani. La storiografia spesso di parte fu sempre "benevola" e quando non lo poté qualificò solo come "crimini del dittatore Stalin", quanto accaduto, cercando in tutti i modi di "esonerare" dalla responsabilità Lenin e soprattutto la visione e i protagonisti del comunismo in tutto il mondo.
Si può parlare di omertà? Certamente sì, ed è un atteggiamento che dura a tutt'oggi. Si parla e si ricordano gli orrori degli altri totalitarismi (Giornata della memoria) ma si evita con grandissima cura di quelli sovietici, quasi non esistessero e ciò con la giustificazione che "il comunismo è morto". A parte che non lo è; vive, infatti, in diversi paesi e soprattutto in molti movimenti, partiti e cervelli, anche in Italia. Un silenzio colpevole che non aiuta a superare la visione del totalitarismo e le continue "lotte" contro altri totalitarismo non possono certo giustificare gli orrori del comunismo sovietico, che non terminarono dopo la fine del secondo conflitto mondiale. I Gulag restarono attivi per decenni, anche dopo la morte di Stalin.
Questi genocidi e stermini non furono solo il frutto di una particolare era, quella staliniana in Unione Sovietica, essi furono un modello, che era nel codice genetico del comunismo: l'eliminazione anche violenta degli oppositori, utilizzando qualsiasi elemento che lo consentisse: etnia, idee, religione, appartenenza politica ecc.
Il decimo sterminio avvenne nel secondo dopoguerra, sia in URSS dove continuò la prassi del "gulag" e le repressioni, tanto che ne rimane ancora traccia, dopo la dissoluzione dell'URSS ad esempio in Cecenia, ma anche in Ucraina. Il metodo "gulag" non terminò nemmeno quando di Aleksandr Isaevič Solženicyn che lo aveva vissuto in prima persona nel 1961 lo denunciò al mondo con il libro Una giornata di Ivan Denisovič ( I tr. it. Milano, Garzanti, 1963) che non fu certo apprezzato dal Partito Comunista Italiano che su queste vicende fino ad anni recentissimi ha sempre preferito il silenzio o qualche accenno neutrale. (cfr. R. Valle, Le metamorfosi del mito dell'Urss in Italia, web).
La prassi fu adottata anche negli Stati "sovietizzati" a forza, in seguito al famoso Accordo di Yalta, ma anche in altri Paesi, tra cui l'Italia, dove fin dalla guerra partigiana, l'eliminazione dell'avversario politico, come attesta la strage di malga Porzus (cfr. P. Inzerilli, La vittoria dei gladiatori : da Malga Porzus all'assoluzione di Rebibbia, s.l., Bietti Media, 2009), fu attuata anche dopo la fine del conflitto, basti ricordare la Volante Rossa Martiri Partigiani, comandata dal "tenente Alvaro", soprannome di Giulio Paggio ((Saronno, 20 settembre 1925 - Praga, 15 novembre 2008), una organizzazione paramilitare, erede dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP), attiva, dal 1945 al 1949, a Milano e nel suo territorio allargandosi fino all'Emilia e a gran parte dell'Italia settentrionale e centrale. Il partito comunista, li sosteneva e vi era molta connivenza ed omertà tra i suoi aderenti. Dopo le elezioni, perse, del 1948, il Partito Comunista Italiano con P. Togliatti, che aveva progettato la "lunga marcia verso il potere" (raggiunta solo gli epigoni del comunismo italiano con il governo D'Alema nel 1998), rinnegò l'organizzazione, ma aiutò i capi a rifugiarsi in paesi al di là della "Cortina di ferro", in Cecoslovacchia protetti dalle locali autorità e punto di riferimento, pare, anche delle Brigate Rosse italiane tra il 1970 e il 1978). Diversi altri esponenti furono lasciati al loro destino. Si svolge a Verona nel 1951 un processo contro gli esponenti della Volante Rossa, uno dei suoi capi Eligio Trincheri, condannato all'ergastolo, fu graziato dal presidente socialdemocratico della Repubblica Italia Giuseppe Saragat nel 1971. (cfr. C. Guerriero- F. Rondinelli, La Volante Rossa, Datanews, Roma, 1996; M. Recchioni Il Tenente Alvaro. la Volante Rossa e i rifugiati politici italiani in Cecoslovacchia, DeriveApprodi, Roma, 2011).
Da ricordare i 129 i sacerdoti massacrati tra il 1944 e il 1947 in tutt'Italia e f vittima fu pure un giovane seminarista: Rolando Maria Rivi (San Valentino, 7 gennaio 1931 - Monchio, 13 aprile 1945), una delle vittime dei partigiani comunisti nel cosiddetto Triangolo della morte in Emilia. L'Eccidio di Schio, due mesi dopo la fine della guerra, compiuto da ex partigiani della Divisione garibaldina "Ateo Garemi" ed agenti della Polizia ausiliaria partigiana (istituita alla fine della guerra e composta da ex partigiani).
A questi va aggiunta la "pulizia etnica" degli italiani (le foibe) nei territori italiani assegnati dopo il conflitto mondiale alla Repubblica Federale di Jugoslavia, accusati di fascismo, ma in realtà l'intento era quello di de-italianizzare quelle zone in nome e per conto del socialismo che doveva essere l'unico riferimento politico. A lungo le vicende furono taciute e solo taciuta e solo nel 2004 la Repubblica Italiana ha iniziato fare memoria di quegli avvenimenti (Giorno del Ricordo il 10 febbraio di ogni anno).
L'undicesimo sterminio è quello delle repressioni negli Stati forzatamente comunisti. Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, in Ungheria, dove vi erano dei teppisti antirivoluzionari disse un allora giovane Giorgio Napolitano, in Cecoslovacchia, ma non ne erano immuni nemmeno la Romania, la Bulgaria, l'Jugoslavia e l'Albania. Ad essi sono da aggiungere gli Stati comunisti in estremo oriente: Mongolia, Cina, Corea del Nord, Vietnam del Nord, Cambogia, e Vietnam e altri stati africani e americani che hanno avuto una qualche sovietizzazione.
Il dodicesimo sterminio fu attuato in Cambogia dal Partito Comunista di Kampuchea fondato nel 1951 che prese il potere nel 1975. Il maggior esponente Pol Pot che impose la comunistificazione obbligatoria per la popolazione, pena l'eliminazione attraverso l'uso dei Gulag, i lavori forzati, le esecuzioni sommarie e anche l'eccesso di razionamento dei viveri che provocò carestia. Il regime comunista di Pol Pot e dei suoi gerarchi è considerato tra i più violenti del secolo scorso, e si stima che sia stato responsabile della morte di 1.600.000 cambogiani, un quarto dell'intera popolazione in circa di quattro anni.
Il tredicesimo sterminio è in atto è riguarda tutti gli oppositori ai regimi negli attuali Stati che ancora dichiarano la loro appartenenza al mondo ideologico del comunismo: Cina, Corea del Nord e Cuba. Pochi i dati conosciuti, ma certamente la repressione è in atto, ma le stesse organizzazioni mondiali come l'ONU, la Croce Rossa, la Mezzaluna Rossa, le Chiese cristiane, le ONG poco sanno e poco riferiscono, anche per non "compromettere" le relazioni con i regimi. Gli Stati poco o nulla fanno soprattutto con lo Stato cinese di Pechino non i vari intrecci economico-finanziari.
È doveroso, infine, anche ricordare come sia durante il secondo conflitto mondiale sia successivamente i Sovietici che occuparono il territorio tedesco della Prussia Orientale, procedettero, ad una pulizia etnica, condotta in modo preciso e volta ad eliminare gli abitanti tedeschi di quel territorio. Durante la guerra e per qualche tempo dopo, nella Prussia Orientale furono stabiliti 45 campi di concentramento, con circa 200-250.000 prigionieri obbligati ai lavori forzati, mentre la stragrande maggioranza dei tedeschi della Prussia Orientale fu deportata nei Gulag dell'Unione Sovietica. Il più grande campo, con circa 48.000 detenuti, fu fissato a Deutsch Eylau (Ilawa). Nel 1946 una parte della Prussia orientale fu dichiarata "Repubblica socialista federativa sovietica russa" con il nome di "Kenigsbergskaya Oblast", e continuò fino al 1949 l'espulsione verso la Germania Federale degli abitanti, colpevoli di essere "tedeschi". L'Archivio Federale Tedesco ha stimato che 100-120.000 civili (1% della popolazione totale) furono uccisi durante le fughe e le evacuazioni. cfr. S. Spieler, (ed.), Vertreibung und Vertreibungsverbrechen 1945-1948. Bericht des Bundesarchivs vom 28. Mai 1974. Archivalien und ausgewählte Erlebnisberichte, Bonn, Kulturstiftung der deutschen Vertriebenen, 1989, pp. 23-41. Cfr. M. Picone Chiodo, E malediranno l'ora in cui partorirono. L'odissea tedesca tra il 1944 e il 1949, - Milano, Mursia, 1987.


Conclusione
Come affermava Ignazio Silone «le rivoluzioni, al pari degli alberi, si riconoscono dai loro frutti» ed i frutti dei vari regimi appartenenti al mondo della visione politica del comunismo, che sempre si è dichiarato rivoluzionario, anche quando si è imborghesito (cfr. R. Del Carria, Introduzione,in ID, Proletari senza rivoluzione, Milano, Ed. Oriente, 1966, vol. I, p.11 ss.), nelle vicende trascritte certo sono molto amari. Non si può certo negare che gli Stati comunisti abbiano compiuto per le popolazioni azioni vantaggiose, ma questo vale per qualsiasi tipo di governo. Ciò che però non si ha il coraggio ancora di affermare è che il comunismo appartiene alle "ideologie del male" e solo se sapremo andare alle radici del fenomeno del totalitarismo denunciandone il fondamento negativo, allora "soltanto il male causato dal fascismo o dal comunismo potrà in qualche senso arricchirci, potrà condurci verso il bene, e questo, senza dubbio, è il programma cristiano:" Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male" (Romani,12,21). Le parole di S. Giovanni Paolo II in Memoria e Identità (Milano, Rizzoli, 2005, p.63) ci aiutano a comprendere una strada che va intrapresa con la negazione morale del male compiuto dai totalitarismi. Nondimeno un'etica che non sia mera espressione, come di moda nel politically correct, di usi e costumi "alla giornata", ha di fronte a sé l'imperativo categorico che enuncia che un'azione è valida se universalmente accettabile e non ad uso e consumo di un singolo o di una parte. Infatti l'uomo è capace di bene se assume il dovere morale come sua massima di vita e non lo fa dipendere dalle circostanze o da facili obiettivi di vantaggio. La responsabilità di ciò è di ciascun uomo, non può essere delegata e coloro che mettono a disposizione di tutti le loro capacità per una migliore organizzazione della vita sociale debbono saper identificare il bene comune, per indicare quale debba essere la realizzazione come bene civile.
Il prezzo che l'umanità ha pagato e paga per le visioni totalitarie, quelle che hanno ravvisato e considerato che "la politica è tutto, professando un riduzionismo relativistico, è ben chiaro di fronte a noi e alla storia e non riguarda solo un certo tipo di totalitarismo, ma indifferentemente tutti, al di là delle differenze pure ravvisabili.
Coloro che ancor oggi rimpiangono il totalitarismo e considerano la sua scomparsa un danno, rimpiangendola, ignorano la storia e negano per proprio vantaggio i misfatti compiuti. Un'altra strada però si apre a coloro che non hanno paura e cercano con consapevolezza umana e per molti nella verticale di Dio, vie migliori, con fiducia anche denunciando una nuova forma di totalitarismo, quella che combatte qualsiasi prospettiva morale e affida all'arbitrio della volontà psicologia del singolo ogni atto, negandone la responsabilità, ma giustificandolo prima ancora che esso sia compiuto. Nel singolarismo che è la sola proposta del singolo come totale del mondo, ravvisiamo quel pericolo che in parte il mondo ha negato ed eliminato, ma che si può presentare in forme diverse, tutte capaci di annientare la prospettiva del bene, riconducendo tutto a quanto: "Io voglio e nessuno può negarmelo".
Questa nuova forma di totalitarismo si affaccia prepotente alla nostra epoca e ne ha già minato le basi, non so se saremo capaci di avere una vera sollecitudine nel portare aiuto all'uomo e prospettare la via del bene. Non si tratta di fare polemica sul passato e sui crimini del totalitarismo di ogni forma, ma di denunciarlo per camminare nel futuro con consapevolezza della necessità di una vera svolta antropologica che non sia quello che più conviene in questo attimo, ma che con responsabilità di ogni uomo quanto di bene c'è da fare, va fatto e non con il solo orizzonte umano.

Coordinatore de "La voce del Sileno" Italo Francesco Baldo
Si chiede a tutti coloro che leggono questo articolo di trasmetterlo ad amici e conoscenti.
I contributi vanno inviati al coordinatore all'indirizzo di posta elettronica: [email protected]

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