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Nel giorno dei funerali il PdCI ricorda Quirino Traforti con le parole di Gramsci

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 19 Luglio 2014 alle 09:14 | 0 commenti

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PdCI Vicenza - Ricordando un vero Maestro

Per ricordare il partigiano e comunista Quirino Traforti "Carnera", le cui ceneri saranno tumulate oggi al cimitero della Piana di Valdagno dove riposano le spoglie dei suoi compagni con i quali fu fucilato nel settembre del 1944, è utile leggere l'articolo di Antonio Gramsci. Quirino Traforti ha lottato tutta la vita per costruire una società di donne e uomini uguali, dove fosse bandito lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

Per questo ha combattuto i nazifascisti e, nel dopoguerra, è stato discriminato e licenziato. A chi voleva comperare la sua volontà di lottare con privilegi e denaro rispose "voi potete tenervi i vostri soldi che io mi tengo le mie idee". Non ha mai accettato di chinare la testa o piegarsi di fronte a qualsiasi ricatto, a qualsiasi minaccia, a qualsiasi tentativo di corruzione. Quirino Traforti non fu mai indifferente e tanto meno suddito. Fu sempre cittadino e partigiano. Per questo riteniamo giusto rendergli omaggio con il testo di Gramsci.
"Carnera" non era un eroe, semplicemente fu (e, per chi lo conobbe, resterà sempre) un uomo integro. Un vero Maestro.


Odio gli indifferenti

Antonio Gramsci - 1917
Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.


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