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Il Kazakistan raccontato ad Expo con la sabbia. Lo conoscemmo col Vicenza del volley

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Giovedi 27 Agosto 2015 alle 00:47 | 0 commenti

Il Kazakistan mi ricorda l'inizio della scalata in A1 della mia vecchia (e vera) squadra biancorossa di volley femminile perchè nell'anno della promozione ci andammo in precampionato nel 1997 a giocare in un allora famoso torneo internazionale a Pavlodar, città in cui club blasonati italiani, i soliti snob, non erano voluti andare per la semplice paura della trasferta in una terra allora desolata ma ora ricca.

E mi ricorda un'accoglienza ingenua e trionfale,

Ingenua perchè quello era l'aggettivo facilmente associabile a un popolo musulmano, allora costretto ad essere "sovietico" ma che guardava ad occidente come alla Mecca della vita umana.

Trionfale perchè per loro avere, addirittura a "pagamento", caso più unico che raro allora, una squadra italiana, sia pure di A2, significava un salto di qualità.

Fummo accolti da bambini e bambine che chiedevano l'autografo in cambio simbolico di una banconota di un valore infinitesimale, ma dovuta secondo la loro cultura, non solo a giocatrici e allenatrice (allora vicentina anche lei)  ma addirittura al sottoscritto, il dg del club.

E fummo riveriti come ospiti dal governatore, ovviamente ricco, della regione di Pavlodar, allora seconda città dopo Alma Ati, la capitale ora soppiantata dalla ricca e petrolifera Astana.

Ci fu per Vicenza e poi, direi, per gli altri 7 club (uno cinese di gran rango, poi uno russo, un altro svedese e altri 4 non ricordo di dove ma la mega rassegna stampa ch ancora conservo, incomprensibile per la lingua, chiarissima nelle foto in copertina) una mega cerimonia di inaugurazione in stile olimpico addirittura in uno stadio. Giocammo sempre con un pubblico numeroso e rumoroso che riuscii ad accattivarmi con l'omaggio di tante bandierine, tantissimi piccoli omaggi e qualche sorriso in più rispetto agli altri seriosi club.

Fummo ricevuti tutti su battelli ricchi di cibo e bevande locali e io e l'allenatrice anche in una tenda con i notabili locali in cui a servirci (anche una testa di cavallo da mangiare a pezzi a partire dall'orecchio..., cosa che feci senza esitazioni, esterne, e non lasciando trasparire la riluttanza che ebbero gli altri offendendo i nostri ospiti) c'erano stupende ragazze in costume tradizionale.

Tanto altro ancora ricordo come durante la festa finale ben 27 bicchierini di vodka (questi ricordo, non se andai a mia insaputa oltre...) bevuti stoicamente per gareggiare con gli altri, salvo un cedimento finale non alla vista di esseri viventi mentre io rischiavo di... morire. Cosa che già era capitata nell'immaginario di tutta la squadra e mio (che dovetti celare i timori con una battuta che ancora ricordo: "ragazze tranquille, l'aereo si vede che è solidamente tenuto insieme dalla... vernice appena passata su ogni pezzo") quando decollammo su un coso che definire carretta dei cieli sarebbe eccessivo (con passeggegri in piedi a bordo e con un pilto già... allegro al decollo) ma che atterrò tra le urla festanti non solo di chi era a bordo ma di centinaia di persone che ci attendevano in un aereoporto in cui erano parcheggiati decine di velivoli, non scherzo, con le doppie ali del periodo post prima guerra mondiale. Non ci credete? Chiedete a Patrizia, l'allenatice di quell'anno, a Denis, il fisioterapista, ad Antero, il dirigente accompagnatore, a sanbdra Wiegers, Jolanda Elshof... 

Andammo con libri omaggio del comune (ce li diede in qualche modo Federico Formisano), avemmo contatti che girammo a chi di dovere e che potevano essere sfruttati, ma che lo non furono, vecchia e continua storia di Vicenza, lì dove poi sono iniziati a sgorgare, dopo l'indipendenza da quel che rimase dell'Urss, petrolio, affari e ricchezza.

Tornammo con un gruppo della cui forza ebbi coscienza facendola esplodere con l'esperiena del noovo allenatore bulgaro, tal Atanas Malinov, e di una furia umana, come Ana Ivis Fernandez. E da lì fu un'altra, grande storia che finì quando dovetti passare la mano nel 2009. Ma questa è un'altra, meschina, storia, che un giorno racconterò compiutamente, se ne avrò tempo e  voglia.

Tutto questo l'ho raccontato perchè questo ed altro ho ricordato in un flash di un secondo quando martedì 25 agosto, visitando l'Expo per VicenzaPiù e con l'altra stampa veneta invitata da Giuseppe Sala, sono entrato nel padiglione del Kazakistan e lì ho visto i passi da giganti fatti da quella gente, una volta da terzo mondo ma che oggi, pur nel boom economico così forte da poter ospiate un Expo a teme Energia del Futuro nel 2017, conserva certi valori come mi ha fatto capire la frase della nostra giovane accompagnatrice a cui avevo raccontato l'episodio della tenda con la testa di cavallo da assaporare: "se le hanno offerto quella testa vuol dire che lei era un ospite di riguardo...".

A me piace ancora di più sognare che ricoradre, ma il ricordo della sapore dell'orecchio di cavallo è stato sublime.

Bellissimo il padiglione, uno di quelli con file di attesa più lunghe, stupendo il modo di raccontare la storia del Paese con la sabbia maneggiata dal vivo da una artista su un piano proiettao su un mega schermo.

Vi regalo il video di quella presentazione e vi dico che ho brindato ai miei sogni futuri lì stesso.

Con cosa? Con un acidissimo latte di cavallo in un bicchierino che va bevuto tutto freddo d'un fiato.

L'ho bevuto due volte, una in onore dei ricordi, l'altra per costruirne di nuovi.

N.B. Per chi volesse sapere di più del padiglione e del futuro ecco altre informazioni

Press Kit: https://goo.gl/BcYpBX

Immagini: https://goo.gl/4RbFhV 

Video Presentazione del Commissario Generale Anuarbek Mussin: https://goo.gl/X5jFhe

 

 

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