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Il governo del "fare" (propaganda) di Renzi e figure di un "certo" spessore come Moretti

Di Citizen Writers Sabato 5 Luglio 2014 alle 20:15 | 0 commenti

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Riceviamo da Giorgio Langella e pubblichiamo - Annunci, solo annunci, null'altro che annunci. Parole, promesse, frasi ad effetto (“ci metto la faccia”, “se non viene approvata la riforma entro il ... vado a casa” … ). Pressioni sui dissidenti interni al PD e loro destituzione dalle commissioni parlamentari. Renzi (e il suo governo completamente dipendente dalla sua figura “carismatica”) è questo.

Un imbonitore (prima c'era il venditore, Berlusconi, e veniva attaccato, giustamente, per questo, oggi, invece, la grande informazione è in prevalenza schierata con l'attuale presidente del consiglio) che intontisce la platea di spettatori con parole, battute (al posto delle barzellette dell'ex cavaliere), una retorica apparentemente amichevole. Renzi, indubbiamente, sa parlare. Per quanto riguarda la sostanza (i famigerati “fatti”), il discorso diventa più complicato. Nulla è cambiato rispetto a prima. La disoccupazione non cala (anzi aumenta), la “crescita” resta una  chimera più che una speranza, gli investimenti per il lavoro e per lo stato sociale non esistono, i servizi pubblici vengono tagliati, le privatizzazioni continuano a impoverire lo Stato, viene confermata l'immunità per chi occupa le istituzioni, si propone una legge elettorale che poco o nulla ha a che fare con la democrazia … tutto frutto di un governo e di un parlamento di nominati che, non bisogna mai stancarsi di ripeterlo, occupano le istituzioni grazie a norme dichiarate incostituzionali (premio di maggioranza  e impossibilità di dare la preferenza) contenute nella legge elettorale nota, proprio a causa di tali norme, come “porcellum”.

Ma Renzi è il nuovo “uomo della provvidenza” a capo del “governo del fare”. Certamente … ma fare a favore di chi? Quelli che Renzi e il suo governo fanno non sono provvedimenti che favoriscono chi lavora (gli 80 euro in busta paga, ottima scelta di propaganda elettorale, saranno presto divorati dall'aumento delle tasse, dall'aumento dei ticket e delle tariffe dei servizi pubblici, sanità, scuola, trasporti, dalla diminuzione delle detrazioni fiscali e degli assegni familiari ... dalla progressiva cancellazione degli ammortizzatori sociali, dal lavoro che quando c'è è sempre più insicuro e precario) ma producono lo smantellamento sistematico della Stato e della Costituzione (che è vecchia solo nella propaganda di chi la vuole cancellare). Si prefigura, per il nostro paese, non tanto un periodo di un maggior benessere diffuso, ma la trasformazione dello Stato da Repubblica democratica e parlamentare fondata sul lavoro a una forma di presidenzialismo oligarchico, un governo di minoranze controllate dai poteri forti. Un'architettura istituzionale per nulla democratica, concordata con il pregiudicato Silvio Berlusconi.

Ci vogliono convincere che le (contro)riforme istituzionali sono necessarie per la rinascita del paese. Non è così. Servono solo a stabilizzare il potere nelle mani di chi già lo occupa. Null'altro. Una patina che coprirà una realtà che diventerà sempre più spiacevole. Qualcosa da nascondere.

Perché la realtà è data da numeri sempre più drammatici. Numeri che vengono nascosti nelle pieghe dei commenti entusiastici sulle dichiarazioni di Renzi sulla Bundesbank, delle battute dette e dei “selfie” fatti (o richiamati come metafora di un'Europa noiosa) dall'ex sindaco di Firenze. Quello che si può vedere su ogni quotidiano e nei principali telegiornali è solo il trionfo dell'annuncio, della propaganda, della frase ad effetto detta con un sorriso spesso beffardo.

I numeri ci raccontano una realtà ben diversa.

A fine maggio 2014, i disoccupati sono 3.222.000 con un aumento di 27.000 in un mese e di 127.000 in un anno. Nella nostra regione e nella provincia vicentina la situazione non è migliore. Le aziende che hanno aperto procedure di crisi sono 775 (17.125 i lavoratori coinvolti) in Veneto e 128 (con 2.196 lavoratori) a Vicenza. E, se la cassa integrazione ordinaria è in calo (in Veneto 8.709.851 ore rispetto alle 12.904.713 del maggio 2013 e, a Vicenza, 1.231.623 ore contro 2.130.389 di un anno fa), quella straordinaria, che è l'anticamera del licenziamento, è in fortissimo aumento (in Veneto, a maggio 2014, sono 26.731.846 le ore richieste, mentre erano 19.382.003 nel maggio di un anno fa; a Vicenza sono 4.462.623 ore rispetto alle 2.814.197 dei primi cinque mesi del 2013). Da gennaio a maggio 2014, in Veneto sono entrati in mobilità (licenziamenti collettivi) 5.735 lavoratori (5.182 nel 2013) e a Vicenza 943 lavoratori (927 nello stesso periodo del 2013). I lavoratori iscritti a fine maggio 2014 nelle liste di mobilità sono 23.193 lavoratori in Veneto (nel maggio 2013 erano 19.968) e 4.318 in provincia di Vicenza (3.921 nel maggio 2013).

Questa è la realtà. Una realtà resa ancora più drammatica in quanto si somma alla situazione disastrosa dei mesi e degli anni precedenti. Una realtà che non spiega il cauto ottimismo del presidente di confindustria Squinzi che ha recentemente dichiarato “i numeri sono brutti, ma siamo fuori dal baratro”. Lo dice dall'alto del suo benessere e della sua ricchezza. Ben diversa e molto maggiore di chi si trova in cassa integrazione, di chi è in mobilità, di chi viene licenziato, di quei piccoli imprenditori che vogliono restare onesti. Questi, continuano rimanere nel baratro e non sarà nessuna legge elettorale e nessuna delle “riforme” istituzionali concordate tra Renzi e Berlusconi (con l'avvallo di Napolitano) a farli uscire. Ci vuole il coraggio di dire che il sistema di sviluppo attuale deve essere cambiato dalle radici e che bisogna agire per questo.

Un'ultima cosa, sulla “modernità” del “governo del fare”. Tra i nuovi, rampanti, esponenti del “verbo renziano” si trovano figure di un “certo” spessore (attenzione, “certo” non è da intendere “alto”) come Alessandra Moretti. L'ex vicesindaco di Vicenza, prima portavoce di Bersani e poi, visto il declino del suo mentore, passata sotto la protezione del nuovo segretario del PD è diventata parlamentare europeo con una campagna elettorale finanziata anche da cene promosse dal presidente della Maltauro, è l'esempio lampante che questi “nuovi” dirigenti politici italiani mantengono tutti i bizantinismi e i difetti di quelli di “vecchia” scuola democristiana che ha governato il paese durante tutta la prima repubblica (con maggiore arroganza e senza averne le capacità).

Quale futuro possiamo avere se continueremo a credere a “lorsignori”?


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