GdV, ovvero "Gervasutti direttore varecchina"
Lunedi 13 Gennaio 2014 alle 00:37 | 0 commenti
«...Come se questo non fosse il Paese in cui Berlusconi annuncia l´intenzione di ricandidarsi, dalle europee ai consigli di quartiere; il Paese in cui un Tribunale amministrativo decide dopo quasi quattro anni (quattro anni!) che le elezioni di una regione come il Piemonte non erano valide perché una microlista non avrebbe dovuto partecipare per un vizio burocratico...»: questi sono alcuni passaggi dell'editoriale di domenica 12 gennaio di Ario Gervasutti, direttore del Giornale di Vicenza.
Il titolo , "La rivoluzione normale", faceva ben sperare chi come me ama le rivoluzioni, a partire per formazione politica da quelle liberali per finire nel sognare ora, per insufficienza delle prime, quelle senza aggettivi.
Confesso di non essere, per mia mancanza (di sufficiente tempo o di adeguata cultura, fate voi), un lettore assiduo del direttore che doveva portare luce nuova nel quotidiano unico di Vicenza dopo le nebbie di "mala informazione" che vi incombevano e che l'illuminata proprietà confindustriale aveva attribuito solo al suo servitore fedele, Giulio Antonacci.
Confesso di non leggere più con attenzione l'Ario quotidiano da quando, poco dopo il suo insediamento in via Fermi e a parere mio, di moltissimi di quelli che ci leggono e dei tantissimi che hanno smesso anche loro di leggere il Giornale di Vicenza, GdV in gergo, ho percepito che le nebbie non solo sono rimaste ma talvolta si accompagnano anche a odori non proprio gradevoli, complice forse il dissennato iinquinamento, guarda caso, industriale e immobilare di questa città e di quest'area.
Ma ogni giorno, per dovere professionale, scarico sul mio iPad, come uno dei, solo, 800 abbonati web, la copia del giornale che oggi comprano in edicola solo in 27.000 lettori che si aggiungono a poche migliaia di abbonati a vario titolo.
Generalmente leggo i titoli di prima pagina e poi scorro rapidamente  le pagine di cronaca economica e politica (qui, come e più che nel resto dell'Italia, fortemente connesse) per veder di cosa si occupano e, soprattutto, per annotare cosa (casualmente?) manca...
E il titolo dell'editoriale domenicale di Ario Gervasutti mi aveva dato un pizzico di speranza di una sia pur momentanea condivisione di idee col direttore maximo che nel suo profluvio di coraggiosi attacchi menava fendenti contro  la dignità perduta "nel" e "dal" Paese.
Peccato, per me, aver resistito nel leggere fino alle frasi riportate all'inizio di queste considerazioni!
Perchè vi scoprivo che lo strenuo ammiratore di Silvio Berlusconi, se non altro per la comune amicizia con quel Giancarlo Galan che di Gervasutti è per molti sponsor storico, dileggia oggi con un riscoperto coraggio quel Cavaliere, che sulla via del tramonto, conta chi lo abbandona mentre per difendersi dalla galera o assimilati «annuncia l´intenzione di ricandidarsi, dalle europee ai consigli di quartiere...» .
Ma soprattutto perchè  vi scoprivo che Gervasutti lava con la varecchina non solo il suo vecchio (opportunistico?) amore per Silvio ma anche la semplice verità . Se è riprovevole che il Tar impieghi tre anni e più per cancellare le illecite elezioni del Piemonte come fa il nostro ad attribuire l'illecito a «una microlista»? Cota, signor direttore legga, se li compra o se ne ha la rassegna stampa, giornalini come il Corriere della Sera, La Stampa e Repubblica, ha vinto sull'antagonista Bresso per 9.000 voti mentre la lista illecita, anche se tardivamente, troppo tardivamente, ufficializzata come tale, di voti gliene ha portati 27.000 ...
«Basterebbe riprendersi un briciolo di dignità per risolvere questa ed altre situazioni. Ma la dignità è smarrita tra i fumi della marijuana: ecco perché la vorrebbero legalizzare. Tutti “fumati“, alterati, diversi: così la vera rivoluzione consisterà nell´essere normali»: così concludeva il nostro Gdv, Gervasutti direttore varecchina, a cui forse non farebbe male farsi una sobria canna se l'abuso di varecchina (soluzione diluita di ipoclorito sodico usata in lavanderia per il suo potere sbiancante e antisettico, ndr) lo ha portato a considerare normale rinnegare le sue precedenti affinità elettive (ed elettorali) e a barare sui numeri. Anche se in questo gli riconosciamo un grande allenamento nel tentare non di risollevare i numeri del suo quotidiano, ma nel contraffarli contro ogni dato ufficiale sulla sia stessa pubblicità . Ingannevole.
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