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Il declino, il degrado

Di Giorgio Langella Sabato 30 Marzo 2013 alle 21:56 | 0 commenti

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Il declino.

Sul fronte della disoccupazione i dati ISTAT riferiti al 2012 mostrano una situazione difficilmente sostenibile.

La tabella riportata evidenzia la crescita del declino che stiamo vivendo anche nella nostra regione e nella provincia di Vicenza.

                            
Tasso di disoccupazione     2008  2009  2010   2011  2012
Veneto                                 3,54% 4,76% 5,75% 4,98% 6,56%
Vicenza                                3,67% 5,02% 5,72% 4,62% 6,82%
Disoccupati           2008     2009      2010     2011       2012
Veneto                  79.979 105.581 128.965 111.937 149.882
Vicenza                 14.333   19.843   22.699   18.634  27.264
Inattivi                 2008        2009        2010         2011        2012
Veneto               1.878.979 1.940.602 1.937.571 1.953.682 1.930.062
Vicenza                 324.207   326.853     329.457    327.274    333.731
 

Tra il 2011 e il 2012 ci sono in Veneto 37.945 disoccupati in più (pari a un incremento del 33,9%). Rispetto al 2008 l'aumento è di 69.903 unità (+87,4%). Nella provincia di Vicenza tra 2011 e 2012 i disoccupati in più sono 8.630 (+46,31%). Rispetto al 2008, nel 2012 si registra un aumento di 12.931 unità (pari a un drammatico +90,21%).

Anche se i dati sulla disoccupazione mensile del 2013 (regionali e provinciali) non sono disponibili la sensazione è che non ci sia alcuna inversione di tendenza. Anzi. La disoccupazione a livello nazionale in gennaio 2013 è cresciuta toccando un preoccupante 11,7% (+0,4% rispetto a dicembre 2012). E i dati aggiornati a fine febbraio (fonte Veneto Lavoro, gli unici ad oggi disponibili sulla situazione del lavoro in regione e provincia) evidenziano che, in Veneto, le domande di mobilità in deroga sono state 13.197 nel 2012 rispetto alle 8.003 del 2011 (l'aumento è del 64,9%).

Una situazione a dir poco allarmante, confermata dalle continue notizie di chiusura di fabbriche, delocalizzazioni, riduzione di personale, licenziamenti, ricorso alla cassa integrazione. È il declino di una nazione intera. Un declino dovuto sicuramente a politici (anzi, sedicenti tali) interessati unicamente a fare affari e distribuire benefici ai propri "gruppi di riferimento". Politici corrotti e mediocri, certo, ma non bisogna sottovalutare la responsabilità di una classe imprenditoriale miope e incapace che ha preteso di aumentare i propri profitti personali distruggendo un tessuto industriale e produttivo importante. Il trasferimento di investimenti dalla produzione alla finanza, l'evidente fallimento del sistema delle sciagurate politiche di privatizzazione e il disinteresse dello Stato rispetto alle strategie industriali del paese hanno contribuito al declino che stiamo subendo. Lo Stato, invece di colpire le sacche di parassitismo e di corruzione presenti al suo interno, ha favorito speculazioni di qualsiasi tipo e ha regalato a privati senza scrupoli il patrimonio pubblico (industriale, finanziario, infrastrutturale). Il risultato è quello di aver ridotto il paese a una ininfluenza produttiva e industriale che lascia poche prospettive. La latitanza dello Stato e il suo "lasciar fare" al privato ha portato alla dismissione di interi comparti produttivi, alla chiusura di stabilimenti, alle delocalizzazioni, alla totale mancanza di strategia e piani di sviluppo industriali organici. L'assenza di regole e di controlli, unitamente all'aumento spaventoso di una burocrazia inutile hanno fatto il resto. Quello che dovremmo chiederci è se sia giusto e, soprattutto, utile continuare su questo binario o se la presenza del pubblico debba essere rivisto e ricondotto al suo ruolo costituzionale di produttore e controllore dello sviluppo economico e industriale del nostro paese. Bisognerebbe fare qualcosa e invece ...


(il degrado)

... c'è chi tenta a tutti i costi di evitare processi a proprio carico, chi è incapace di fare politica se non a slogan, chi cavalca la (giusta) rabbia urlando e propone poco o nulla. E poi ci sono gli arroganti, quelli che considerano i magistrati peggiori dei mafiosi, gli ignoranti che si vantano della propria ignoranza, quelli che vorrebbero comandare ma solo per propria vanità, corrotti e corruttori che continuano a godere di impunità incomprensibili.

In questo macabro balletto intorno alle spoglie di un paese in agonia si vedono politicanti vecchi e nuovi interessati solo ad avere qualche voto in più.

E si può notare Renzi, il "giovane" rampante sindaco di Firenze, che annuncia la sua partecipazione, nelle televisioni di Berlusconi, alla prima puntata della nuova serie di "Amici". L'importante è "apparire".

E si possono ascoltare le dichiarazioni di Grillo che assicura che il costo del lavoro del nostro paese è il più alto d'Europa. L'importante è dire qualcosa di eclatante (anzi urlarla). Non importa se l'informazione che si dà è falsa, dal momento che il costo del lavoro orario in Italia è di 27,20 euro, inferiore a quello della Svezia (41,90 euro), del Belgio (40,40 euro), della Danimarca (39,50 euro), della Francia (34,90 euro), del Lussemburgo (34,40 euro), dell'Olanda (31,30 euro), della Finlandia (31,10 euro), della Germania (31 euro), dell'Austria (30,50 euro) e dell'Irlanda (27,40 euro).

Apparizioni, parole in libertà, notizie inventate, proposte strabilianti, promesse ... nulla viene spiegato, niente viene suffragato da numeri certi o da informazioni attendibili.

Intanto il lavoro è sempre meno e sempre più precario. I lavoratori sono sempre più costretti ad accettare qualsiasi condizione. I diritti vengono calpestati da chi si sente più forte. Il territorio è sempre più divorato dalla speculazione. I cittadini sono sempre più poveri e rassegnati. La corruzione e l'evasione fiscale trionfano ... tutto continua come prima, magari con volti nuovi e "più giovani" che guideranno un cambiamento che è troppo gattopardesco per essere reale.

Perché, tra quelli che sono oggi in parlamento, nessuno vuole veramente cambiare un sistema e un modello di sviluppo fallimentari e spaventosi.

Aiuto!

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