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Il caso Tnt e le ombre mafiose

Di Marco Milioni Venerdi 28 Giugno 2013 alle 15:37 | 0 commenti

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Le agenzie di questi giorni pullulano di lanci che riguardano lo stato di agitazione dei lavoratori del corriere Tnt, la cui filiale italiana ha annunciato di volere lasciare a casa oltre ottocento lavoratori. Anche il Vicentino non è esente dal ciclone giacché la Cgil ricorda che nella provincia berica sono venticinque i posti a rischio cui se ne aggiungono altri ottanta dell'indotto. Se si leggono i dispacci sindacali in giro per il Paese si notano alcuni addebiti precisi al management della filiale italiana della multinazionale olandese con origini in Australia nel primo dopoguerra.

Correttamente si punta l'indice contro la corsa al ribasso dei prezzi praticati ai clienti, che avrebbe aumentato il giro d'affari ma a scapito degli utili e dei padroncini che sarebbero stati costretti ad operare con margini insostenibili.

Ma in questa storia di ordinaria disperazione nessuno, a partire dal sindacato, si è domandato quanto abbiano contato le infiltrazioni della 'ndrangheta nel tessuto connettivo della Tnt. La cronaca giudiziaria di pochi mesi fa parla chiaro: «Vent'anni a Flachi, boss della Comasina: sequestrata la polizza vita di sua moglie. Lo storico esponente della 'ndrangheta lombarda Pepé Flachi, secondo l'accusa, avrebbe infiltrato i suoi uomini nei locali della movida e nell'attività della Tnt Global Express. Raccolse l'eredità di Vallanzasca nel quartiere milanese». Così scriveva Repubblica.it nella edizione locale milanese del 26 febbraio 2013, il quale approfondisce così l'argomento: «L'indagine aveva fatto emergere la "militarizzazione" del territorio da parte degli affiliati, ma anche i contatti con il mondo della politica, della sanità e dello spettacolo, come i rapporti fra il presunto boss Paolo Martino e l'agente dei vip Lele Mora (che non è stato comunque indagato). Secondo la Dda di Milano, la cosca di Pepé Flachi - 62 anni, ai domiciliari perché malato - avrebbe gestito aziende nel settore del movimento terra e si sarebbe occupata della security dei locali della movida e di alcuni negozi sotto la metropolitana milanese. In più i presunti affiliati avrebbero estorto soldi ai venditori di panini dei chioschi, piazzati sempre nelle strade della movida milanese, e si sarebbero infiltrati, tramite la società Mfm, nell'attività della multinazionale Tnt Global Express e, in particolare, nel servizio di distribuzione di pacchi e lettere».

E ce n'è di più perché il magazine Trasporto Europa in un servizio del 19 aprile 2011 accende ulteriormente i fanali sulla vicenda: «Le indagini della magistratura milanese contro le infiltrazioni della 'ndrangheta calabrese nell'economia lombarda hanno raggiunto perfino la multinazionale olandese Tnt Global Express, che si è vista togliere dal Tribunale di Milano la gestione di ben sei filiali lombarde per almeno sei mesi. Secondo gli inquirenti, i coordinatori di queste strutture avrebbero agevolato l'attività di soggetti indagati per associazione mafiosa. Sono stati quindi rimossi e sostituiti nella gestione quotidiana da commissari giudiziari. Per ora, TNT non ha rilasciato commenti sulla vicenda».

E ancora: «Secondo i magistrati, la criminalità organizzata sarebbe infiltrata da almeno due anni della rete di Tnt attraverso la CEPI, che fa capo alla famiglia Flachi, una delle imprese cui la multinazionale ha affidato l'attività di presa e consegna dei pacchi. Dopo essere entrata nel network grazie all'appoggio di un responsabile di filiale la cosca ha esteso la sua presenza utilizzando intimidazione e atti violenti per conquistare posizioni a scapito della concorrenza. Facendo da intermediaria tra TNT e i padroncini che effettuano materialmente il lavoro di presa e consegna, la Cepi percepiva dalla multinazionale una parte del pagamento del trasporto e gli incentivi sugli obiettivi (che vengono stabiliti dal responsabile di filiale)».

Ora non è dato sapere se certe opacità abbiano coinvolto anche il Vicentino, ma sta di fatto che il mondo dei subappalti e delle subforniture è uno dei domini incontrastati dei clan che da decenni hanno adoperato questa modalità più o meno silenziosa per infiltrasi al Nord. Lo scenario che coinvolge Tnt lo delinea molto bene Ilda Boccassini, uno dei magistrati più attivi sul fronte antimafia a Milano che in una storica conferenza stampa del 14 marzo 2011 parla di «aggressione» dei clan calabresi alla Tnt Italia.

E qui la partita si complica. Perché se di sola aggressione si tratta sindacati e impresa avrebbero dovuto fare fronte comune contro il soggetto esterno. Ma così non è avvenuto. E il che fa pensare da una parte a connivenze e convenienze; e dall'altra ad organizzazioni dei lavoratori che pur di difendere livelli occupazionali sempre più flebili sono disposte a mandare giù qualsiasi boccone. Anche quello potenzialmente letale.

Sarà quindi fondamentale per il futuro dei lavoratori capire quanto sul loro destino, al momento nero, abbiano influito normali condizioni di mercato, oppure scelte azzardate del management, o peggio l'azione di un agente patogeno esterno che non si è potuto o voluto combattere.

Sullo sfondo però rimane il dogma del mercato. Se dovessimo fare l'elenco delle società, dalle multinazionali più blasonate, sino alle dittarelle più scalcagnate che in Italia hanno ricorso a Tnt, l'elenco durerebbe un lustro. E se agli incaricati delle varie imprese fosse chiesto il perché di una scelta caduta su Tnt, la risposta sarebbe sempre la stessa, o quasi: il prezzo. Oppure per dirla con i colletti bianchi che biascicano il peggior managerese yuppie anni '80, il cost saving garantito da Tnt bopo un benchmark market oriented. Tante imprese i cui scaffali pullulano di codici etici di ogni risma avrebbero potuto dire no a fornitori di questo tipo. Anche perché certe cosucce su Tnt è un pezzo che si sanno. Di fronte però alla potenza del dio soldo i codici etici valgono più o meno come carta igienica. Usata. Questo dimostra che il mercato da solo non basta a definire una scelta aziendale coerente e corretta: il mercato da solo non basta. Ma ormai è il grimaldello con cui piano piano gli operatori meno scrupolosi impongono la loro legge, al di là delle regole comuni. Che alla fine si possono sempre aggirare, eludere, violare o se si può, anche cambiare con leggi ad personam. Di tutto ciò però nei comunicati sindacali non c'è traccia. Le maestranze che ora ad Altavilla o nel Bassanese rischiano il posto hanno mai preso in considerazione questi scenari? O il dover fare, senza pensare, è divenuto il paradigma unico supremo, dal precario sfruttato in cooperativa sino al grande finanziere internazionale? E in ultimo, come mai molti quotidiani locali al dramma dei lavoratori dedicano qualche rettangolino di pagina nascosta tra una notizia e l'altra?

Leggi tutti gli articoli su: Ndrangheta, Ilda Boccassini, TNT, sciopero Tnt, Pepé Flachi

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