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I segnali di ripresa (invisibili) richiamati da Napolitano

Di Citizen Writers Mercoledi 25 Settembre 2013 alle 18:32 | 0 commenti

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Riceviamo da Giorgio Langella e pubblichiamo - Il presidente Giorgio Napolitano si fa carico per l'ennesima volta di far sopravvivere il “suo” governo delle larghe intese. Afferma che governo e parlamento devono evitare la rottura perché ci sono i primi segni di ripresa e sarebbe un delitto non approfittarne.

Il presidente del consiglio Letta è sulla stessa lunghezza d'onda. La stabilità del governo ha la massima priorità. Forse anche per questo, Letta (da New York) dichiara che, riguardo alla decadenza di Silvio Berlusconi, “si troverà una soluzione nel rispetto dello Stato di diritto”. Ed è favorevole a una riforma della Giustizia (che, precisa, non è per salvare Berlusconi ma che, guarda caso, è quanto richiesto dal PdL subito dopo la sentenza della cassazione).

Evidentemente la sopravvivenza del governo viene prima di tutto. Il resto conta poco.

Intanto Telecom, a suo tempo generosamente ceduta a privati, diventa spagnola all'insaputa del suo presidente Bernabè. L'Alitalia praticamente regalata pochi anni fa ai cosiddetti “capitani coraggiosi” diventerà di Air France. Dismissioni che saranno pagate a caro prezzo dai lavoratori. Esempi, questi, di una crisi strutturale della nostra economia e di un'incapacità politica  e imprenditoriale di affrontarla.

Ma, secondo Napolitano e Letta, ci sono “segni di ripresa”. Anche se il PIL cala, cresce il rapporto debito/PIL (oltre il 130% con un debito che ha ampiamente superato i 2 mila miliardi di euro).

“Segni di ripresa” che risultano invisibili ai lavoratori e alle loro famiglie.

Considerando solo il periodo estivo, da inizio luglio a oggi, le crisi aziendali sono moltissime, in ogni area del paese, in ogni settore produttivo. Ne citiamo solo alcune, quelle rilevate scorrendo le notizie dei giornali. Una lista che è, comunque, lunghissima. Indesit, Plasmon, Knauf di Chivasso, Sangemini, Weissenfels (Tarvisio), De Tomaso (Grugliasco), Coop Afragola, Gruppo Monier (Lombardia), Targetti Poulsen (Firenze),  Marangoni Tyre (Anagni), Guess (Crevalcore), Prb di Fermignano (Marche), Ex Miroglio (Taranto), La Rotonda (Firenze), Irisbus di Flumeri, Cementificio Holcim di Merone, Edilcoop (Gemona), Eni (Gela), Crc di Colle val d'Elsa, Palini & Bertoli di S.Giorgio di Nogaro, Zerotwonine di Fucecchio, Minarelli (Bologna), Abit di Grugliasco, Eni, Ideal Standard (Pordenone), Ex Filanto di Casarano, Thun di Bolzano, Carapelli, E.On. di Fiume Santo, Dayli, Trombini, Bertocci di Sesto Fiorentino, Officine Rizzoli Ortopedia, Sandretto (Torino), Ericsson, Sinterama spa (Bergamo), Aptuit (Verona), Italcementi di Salerno, Whirpool (Trento), Galeati Perugia Industrie Grafiche srl di Trevi, Autogrill di Rozzano …  circa 10.000 lavoratori a rischio di perdere il posto di lavoro.

E ricordiamo anche la serrata del Gruppo Riva Acciaio (con oltre 1400 lavoratori “messi in libertà” senza stipendio), le crisi di MCS, Stefanel, Legrenzi, Infracom, Acciaierie Beltrame, Smit Textile, Brendolan … la chiusura dell'Alcoa con i lavoratori (sono circa 900 quelli coinvolti) che, proprio ieri, hanno occupato le sale della regione Sardegna e il “governatore”  Capellacci che si è rifiutato di incontrarli.

Sul fronte della mobilità in deroga, nella regione Veneto a fine agosto le domande sono state 7.948 con un aumento del 12% rispetto alle 7.102 dello scorso anno.

Segnali di ripresa? Ci vuole una buona dose di fantasia (o di malafede) per farci credere che ci siano.

Leggi tutti gli articoli su: crisi, Giorgio Langella, Giorgio Napolitano, Enrico Letta

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