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I licenziati Askoll P&C non si arrendono e mettono in guardia i colleghi di Vicenza: videoreportage della marcia su Dueville

Di Federico Pampanin Mercoledi 26 Febbraio 2014 alle 21:17 | 0 commenti

E’ di ieri la lettera di licenziamento collettivo, ma già stamane un centinaio di maestranze ed esponenti sindacali partiti da Castell’Affero (Asti) ha "invaso" la cittadina a nord di Vicenza, suscitando clamore e solidarietà della gente in piazza e dei lavoratori nella zona industriale come documenta insieme agli altri aspetti il nostro servizio per VicenzaPiùTv che segue il servizio di lancio del nostro collega Edoardo Andrein a testimonianza dell'impegno costante dei nostri media per l'informazione senza veli (qui le sue foto, ndr).

Scortato dalle forze dell’ordine,  il corteo dei ‘fischietti’ ha raggiunto gli edifici del Gruppo di Elio Marioni dove si è congiunta con alcuni colleghi vicentini tra gli applausi. Dietro i vetri della holding il silenzio, mentre fuori le sigle sindacali hanno dato fiato alla protesta e ringraziato l’accoglienza locale che pure non gode di una rappresentanza sindacale rilevante. Dopo Moncalieri nel 2011 la decisione di chiudere anche il sito di Asti entro giugno ha accelerato la preoccupazione nei lavoratori di Povolaro. 

QUEL PIANO B CHE NON C'E'  Sono oltre 200 le famiglie piemontesi a rischio lavoro se non verrà riaperta la questione. “Solo per una ventina” ha ricordato il segretario astigiano della Fiom Cgil Giuseppe Morabito “l’azienda ha inviato proposte di trasferimento su Vicenza con contratti a tempo determinato di uno-due anni al massimo, tra disagi logistici e nuove incertezze”. Per tutti gli altri, al momento, la proprietà non ha un piano di recupero chiesto a gran voce da tutti i sindacati, tra cui il nuovo utilizzo di ammortizzatori sociali. Ciò secondo le Rsu per incamerare la quota che spetta al lavoratore in casi di emergenza. “Un’ ingiustizia”- prosegue Morabito- “dettata dalla cinica speculazione, come i due milioni di euro recuperati sui nove del piano di rinnovamento ma reinvestiti altrove”.

TRA L'IPPODROMO E RENZI “La speranza di dare una soluzione lavorativa ai nostri colleghi licenziati è ancora viva” spiega il segretario Uilm di Vicenza Carlo Biasin. Ma la domanda nasce spontanea: con una trattativa "presso" il nuovo governo Renzi (accolto da fischi e arance a Treviso e niente incontro, guardacaso, con i sindacati  di uncliente importante e nostrano della Askoll, la Electrolux ndr)? Oppure con i capitali dell’azienda che, se riuscisse ancora a stringere i denti nell’astigiano, potrebbe, dicono i lavoratori, incamerare ordini dal mercato per la sua tecnologia superiore? Si parla di 30 milioni di euro, non facili da racimolare nella lotta al centesimo del bianco, ma che nella testa di chi perde il lavoro confrontati subito e con amarezza pari alla rabbia con i non pochi milioni pronti da investire sul centro internazionale equestre di Caldogno da 172 mila metri quadrati con ristoranti, negozi, residence e tutto il resto che starebbe per diventare cantiere sponsorizzato dallo stesso patron Elio Marioni.

PAURA PADRONALE Sono tante le domande ancora aperte e le riflessioni di questa ennesima pagina di dis-economia per i lavoratori, qualunque sigla sindacale o credo abbiano in testa. Il dramma è stato addolcito dalla solidarietà nei sistemi di protesta pacifica ma irremovibile (“ben tredici giorni di sciopero” ricorda Silvano Uppo, segretario Uilm di Asti) che ha stupito le smize Rsu locali e gli stessi colleghi vicentini. Questi ultimi, peraltro, restii a concedere dichiarazioni ai pochissimi media nostrani che si sono interessati alla vicenda, specchio della realtà padronale nostrana che vigila anche sull'informazione locale e che, purtroppo, sta diventando, se già non lo fosse da tempo, uno degli elementi di debolezza intrinseci al sistema una volta molto, troppo, lodato del nord est. Così come l’evasione fiscale e la corruzione, contro cui, nel momento in cui a Roma arriva Matteo Renzi accompagnato dal suono delle fanfare che, però, dovranno fare rima col fare, non bastano più nè parole nè santi.

LICENZIATI STRATEGICI Quello incontrato oggi è Santo Romeo, responsabile al Controllo Qualità in Askoll P&G. Padre di famiglia, passato dalle promesse di paradiso per l’ex Ceset all’inferno di un licenziamento. Che ha deciso di raccontarci a telecamere spente la sua impressione di un paradossale impoverimento graduale: “Ci sono degli errori di valutazione a monte: quando eravamo parte della multinazionale Emerson, tra italiani, rumeni e cinesi le quota di lavoratori acquisita da Askoll si attestava sulle 3000 unità. Una situazione difficile da gestire e sostenere anche per un’azienda prudente, figuriamoci per chi decide di investire con piani di sviluppo ambiziosi. Non è tanto l’idea in sé di rinnovare il mercato che guasta, anzi all’inizio eravamo felici di lavorare per un impresa italiana capace di assorbire i debiti della multinazionale e addirittura rilanciare il settore: ma non poteva funzionare per la Askoll”. Come mai in soli cinque anni si è passati alla decisione di chiudere? “Dal punto di vista strategico passare ad una tecnologia nuova si è trasformato in un boomerang: abbiamo regalato fette di mercato agli stessi competitors italiani, che hanno abbandonato i vecchi motori elettrici nei tempi corretti all’andamento del mercato. Prima avevamo un know how più obsoleto ma apprezzato, adesso siamo più avanzati ma ancora sconosciuti. Ci hanno sventrato e trasformato, con un rischio troppo alto soprattutto per i lavoratori. Dopo una CIGS estesa a tutti e quando gli ammortizzatori sono finiti nessuno è stato più al sicuro. Era una possibilità che non andava presa in considerazione e invece per motivi speculativi è successo. Insomma anche il destino di noi stessi era in preventivo. Qui a fianco a me ci sono le migliori maestranze di quella che una volta era un’eccellenza della metalmeccanica astigiana. Mai e poi mai avrei pensato dopo 25 anni di lavoro alla Ceset, come amiamo ancora chiamarla noi, di finire licenziato a protestare davanti ai cancelli della holding vicentina”


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