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Gli epiteti a rumena "di merda"e i "buuh" a Koulibaly figli di Donazzan e Salvini: in un tweet la lezione del campione, "uomo" vero nel calcio figlio di questa pessima "Italia first"

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 22:14 | 0 commenti

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"Sabato 22 dicembre, in occasione dell'apertura di una sede di Forza Nuova in Veronetta e dell'anniversario dell'apertura della sede di CasaPound, nello stesso quartiere - si legge su Veronesi aperti al mondo -, si sono verificate almeno due aggressioni...". La prima ai danni di una donna di nazionalità rumena che ha raccontato, piangendo, che un "uomo l'aveva insultata dicendole «straniera di merda» e che le aveva dato un forte calcio su piede... Sono vent'anni che sono qua, e ancora sono straniera...". Vi meravigliate? 

Noi no se non un una persona qualunque ma una rappresentante delle Istituzioni, Elena Donazzan, addirittura Assessore all'istruzione, alla formazione e al lavoro, che spesso sottolinea le sue simpatie "nere", omofobe e razziste, apostrofò un altro straniero come "magrebino di merda!" e "bastardo!", balzando così agli onori delle cronache nazionali e locali.

Ieri a Milano, per Inter - Napoli, è successo di tutto con gli sviluppi noti (scuse del sindaco Sala, solidarietà di Ronaldo e Icardi, partite a S. Siro a porte chiuse, interdizione delle trasferte ai tifosi nerazzurri...): da un agguato squadrista , così l'ha definito il questore della città, di un centinaio di ultras (delinquenti) interisti a tifosi del Napoli in cui c'è scappato un morto, a una sequela di "buuuh" razzisti indirizzati durante tutta la partita al giocatore azzurro senegalese Kalidou Koulibaly. Vi meravigliate? 

Noi no, se  non un una persona qualunque ma un rappresentante delle Istituzioni, Matteo Salvini, ministro degli Interni, anche lui innamorato delle destre, che corteggia, degli ultras pregiudicati, che abbraccia, e dei razzisti, che incita all'odio, ha commentato tutto con un "non si può morire per una partita" dimenticando l'odio razziale di chi, nascondendosi dietro i suoi "prima gli italiani", si sentono autorizzati a trasformare una partita in una corrida contro l'uomo nero...

A tutti, al ministro (?) Salvini, all'assessore (?) Donazzan e ai campioni (?) non solidali dedichiamo quanto ha scritto ieri Kalidou: «Mi dispiace la sconfitta e sopratutto avere lasciato i miei fratelli!Però sono orgoglioso del colore della mia pelle. Di essere francese, senegalese, napoletano: uomo». 

Noi non ci meravigliamo di questa grande lezione di dignità anche a tutti gli altri giocatori di colore (che brutta espressione!, ma così la capiranno Matteo Salvini e Donazzan), che non sono corsi dal campione africano ad abbracciarlo rifiutandosi di continuare a giocare, come da tempo dovrebbe imporre il mondo vile del calcio, figlio di quest'Italia a cui non ci piace inneggiare con "Italia first".


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