Quotidiano | Categorie: Cultura

Giuseppe Laterza e la "rivoluzione pacifica della cultura"

Di Piero Casentini Mercoledi 11 Gennaio 2017 alle 14:30 | 0 commenti

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Stamane è apparsa su Il Fatto Quotidiano un'intervista di Stefano Feltri a Giuseppe Laterza, presidente dell'omonima casa editrice. I Laterza, editori ubiqui (Roma-Bari) da generazioni, contribuiscono dall'inizio del Novecento a diffondere e tradurre libri, talvolta scomodi, spesso stimolanti, quasi sempre ben fatti. Furono gli interlocutori preferiti da Benedetto Croce, capaci di gabbare la censura fascista pubblicando John Milton, Aldo Capitini e tanti altri. Oggi, nel mezzo di una grave crisi economica, politica e sociale, Giuseppe Laterza "sembra fuori fase", scrive Feltri, perché ritiene che "la cultura ci renda cittadini migliori": è convinto che i libri, mettendo in moto le idee, alimentino il "dubbio metodico" di cui è fatta la cultura, esercitando il quale "si prendono anche meno cantonate". 

Laterza dice che la politica dei tecnici non basta, perché vanno definiti i "valori di riferimento" di una società, "non basta riparare il rubinetto", e per farlo è necessaria la cultura, ma soprattutto la lettura, non solo di narrativa, ma soprattutto saggistica. Potrebbe sembrare un appello interessato, dato che nella casa editrice Giuseppe Laterza è responsabile proprio del settore dedicato ai saggi e alle pubblicazioni universitarie, ma il suo pensiero è lucido e coinvolgente: egli ritiene che vi sia in Italia una minoranza, fatta da quei 2-3 milioni di lettori, visitatori di musei e di mostre, partecipanti ai vari festival culturali, che è già una "élite potenziale che non coincide (se non in minima parte) con i parlamentari, con gli amministratori pubblici ma neanche con i manager privati". Questa minoranza, "in tutti i Paesi c'è una minoranza che guida la maggioranza", dovrebbe "smettere di piangersi addosso", farsi sentire e prendere il potere. Una parola. Verrebbe da chiedere all'editore come potrebbe fare questa piccola élite culturale ad arrivare al potere, quando i partiti sono arroccati e gestiti in maniera clientelare, i sindacati rappresentano una esigua fetta di lavoratori, l'instabilità è diventata sistemica. Molti, soprattutto tra i giovani, si accontenterebbero di arrivare alla fine del mese con uno stipendio dignitoso, senza elemosinare dai genitori e dai nonni il denaro che il lavoro precarizzato oggi non garantisce. Manca poi un accenno al mondo dell'università e della scuola, spesso in virtuoso collegamento con la Laterza, da qualche anno piegato alle esigenze del mercato e appiattito in un linguaggio di crediti e di debiti più adatto ad una filiale di banca che ad un'aula scolastica. La "rivoluzione pacifica della cultura" auspicata da Giuseppe Laterza la vorrei vedere e stimolare anch'io. Ma nell'Italia di oggi, dove con una laurea si può aspirare all'insegnamento dopo un percorso ad ostacoli pressoché infinito, ma col diploma e buone conoscenze si può arrivare ad un dicastero, chi ci crede più?


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