Giacomo Zanella e il lavoro: La Voce del Sileno anno 2, 1° maggio
Lunedi 1 Maggio 2017 alle 12:45 | 0 commenti
Il secolo decimonono è uno dei più importanti per la storia recente dell’Europa e del mondo; è l’epoca nella quale visse Giacomo Zanella (1820-1888), fu teatro di grandi avvenimenti, ma anche di rapide e importanti trasformazioni nella società e nel lavoro che iniziò a svilupparsi dalla provincia vicentina in lavoro industrializzato. Diversi imprenditori furono protagonisti di questo sviluppo e piace ricordare il cugino del poeta Alessandro Rossi; costoro seppero coniugare l’abilità imprenditoriale e la capacità lavorative delle popolazioni rurali e artigianali, che non abbandonarono, per inurbarsi, le campagne, ma seppero, come sanno anche oggi, unire campo e tornio, vigna e telaio. Nascono, accanto alle industrie le società di mutua assistenza tra lavoratori, celebre ancor oggi la Società del Mutuo Soccorso di Vicenza, voluta dal cattolico Fedele Lampertico, nascono le cooperative, tra cui le bancarie, nell’ambiente cattolico e più tardi in quello socialista.
È un fiorire di iniziative che hanno nel lavoro il loro fulcro. (cfr. Emilio Franzina, Il poeta e gli Artigiani, Padova, Il Poligrafo, 1988). In questa temperie proprio la concezione del lavoro dà luogo a numerose riflessioni. In questo contesto agiscono ed operano la filosofia positivista, punto di riferimento del liberalismo, il marxismo e la prospettiva della dottrina sociale della Chiesa Cattolica culminata con le encicliche Rerum novarum e Graves de communi re di Leone XIII.
Il sacerdote Giacomo Zanella svolge la sua vita di presbitero, di educatore, di poeta e uomo civile in queste vicende e in quelle non meno importanti che portarono all’Unità d’Italia. La sua poesia, impregnata di sapere classico, di cristianesimo, di rispetto e amore per la scienza e la tecnica, sa coniugare la globalità della vita umana e il suo anelito a Dio. Il poeta ci pone di fronte ad una visione positiva del lavoro, quella “buonaâ€, come afferma il Franzina, (ivi, p.11). Ciò è oltremodo importante proprio quando ad essa si accostava una visione negativa e di proposta anche violenta di ribaltamento della società . Ciò è ben attestato dal Manifesto del Partito Comunista, scritto da K. Marx e F. Engels nel 1848 e i cui fondamenti saranno analizzati nella ponderosa opera Il Capitale.
Nello scritto di propaganda, nella Conclusione, è evidenziato: “I comunisti sprezzano l’idea di nascondere le proprie opinioni e intenzioni. Essi dichiarano apertamente di poter raggiungere i loro obiettivi solo con il rovesciamento violento di ogni ordinamento sociale finora esistente. Che le classi dominanti tremino al pensiero di una rivoluzione comunista. I proletari non hanno da perdervi che le proprie catene. Da guadagnare hanno un mondo. Proletari di tutti i paesi unitevi!â€. Questa visione era stata già compresa dal filosofo Antonio Rosmini, ben conosciuto e apprezzato a Vicenza, nel 1847 nello scritto Ragionamento sul comunismo e socialismo (Padova CEDAM, 1848), dove ne aveva individuati i caratteri che si chiameranno totalitari.
Il pensatore roveretano ne individuava la negatività e l’illusorietà , delineando i movimenti come totalitari e incapaci di dare alla società quella visione positiva che non è solo per il lavoro, ma anche per il suo stesso fine, che non è quello economico, ma spirituale e morale. Non sfugga che una società orientata al solo benessere materiale, finisca per involgersi in questo e negare la stessa dignità all’uomo, come si conosce dalla denuncia che è stata fatte dei regimi totalitari comunisti, che non sono secondi a nessuno, nemmeno a quelli del nazionalsocialismo, nel negare proprio la dignità all’uomo, colpevole solo di non pensare come prescritto dal Partito che vuole essere democratico, ma solo per comodità politica.
Giacomo Zanella con la poesia intervenne anche nelle questioni sociali tra cui il lavoro, ma anche le tristi condizioni che la popolazione viveva dopo l’Unità d’Italia, come attesta la composizione Il piccolo calabrese. Il tema del lavoro è affrontato in diverse poesie, dedicate ad imprenditori come F. Lampertico, A. Rossi, altre alle realizzazioni umane, tra cui ricordiamo Per il Taglio dell’istmo di Suez, L’industria; Il Lavoro, Le Nuove generazioni, e non mancano in altre riferimenti al progresso scientifico dell’uomo e all’incidenza di questo nella vita spirituale come attestano le opere Sopra una conchiglia fossile e il carme, in latino L’evoluzione, non dimentichiamo Milton e Galileo e Sopra certi sistemi di fisiologia. Il poeta ebbe sempre una visione globale dell’uomo, mai riduttiva ad un solo suo aspetto e nemmeno relativistica, ossia considerare che solo l’aspetto della contingenza sia fondamentale come ebbe a sostenere in Religione e lavoro: discorso dell'ab. prof. Giacomo Zanella letto alla società di mutuo soccorso degli artigiani vicentini nella chiesa dei SS. Faustino e Giovita per la festa del patrocinio di S. Giuseppe: 11 maggio 1862 (Vicenza, Tip. Paroni, 1863). Ebbe una concezione universale che ben espresse anche nel suo servizio pastorale, inteso al servizio della persona e mai delle cose (cfr. il mio. Zanella sacerdote, Vicenza, Editrice Veneta, 2015)
In tutte le composizioni ciò che interessa a Zanella è l’uomo, la sua opra, quanto egli compie e ciò perché la prima e principale caratteristica dell’uomo fin dalla sua nascita, sostiene nella poesia Ad A.Rossi: “Questo re del futuro attraversava/Nudo la terra./ Quando più non si vide alla pianura/pascer lo smisurato mastodonte/ nudo l’uomo soletto usciva a fronte/ della natura/ Nudo sì, ma pensante…", ovvero capace di determinarsi con il “suo ingegno†e costruire e mai dimentico che “Dal casolar del Legniaiuolo ebreo/ fra le sviate genti uscì dottrina/ che fe’ santo il lavoro e l’officina/".
Il lavoro ha nella storia umana grande importanza e se spesso è indicato come fatica, come sudore, basti pensare al sinonimo “faticare†e anche “travagliareâ€, bisogna ricordare che anche Dio lavorò alla creazione e se l’uomo, peccatore, dovrà guadagnarsi da vivere con il sudore della fronte, non per questo il lavoro verrà considerato come negativo ma fonte di realizzazione dell’uomo. Iddio stesso, narra il Genesi, dopo aver lavorato per sei giorni, si riposò. Nel mondo cristiano come non ricordare le varie parabole che parlavo del lavoro, dell’impegno e anche della giusta remunerazione e come non ricordare il famoso motto benedettino “ora et labora†Il cristianesimo inoltre è l’unica grande religione il cui Fondatore ha lavorato manualmenteâ€. Attraverso Cristo, Dio ha rivelato all’uomo il dovere di collaborare alla Creazione col “sudore della fronte†dice la Bibbia, cioè col lavoro personale; e San Paolo afferma: “Chi non lavora non mangiâ€. Basterebbe ciò per considerare anche nei nostri tempi che il lavoro è realizzazione, esce dalla stretta e sola necessità , insomma il lavoro non è sfruttamento dell’uomo sull’uomo, come qualche visione politica ha costantemente fatto balenare e che ha educato i giovani. Il lavoro è così importante e valido che ancora abbiamo orrore quando leggiamo quello che il nazionalsocialismo scrisse all’entrata di Auschwitz.
Il lavoro va considerato in tutto il suo valore, come autentica realizzazione dell’uomo e a questa indicazione a questa passione di vita, si riferisce Zanella nella composizione Il lavoro, dove gli uomini vengono invitati a “Spontanei/ voliamo al lavoro/ il tempo precipita/ il tempo è tesoro/â€. Così, descrivendo l’avvio al mattino al lavoro Zanella ha modo di esaltare il lavoro che dà il pane.
L’uomo fa l’economia, non l’economia l’uomo sembra dirci il poeta. Ciò è di rilevante importanza, proprio perché l’uomo va considerato globalmente non solo in uno dei suoi aspetti. L’homo oeconomicus che spesso sembra l’unico esistere anche nella nostra società , è un uomo parziale, incapace di fede nel cuore, quella che gli prospetta il futuro, tanto che “dovunque Dio pasce i suoi figli;/ Dovunque a’gagliardi fortuna sorrideâ€.
L’uomo, la sua opra, cioè il lavoro lo rende degno e significante nel mondo; e ciò insieme agli altri uomini. Proprio nella poesia L’uomo è nato alla società , Zanella ben intravede il valore del secolo che si presenta alla sua riflessione poetica. L’uomo vive in società per questo ha la favella e questo suo vivere insieme non è per la sola necessità per i bisogni diremo oggi. L’uomo, questo essere pensante, capace di libertà , di lavoro, di vita sociale, di amore, quest’uomo ama Zanella. Il lavoro è sì condizione della vita dell’uomo e la riflessione di Zanella ci invita a considerare oggi il lavoro in un’ottica diversa, come valore, come realizzazione, come continuazione dell’opra di Dio nella creazione, sempre considerando che il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro. Se negli ultimi decenni il valore del lavoro è sceso nella considerazione anche dei nostri giovani, ciò è dovuto principalmente ad una duplice e contrapposta visione; da un lato il lavoro è solo un fatto economico che determina la dimensione politica, dall’altro esso è riguardato come solo potere d’acquisto e come sfruttamento. Due facce della stessa moneta, che rendono l’uomo non artefice ma schiavo del lavoro. Superare questa visione economicistica del lavoro è quanto mai urgente anche in questo nostra epoca di crisi e per il domani, sarà quanto mai urgente cambiar la nostra opinione perché supereremo la crisi stessa non riproducendo il vecchio modo usato a vivere e a lavorar, ma dando pieno significato a quanto l’uomo saprà e dovrà compiere per sé e per la società quando saremo a febbril opra intenti ( Zanella, A san Giuseppe).
Nella raccolta Astichello, nel sonetto XXVII ben è riassunta la visione del lavoro che ebbe il poeta Zanella e come sapeva ben indicare coloro che molto parlano e poco operano per il bene, quei politici che mirano ai propri vantaggi più che a quelli del popolo e della sua crescita morale e spirituale.
XXVII
Quando nel pio settimanal riposo
Di chiesa uscito il popol si rauna
A vespertin concilio, ove l’annoso
Pioppo i sedili del crocicchio imbruna;
Â
E chi il diman pronostica piovoso,
E chi confida nella nova luna;
Questi dell’opra e del balzel gravoso,
E quei si lagna che più rea fortuna
Â
Di giorno in giorno i fittaiuoli attenda,
Se amor del giusto, o salutar sgomento
Più miti sensi al ricco non apprenda;
Â
Noto il semplice dir; né duolmi molto,
Se de’ compri Soloni in Parlamento
Il ventoso boato non ascolto.
La voce del Sileno
Anno 2, 1 maggio
Coordinatore de "La voce del Sileno"Â Italo Francesco Baldo
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