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Fusione fredda

Di Marco Milioni Lunedi 11 Marzo 2013 alle 20:22 | 0 commenti

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«La fusione tra Aim Trasporti ed Ftv è cosa fatta». Il mantra i vertici delle istituzioni vicentine lo ripetono da dieci anni. Quella dell'accorpamento delle due compagnie pubbliche del trasporto è una specie di prezzemelo che ogni tanto salta fuori. Una tiritera che la partitocrazia ogni tanto tira fuori dalla naftalina come si fa col vestito della cresima, salvo poi farlo sparire nei bauli della politica e dei grand commis di palazzo.

Ma che cosa c'è dietro a questi continui annunci? E soprattutto la fusione è qualcosa di utile o quantomeno necessario? Parlando in generale la fusione porta con sé aspetti senza dubbio positivi. Se due realtà di un certo peso come le due spa, municipale de facto Aim, provinciale Ftv, si incontrano, i benefici teorici sono diversi. Concentrazione delle centrali di acquisto, economie di scala, coordinamento integrato tra la dimensione del capoluogo e quella periferica, maggior peso in sede politica per spuntare, quando possibile, più risorse per il trasporto pubblico, possibilità di avere una visione unitaria della politica aziendale. Le incognite però non mancano. Basti pensare che se Aim potrebbe, il condizionale è d'obbligo, perfettamente integrarsi con le politiche della mobilità cittadina visto un ambito di esercizio molto omogeneo, lo stesso non è detto si possa verificare quando l'ambito diviene più vasto come nel caso della società di viale Milano.

Ad ogni buon conto un approdo però non è mai arrivato. E senza che i soggetti che per anni hanno governato a palazzo Trissino o a palazzo Nievo fornissero motivazioni plausibili. Più e più volte dai rispettivi management, Ftv in primis, sono partite stilettate sotto il pelo dell'acqua, con le quali si accusava la controparte di avere una gestione interna o pachidermica, o poco efficiente, o poco attenta alla esigenza dell'utenza o dei lavoratori. Può essere vero tutto e il contrario di tutto, ma c'è una questione di fondo che pesa sulla storia recente delle due spa. Da tempo immemorabile in tutte e due il peso delle liason indesiderabili, quello delle clientele e quello di una sorta di cogestione de facto imposta da un pezzo del sindacato è un fatto storico. E l'arco temporale non è di breve respiro ma è almeno trentennale.

Quale è la novità di questi anni? La novità sta nel mutato atteggiamento da parte degli enti sovraodinati a comune e provincia, a partire dalla regione, che per motivi diversi, crisi o «mala gestio della res publica», hanno cominciato piano piano a ridurre i trasferimenti a beneficio di una mobilità pubblica senza che politica ed istituzioni preparassero il terreno affinché in un decennio maturassero quelle novità tali da scoraggiare il trasporto privato a beneficio di un efficiente, innovativo ed «ecologicamente congruo» sistema del trasporto pubblico. I paragoni con realtà europee come Francia, Germania, Austria, paesi scandinavi sono così schiaccianti da non ammettere appello. Il tutto mentre le imprese della mobilità locale si allontanavano dagli standard ottenuti dalle migliori realtà del vecchio continente.

In questo contesto il monito lanciato alcuni giorni fa dalla Cgil trasporti di Vicenza suona come un qualcosa a metà tra il lamento lancinante e la campana a morto: «Siamo a ricordare che i lavoratori di Aim Mobilità, nel ridursi il salario di circa mille euro all'anno, al fine di salvare l'azienda che prospettava la chiusura del bilancio con tre milioni di euro di disavanzo e quindi salvaguardare i posti di lavoro e il diritto alla mobilità dei cittadini, hanno concesso un grosso credito di fiducia all'azienda, alla proprietà e alle amministrazioni comunale e provinciale, le quali avrebbero dovuto attivarsi a metter in atto tutta una serie di operazioni... sia sull'efficientamento aziendale, sia sulla viabiltà cittadina... Ad oggi abbiamo purtroppo dovuto constatare che chi ha pagato il disavanzo di bilancio sono stati solo i lavoratori attraverso la decurtazione salariale e i pensionati alla quale l'azienda (già preannunciato nell'ambito dell'accordo) ha azzerato i benefit per un importo totale di circa 150 mila euro. Per tutto ciò che era di competenza di altri, particolarmente della proprietà, c'è stato un nulla di fatto... Le ultime dichiarazioni ufficiali del commissario della provincia portano ad altre strade: sembra che la proprietà di Ftv abbia abbandonato il progetto d'integrazione con Aim mobilità e voglia proseguire da sola». Paradossalmente in questo quadro i motivi, presunti o reali che siano, che possono eventualmente avere indotto la dirigenza dell'una o dell'altra parte a non proseguire verso la fusione non hanno alcun peso. Anzi non hanno alcun significato: se, come sempre è stato ribadito, l'aggregazione è una necessità della collettività, allora gli strumenti si sarebbero dovuti trovare in un tempo ragionevole.

Ciò che veramente conta è il fallimento di un pezzo cospicuo della classe dirigente berica nel cui canestro vanno ricompresi sia i politici, sia gli amministratori, sia il management delle due società. Ora per qualcuno potrebbe essere facile giustificare la cosa con il segno politico differente tra comune, in mano al centrosinistra, e provincia, in mano al centrodestra. Si tratta di una motivazione non sostanziata però. Per oltre un decennio, dalla fine dei '90 sino al 2008 il centrodestra ha avuto il pallino dal comune sino alla regione: con lunghi periodi di governo anche a Roma. Nulla s'è fatto. Quindi il colore politico non c'entra. Ciò che conta è che nelle politiche della mobilità il Vicentino, ma non solo il Vicentino, paga in questi mesi lo scotto del fallimento epocale di una intera classe dirigente che abbraccia i grandi partiti tradizionali ma anche settori importanti di sindacato, dell'impresa privata, del management pubblico e via dicendo sulla via del tramonto.

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