Filosofia e amore, qualche appunto: da La voce del Sileno
Domenica 4 Dicembre 2016 alle 10:55 | 0 commenti
Per gentile concessione di "La voce del Sileno", Anno 1-2016 - 30 novembre
Molti nel corso dei secoli, a partire dai filosofi presocratici, hanno dissertato sull’amore, che tanto coinvolge gli uomini e sul quale difficile è fare chiarezza. L’eros avvince, ma l’eros, legato oggi solo alla sfera sessuale, per non dire solo genitale,  diviene solo piacere sensibile che ha una sua stagione, quella dei giovani, ma poi se non si trasforma in qualcosa di più elevato, di intelligente diremo, finisce per diventare dimensione “laida†della vita. Ben lo sapeva Empedocle, cui Paolo Lioy dedicò un saggio, rimasto sconosciuto anche in occasione del centenario dello studioso, ne quando sosteneva che l’amore tiene unite tutte le quattro radici che formano l’universo (terra, acqua, aria e fuoco).
Sarà però Platone a darci il primo e grande saggio sull'amore, partendo proprio dalla sfera sessuale, ma comprendendo bene che se non si sublima questa forza, allora essa diviene solo piacere sensibile e negativo. Nel Simposio (200 a segg.) con chiarezza afferma che l'amore, eros, è un desiderio di acquistare e o conservare ciò che non si possiede e pertanto gli uomini tendono a ciò, è anche un desiderio di vincere la morte, generando, ossia lasciando qualcosa di vitale dopo di sé. In secondo luogo l'amore è tensione verso la bellezza e la bellezza nel mondo greco è sempre e solo armonia di proporzioni anche riferite alle persone e alle loro relazioni. La bellezza sensibile, la prima coglibile, si protende verso quella della sapienza, cioè della filosofia che è l'amore più nobile che possa esistere. Amor di sapienza intitolava Mario Dal Pra, uno dei suoi primi saggi (Tip. Comm.Le Ed. Vicenza, s.d., e seconda edizione 1941), per intendere l'avviamento elementare allo studio della storia della filosofia e della pedagogia. Così nei secoli le riflessione del grande filosofo greco sono rimaste alla base di ogni riflessione intorno all'amore, anche quando il cristianesimo ha proposto la sua visione dell'amore, non più come eros, ma agape, come su ciò ha ben riflettuto su questo Benedetto XVI nella sua enciclica Deus caritas est Nel mondo dei greci egli considera che essi "senz'altro in analogia con altre culture - hanno visto nell'eros innanzitutto l'ebbrezza, la sopraffazione della ragione da parte di una « pazzia divina » che strappa l'uomo alla limitatezza della sua esistenza e, in questo essere sconvolto da una potenza divina, gli fa sperimentare la più alta beatitudine. Tutte le altre potenze tra il cielo e la terra appaiono, così, d'importanza secondaria: « Omnia vincit amor », afferma Virgilio nelle Bucoliche - l'amore vince tutto - e aggiunge: « et nos cedamus amori » - cediamo anche noi all'amore [2]. Nelle religioni questo atteggiamento si è tradotto nei culti della fertilità , ai quali appartiene la prostituzione « sacra » che fioriva in molti templi. L'eros venne quindi celebrato come forza divina, come comunione col Divino." Con il cristianesimo non l'eros ma l'agape e questa, dice san Paolo (1 Cor 10, 17), è l'unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona. Io non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi. La comunione mi tira fuori di me stesso verso di Lui, e così anche verso l'unità con tutti i cristiani. Diventiamo « un solo corpo », fusi insieme in un'unica esistenza. Amore per Dio e amore per il prossimo sono ora veramente uniti: il Dio incarnato ci attrae tutti a sé. Da ciò si comprende come agape sia ora diventata anche un nome dell'Eucaristia: in essa l'agape di Dio viene a noi corporalmente per continuare il suo operare in noi e attraverso di noi. Solo a partire da questo fondamento cristologico-sacramentale si può capire correttamente l'insegnamento di Gesù sull'amore. Il passaggio che Egli fa fare dalla Legge e dai Profeti al duplice comandamento dell'amore verso Dio e verso il prossimo, la derivazione di tutta l'esistenza di fede dalla centralità di questo precetto, non è semplice morale che poi possa sussistere autonomamente accanto alla fede in Cristo e alla sua riattualizzazione nel Sacramento: fede, culto ed ethos si compenetrano a vicenda come un'unica realtà che si configura nell'incontro con l'agape di Dio. La consueta contrapposizione di culto ed etica qui semplicemente cade. Nel « culto » stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l'essere amati e l'amare a propria volta gli altri. Un' Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata"
Nel mondo medioevale la mistica soprattutto si è occupata dell'amore con Ildegarda di Bingen, Libro delle visioni, e il logico beato Raimondo Lullo con il Libro dell'amato all' amante. Ricordiamo anche come nella prospettiva monastica dei Carmelitani Scalzi venga ripreso proprio il tema dell'amore come fondamento stesso della realtà religiosa e ciò in particolare con le Sante Terese (D'Avila, Di Lisieux e Edith Stein).
Nella linea filosofica il neoplatonismo fiorentino nel Quattrocento riprenderà la visione platonica. In Niccolò Cusano con la riflessione Tota pulchra est amica mea (ultima ed. Vicenza, Editrice Veneta 2012). E' una predica dedicata alla Madonna per la sua nascita l'8 settembre, ma riflette su tutto il valore della bellezza che è divina e si fonde nell'amore armonico tra il Creatore e la creatura di cui è simbolo la Theodokos, la madre di Dio.
Sarà Marsilio Ficino nel suo Sopra lo amore ovvero Convito di Platone a riportare in auge la visione del filosofo greco, ma una visione attenta anche della elaborazione cristiana, tanto che il saggio si chiude con In che modo si debba rendere grazia a lo spirito santo che ci ha illuminati e accessi a disputare di amore . Il neoplatonico fiorentino con chiarezza avverte intorno all'amore volgare, quello che dovrebbesi chiamare solo amore sensuale che porta al piacere, ma non eleva l'uomo. In questo la lezione di Platone è evidente, ma è pure evidente che, amore che egli intende è amor della Sapienza divina e "amandola tutta con affetto d'Amore, tutta ancora con Amore perpetuo la godiamo."
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