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Electrolux, epilogo inevitabile

Di Citizen Writers Mercoledi 29 Gennaio 2014 alle 11:50 | 0 commenti

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Riceviamo da Massimo Pantano, esponente della Fim Cisl di Bassano del Grappa e pubblichiamo - La vicenda Electrolux è su tutte le pagine dei giornali. Tutti dicono che la multinazionale svedese sta attuando un ricatto sui lavoratori. I politici gridano che non è giusto. I lavoratori protestano. I sindacati tenteranno di salvare il salvabile e ci riusciranno. Probabilmente si farà un accordo che comunque ridurrà gli stipendi. Meno di quel che dice di volere l’azienda ma sarà così.

In realtà quello che sta accadendo a Porcia e a Susegana è già accaduto in molte piccole realtà anche senza accordi sindacali. Quello che accade nel nostro paese è che le inefficienze del sistema paese le pagano solo i lavoratori dipendenti ed i cittadini in genere.

Leggendo nelle pagine economiche dei giornali scopriamo che la maggioranza delle imprese delocalizza in paesi dove gli stipendi sono simili ai nostri. Quello che cambia è l’affidabilità del Paese stesso, l’applicabilità delle leggi, le infrastrutture, il costo del lavoro è più basso non le retribuzioni.

Ecco allora tornare un vecchio ragionamento: perché un impresa deve investire in un paese dove la giustizia è incerta (almeno nei tempi), le strade sono strette e tortuose, le autostrade costose, le infrastrutture insufficienti, i treni in ritardo, i porti inefficienti, e l’energia costa il 30% in più che altrove.

Un' impresa che investe in un paese come questo ha un'unica leva su cui operare, le retribuzioni dei lavoratori.

Se qualche anno fa eravamo indisponibili a discuterne era perché il lavoro non mancava, ma oggi, al sesto anno di crisi, con il 13% di inoccupati (45% di giovani), nulla è più tabù.

L’Elecrolux lo sa e ne approfitta.

Ma noi dobbiamo assolutamente allargare il nostro orizzonte e dire con forza ai nostri politici: “tempo scaduto!” servono le riforme per noi, per non dover andare ancora più indietro. Dobbiamo trovare la forza di dire che le TAV servono alle nostre retribuzioni, e quindi, con buona pace degli oppositori si avviino i cantieri. Dobbiamo dire alle città portuali che gli scali merci servono alle nostre retribuzioni e quindi vanno resi efficienti. Dobbiamo dire certo che il territorio non va consumato ma si può e si deve ristrutturare liberando le campagne dai capannoni vuoti ma costruendo poli intermodali. Dobbiamo avere la forza di dire ai nostri politici, tutti: o riducete il cuneo fiscale sul lavoro o andatevene. Via da quel che resta del nostro lavoro. Dobbiamo pretendere una riforma del mercato del lavoro che guardi alle imprese e alle persone, si può e si deve fare. Dobbiamo pretendere che giudici e magistrati emettano sentenze eque e rapide. per far ciò servono leggi più semplici e procedure più snelle.

Per questi motivi il porto di Venezia non è un problema dei veneziani ma dei veneti e degli italiani. Per questo motivo l’autostrada del Valdastico nord non è un problema di Vicenza e Trento, ma degli italiani, così pure la pedemontana in ritardo di 20anni. E la ferrovia Trento Bassano Venezia non riguarda solo Bassano tutto il nord-est. La metropolitana di superficie riguarda tutti noi.  I Tribunali efficienti ci servono.

Bisogna smetterla di pensare al nostro campanile e guardare a come rendere attrattive per le imprese le nostre aree industriali, allargando le strade e costruendo le bretelle di collegamento. Finche un piccolo sindaco può impedire una grande opera chi paga saranno le nostre buste paga.

Certo servono progettisti seri, amministratori innamorati del giusto, cittadini consapevoli che con i comitati dei no non si va avanti.

E’ una montagna di lavoro da fare. Nel frattempo, la cosa più semplice resta la riduzione degli stipendi e dei salari. Resta l’aumento dei ritmi di lavoro. Restano solo le trattative tra le parti. Resta solo il malessere della gente e la povertà che aumenta.

Non dobbiamo arrenderci e pretendere il cambiamento.

Leggi tutti gli articoli su: Electrolux, Massimo Pantano

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