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Due note. Fuori dal coro

Di Giorgio Langella Venerdi 19 Luglio 2013 alle 23:36 | 0 commenti

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In questo 19 luglio pieno di notizie (non ultime il salvataggio del ministro Alfano da parte di una maggioranza compatta nel difendere l'indifendibile, il rinvio a giudizio di Matteo Marzotto e altri per il noto caso della questione del marchio Valentino, e la "stravagante" protesta di Dolce e Gabbana indignati perché un assessore milanese li ha chiamati evasori ... sono stati recentemente condannati per questo) faccio delle riflessioni su due fatti che mi sembrano molto importanti per il futuro della nostra povera Patria. Facciamo qualcosa. Presto!

Fanno a pezzi lo Stato. Oggi il ministro dell'Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni ha dichiarato che si potrebbero vendere quote di ENI, ENEL e Finmeccanica che attualmente sono di proprietà del Tesoro. Poi, con abile (e ambigua) mossa, fa una quasi smentita dichiarando che non sarebbe una cessione di pacchetti azionari, ma un loro utilizzo come garanzia per operazioni finanziarie.

In pratica, nonostante i giochi di parole della quasi smentita immediata, fa capire che il governo è pronto a privatizzare qualsiasi proprietà statale (e, quindi, di ogni cittadino), anche quelle industrie strategiche che producono utili ed entrate per le casse dello Stato. Siamo alla svendita totale a privati di pezzi dello Stato. Queste decisioni devono essere contrastate con la massima fermezza, ancor prima che diventino realtà.

Le privatizzazioni si sono dimostrate un fallimento completo. Non è aumentata l'occupazione, le aziende privatizzate non sono diventate né produttive né efficienti (si pensi all'Alitalia) ma hanno perseguito unicamente il profitto personale di qualcuno a scapito della salute e del lavoro di tanti (si pensi all'Ilva). Oggi, invece di applicare i principi costituzionali ed espropriare quelle imprese che chiudono per convenienza del padrone e cancellano migliaia di posti di lavoro (si pensi all'Alcoa, alla MCS, all'Indesit e, perché no, anche alla Fiat), si vuole continuare nella sciagurata pratica della privatizzazione. Per ridurre, dicono, il debito pubblico vogliono svendere i gioielli del paese. E non fanno nulla contro gli evasori (per carità ... magari sono proprio quei privati ai corruttori. Anche se basterebbe poco come requisire i beni di chi evade le tasse, così come si dovrebbe fare per i reati di mafia. E fare una patrimoniale vera, progressiva e non temporanea per tassare in maniera giusta le grandi ricchezze. In Italia è aumentata la povertà (il 15,8% degli italiani sono poveri in maniera relativa e l'8% lo sono in maniera assoluta) mentre i ricchi sono sempre gli stessi ma sempre più ricchi (il 10% delle famiglie possiede il 47% della ricchezza totale del paese). E, il governo Letta-Alfano-Bonino cosa fa? Vuole privatizzare, svendere i beni di tutti, fare a pezzi lo Stato, renderci ancora più poveri. Il tutto mentre si acquistano cacciabombardieri F35 per circa 15 miliardi di euro.

Non c'è, forse, qualcosa che non va?

Napolitano, l'innominabile. Questa mattina durante il dibattito sulla sfiducia al ministro dell'Interno Angelino Alfano, il presidente del Senato Pietro Grasso ha "richiamato" più volte il capogruppo del M5S perché, nel suo intervento, ha citato alcune frasi pronunciate dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Grasso ha affermato che "non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato, lasciamolo fuori da quest'aula..." e, poi, ha ribadito che "no, non si può citare" il presidente della Repubblica. Una cosa bizzarra che non mi sembra sia prevista dalla Costituzione.

Esiste forse un regolamento che impedisce nelle aule parlamentari riferirsi al presidente della Repubblica? Qualche legge che vieta di citare frasi dello stesso? È, forse, qualcosa di simile al culto della personalità? O è soltanto una censura preventiva di qualche vassallo che teme si "possa parlar male del sovrano"? Oppure un altro passo verso lo stravolgimento della Costituzione e la trasformazione della nostra repubblica parlamentare in una repubblica presidenziale?

Di fatto è qualcosa che rende Napolitano innominabile.

Ma, questa, è vera democrazia?


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