Quotidiano | Categorie: Sindacati

Dopo l'Askoll anche Beltrame in crisi "fuori casa": nessun allarme a Vicenza?

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Sabato 1 Marzo 2014 alle 23:01 | 0 commenti

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Sindacati e dipendenti vicentini della Askoll, incoraggiati dal silenzio dei media nostrani e, dicono loro, preoccupati delle grandi difficoltà locali anche di Askoll Due dirimpettaia della Askoll Tre che opera nello stesso settore di quella di Castell'Alfero in provincia di Asti, hanno visto sfilare da Dueville al cuore dell'impero industriale di Elio Marioni molti degli oltre 220 operai dello stabilimento astigiano che da giugno 2014 non avranno più un lavoro nè ammortizzatori sociali (nella foto l'affollato incontro pubblico di venerdì a Castell'Alfero con i sindaci coinvolti, da quello di Asti ai paesi limitrofi, con autorità regionali e provinciali e col deputato del Pd Massimo Florio, ndr).

Dopo che analoga sorte era toccata ai 330 dipendenti di Mocalieri, lasciati a casa nel 2011, e mentre in Askoll Due a Vicenza si va avanti con contratti di solidarietà e nel gruppo si parla di cessioni e delocalizzazioni, che nel giro di pochi anni potrebbero se non svuotare impoverire fortemente i siti lavorativi che si estendono da Povolaro a Breganze, vanno sulla stampa, non certo puntualmnte su quella vicentina, i problemi analoghi del gruppo Beltrame di cui già avevamo riferito, anche allora in triste, iniziale solitudine mediatica e sindacale, ai tempi della crisi della sua Ferriera di san Giovanni Valdarno, poi estesasi, oltre che in Lussemburgo, anche a S. Didero in Val di Susa e a Marghera, ascoltando anche l'azienda come la scorsa settimana abbiamo fatto col gruppo di Povolaro.

Siccome Moncalieri, prima, e Castell'Alfero, poi, per il gruppo Askoll e ora S. Didero in Val di Susa, dopo San Giovanni Valdarno e Marghera, per la Beltrame sono per noi sintomi di una crisi più vasta che non può e non deve lasciare indifferente Vicenza, prima che esploda in maniera irreparabile, riportiamo quanto scrive il 19 febbraio scorso], ripresa da Il Sole 24 Ore, La Repubblica, Libero e altri quotidiani nazionali, la AdnKronos sui recenti problemi della Beltrame a S. Didero e non solo (rportiamo di seguito anche un lucido articolo su Il Sole 24 Ore del 22 maggio 2013** che conserva la sua attualità, n dr).

Sindacati, aziende, dipendenti, Confindustria riflettano, a questo punto, e aprano un tavolo comune e non solo stabilimento per stabilimento se non si vuol credere alle voci più preoccupate che parlano di interessi padronali a non scoprire tutte le carte complessive e strategiche ma a giocarle su mille tavolini.

Ligi al detto latino "divide et impera" ma insensibili alla desertificazione umana e sociale che starebbe per esplodere nel Vicentino.

 

Lavoro: accordo per altri 12 mesi di cig alla Beltrame in Val Susa
Torino, 19 feb. (Adnkronos) - Raggiunto l'accordo per ulteriori 12 mesi di cassa integrazione alla Beltrame di San Didero, nel torinese, dove lavorano 310 dipendenti. Lo comunica la Fiom-Cgil che spiega che l'intesa dovrà essere ratificata e approvata al ministero del Lavoro e che questo accordo scongiura i licenziamenti, in seguito alla procedura di mobilità che l'azienda aveva aperto a gennaio di quest'anno. Le organizzazioni sindacali si erano opposte chiedendo invece il prolungamento di altri dodici mesi della cassa integrazione e un piano di investimenti che garantisse la continuità produttiva del sito di San Didero. "È un accordo difensivo - comenta Edi Lazzi, responsabile della Lega di Collegno della Fiom - che ci permette di evitare i licenziamenti ad aprile, prendendo altri 12 mesi di tempo, e questo è sicuramente positivo. I problemi però restano aperti e sono quelli del mantenimento del sito produttivo in Val di Susa, una zona che sta attraversando un periodo di crisi economica pesantissima. L'utilizzo degli ammortizzatori sociali è fondamentale per garantire una continuità di reddito ai lavoratori ed evitare i licenziamenti ma è giunto il momento di proporre nuovi ragionamenti su come uscire da questa crisi ed esigere a livello generale una politica economica e industriale che solo il Governo può fare" conclude.

 

 

L'asse del Nord a corto d'ossigeno di Matteo Meneghello su Il Sole 24 Ore del 22 maggio 2013

 

Teniamoci stretto il manifatturiero che c'è, perchè è impensabile, in questo momento, puntare a creare nuove realtà industriali e produttive. È il messaggio lanciato nei giorni scorsi dal neoministro alle Attività produttive, Flavio Zanonato, in visita agli stabilimenti del gruppo Beltrame, realtà da 3,5 milioni di tonnellate d'acciaio in provincia di Vicenza. Non è un caso che il richiamo di Zanonato abbia avuto per oggetto l'industria siderurgica e, in particolare, il gruppo Beltrame. La realtà vicentina, dopo avere interrotto l'attività a Porto Marghera, nelle scorse settimane ha annunciato la decisione di chiudere anche l'acciaieria di San Didero (Torino). Nei giorni scorsi la parziale marcia indietro, con l'impegno, ufficializzato al tavolo del Mise, a non ricorrere ai licenziamenti per il 2013.

 

Beltrame ha inoltre indicato la necessità di verificare con il ministero del Lavoro la possibilità di utilizzare un ulteriore periodo di Cigs per ristrutturazione, sia per quanto riguarda il sito piemontese che per quello posseduto dal gruppo a San Giovanni Valdarno (Arezzo). In questo momento, a suo modo, Beltrame è una sorta di punta dell'iceberg di un «asse del nord» che oggi vede il proprio radicamento territoriale, insieme alla propria capacità di generare reddito e posti di lavoro, messi in discussione da una crisi che morde da più di 4 anni, e che non accenna a mollare la presa. Non è solo il destino degli ex conglomerati statali e dei loro altoforni a preoccupare i policymaker romani. C'è anche un cuore pulsante di realtà di medie dimensioni, un lungo filo di forni elettrici che va da Aosta a Trieste, che dopo anni di ammortizzatori e sacrifici è oggi a corto d'ossigeno. La situazione era stata preconizzata dallo stesso presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, a gennaio, quando aveva affermato che «il comprensorio dei forni elettrici bresciani non è, allo stato attuale, adeguato alle future pressioni competitive».

 

Oltre a Beltrame, in queste settimane la cronaca ha registato le difficoltà delle Acciaierie di Rubiera, in provincia di Modena: dopo tre anni di solidarietà, l'azienda sta fronteggiando una pesante di crisi di liquidità e punta ad ottenere un anno di Cigs. Vicenda simile a Brescia, dove all'Alfa Acciai (è il maggior produttore italiano di tondo per cemento armato, messo in crisi dalle difficoltà dell'edilizia) è scaduto da poche settimane il quarto anno di solidarietà. Come anticipato dal Sole 24 Ore lo scorso dicembre, ora per l'azienda si pone la necessità di ridimensionamenti strutturali e per questo motivo da qualche giorno – spiegano dalla società – è stata avviata una trattativa con il sindacato, allo scopo di trovare soluzioni il meno impattanti possibile a livello sociale. Numerose altre realtà siderurgiche, in questo momento, stanno utilizzando ammortizzatori sociali: tra queste, solo per citarne alcune, le Acciaierie Stefana in provincia di Brescia, alle prese con Cassa e solidarietà. O il gruppo Pittini (contratti di solidarietà fino a questa estate): lo stesso ad Federico Pittini, deluso dalla mancata realizzazione della linea di elettrodotto Wurmlach-Somplago, aveva annunciato al Sole 24 Ore, nei mesi scorsi, la volontà di «delocalizzare una serie di produzioni».

 

Molte realtà hanno puntato sull'estero, e hanno trovato un'ancora di salvezza, per i bilanci, nei mercati del Nordafrica. Ma non è sufficiente: la prolungata crisi del mercato interno sta erodendo le capacità di tenuta di queste aziende, peraltro storicamente ben patrimonializzate. «Chiediamo solo maggiore attenzione. Abbiamo bisogno di strumenti che aiutino la crescita del mercato interno, in particolare l'edilizia» spiegano gli imprenditori, a margine dell'assemblea di Federacciai. Anche i costi energetici restano, nell'opinione dei protagonisti, un fattore di sviluppo cruciale.

 

Nel futuro non sono da escludere aggregazioni. Se ne parla da anni: la strada della semplificazione è però spesso ostacolata dalla struttura familiare delle proprietà coinvolte. Si tratta di un tessuto ancora vivo, realtà capaci comunque, in questi mesi, di programmare investimenti e acquisizioni. L'ultima operazione in ordine di tempo è stata quella di Ilta Inox (Arvedi), che ha raggiunto l'accordo per l'affitto del ramo d'azienda di Chibro (specializzata in componenti idrauliche e navali). Sempre nell'inox, Cogne Acciai speciali ha recentemente investito 3 milioni in un impianto che le permetterà di entrare pesantemente nei settori oil and gas e petrolchimico. E proprio ieri ha annunciato una commessa da 6 milioni di euro: le barre nervate made in Italy sosterranno il ponte più lungo del mondo, che collegherà Hong Kong a Macao.

 


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