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Dai Riva a Berlusconi, da Amato a Quero: lo Stato come proprietà privata

Di Giorgio Langella Venerdi 13 Settembre 2013 alle 08:09 | 0 commenti

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Diventa sempre più reale il pericolo di un progressivo impoverimento democratico del nostro paese. Alcuni fatti. Il gruppo siderurgico Riva Acciaio annuncia la cessazione della produzione in tutti gli stabilimenti e "mette in libertà" (cioè licenzia) circa 1.400 lavoratori ai quali non verrà più data alcuna forma di retribuzione. La Riva Acciaio è proprietaria dell'Ilva e ha preso questa decisione a seguito del sequestro da 916 milioni di euro effettuato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Taranto.

La questione è semplice e rivela la mentalità di un'imprenditoria capace solo di sfruttare lavoro e risorse altrui. Una casta di imprenditori attenti solo all'interesse e al privilegio personale che sono tra i maggiori responsabili della gravissima crisi nella quale è sprofondato il paese. La famiglia Riva e altri dirigenti del gruppo sono sotto indagine per quanto sono riusciti a fare all'Ilva di Taranto. Inquinamento, disastro ambientale, aumento dei casi a causa di tumore dovuto alla mancanza di sicurezza nella produzione, conseguenti decessi, mancato risanamento, distrazione di capitali che dovevano essere dedicati alla bonifica dello stabilimento di Taranto, corruzione ... accuse gravissime per una serie impressionante di reati. Per questo si decide di sequestrare beni e proprietà riconducibili alla famiglia Riva. La rappresaglia è immediata e si scatena sui lavoratori. Questa è una vicenda emblematica di cosa è diventato il nostro paese. Alcuni "grandi" imprenditori si arrogano il diritto di fare quello che vogliono e di avere una totale impunità. Usano qualsiasi "argomento", dalla corruzione al ricatto occupazionale. Del resto viviamo in un paese dove le responsabilità e le colpe vengono confuse in maniera sistematica. Se uno commette reati e viene accusato e processato ma è ricco e potente, si fa credere vittima di persecuzioni da parte della magistratura e si rifà su chi è più debole che viene tenuto in ostaggio. E chi nelle istituzioni dovrebbe far rispettare leggi e costituzione non agisce. Anzi, spesso giustifica l'atteggiamento ricattatorio messo in atto dall'accusato come, nel caso Riva, fa Gianna Gancia, presidente della provincia di Cuneo (uno degli stabilimenti chiusi con 257 lavoratori è a Lesegno comune di quella provincia) che dichiara "in questo Paese è ormai impossibile fare impresa".

Silvio Berlusconi, condannato dopo tre gradi di giudizio per frode fiscale vuol farsi passare per perseguitato politico ed esige che venga cancellata la sentenza. Intanto continua ad occupare una poltrona al Senato. In spregio alle leggi e al senso civico che dovrebbe impedire a un pregiudicato di occupare una poltrona istituzionale. Chi dovrebbe prendere atto della sua decadenza da senatore è, nei fatti, titubante. E allora inizia un balletto di dichiarazioni, di accordi, di trattative. Ci si richiama alla "prudenza", si tentano compromessi, ci si avvita in discussioni su cavilli e interpretazioni senza senso, si rinvia qualsiasi decisione. Prima di qualche giorno, poi di una settimana ... Il presidente Napolitano fa la sua parte. Lancia appelli ambigui e parla della necessità di mantenere in vita il governo. È questa, per lui, la massima priorità del paese e la si deve ottenere a qualsiasi costo. Le continue esternazioni presidenziali sono, per così dire, indicazioni ai partiti di governo di avere un occhio di riguardo nei confronti del condannato Berlusconi. Quella di Napolitano è una benevolenza "ad personam" che sembra poco consona al ruolo di presidente della Repubblica.

Giorgio Napolitano ha nominato Giuliano Amato giudice costituzionale. Perché? Per via di quali competenze? Forse per amicizia di vecchia data? O solo per farci sapere che non ci può essere rinnovamento, che tutto deve rimanere così com'è, nelle mani di un'oligarchia sempre più avida di posti e potere? Una nomina imbarazzante.

Le stesse domande sono da porre al sindaco di Vicenza Achille Variati per la nomina di Matteo Quero amministratore unico di AMCPS.

Questi sono episodi che evidenziano lo stato di salute della nostra democrazia. Una salute molto precaria che è frutto della volontà da parte della classe dirigente (politica e imprenditoriale) di usare lo Stato come proprietà privata e fare carta straccia di leggi e Costituzione.


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