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Considerazioni sulla vicenda della prostituta stuprata da due militari Usa

Di Edoardo Pepe Mercoledi 30 Luglio 2014 alle 17:39 | 0 commenti

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A margine della vicenda che ha visto una giovane donna rumena stuprata da due militari U.S.A. di seguito pubblichiamo le considerazioni a firma di Assemblea Permanente We Want Sex, Donne No Dal Molin, C.S. Bocciodromo, Sinistra Ecologia Libertà Vicenza, Q-Generation. A questa pagina invece è possibile leggere il messaggio di solidarietà "Non lasciamo sola la giovane Romena violentata" del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute (CDCP), una associazione no profit fondata da prostitute.

Come è ormai noto alle cronache locali e non, alcuni giorni fa si è
registrato a Vicenza l’ennesimo stupro ai danni di una giovane donna, di
professione sex worker, che, dopo aver concordato prestazioni sessuali con
due militari U.S.A., è stata portata nella periferia industriale della
città e qui violentata e picchiata per ore, con tale violenza che la
ragazza, dopo aver rischiato un aborto, a distanza di due settimane ancora
non si regge in piedi.
A  seguito della vicenda, i compagni e le compagne di Vicenza hanno
organizzato un sit in di protesta davanti alla Caserma Ederle, sottoscritto
da diverse realtà di movimento e di sinistra della città,  a cui hanno
aderito in tant* per dire basta agli stupri e basta all’impunità dei
soldati U.S.A. a danno delle vittime delle numerose violenze perpetrate nel
territorio vicentino.
Anche il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, rappresentato da
Pia Covre, è intervenuto sulla questione con un comunicato stampa e
offrendo supporto alla difesa legale della giovane donna.
Pare, dalle ultime notizie apparse sui giornali, che i due militari saranno
processati in Italia, contrariamente alla prassi che vede gli Stati Uniti
pretendere l’affidamento in patria dei procedimenti legali a carico dei
militari, mancando, di conseguenza, un esito certo delle vicende
giudiziarie ed il risarcimento in favore delle numerose vittime.
La vicenda è paradigmatica e si presta ad essere analizzata sotto diversi
profili: il sessismo razzista dei media, il fallimento delle politiche
securitarie e contro la prostituzione e la militarizzazione di un
territorio stuprato dalla presenza a stelle e strisce.
Siamo purtroppo abituati alla rappresentazione grottesca dei media, avvezzi
a veicolare i linguaggi razzisti e sessisti che sia la destra che la
sinistra istituzionali hanno imposto all’opinione pubblica.
Per quanto la vicenda abbia avuto una certa visibilità sulla stampa locale,
registriamo ancora una volta lo stigma a cui è soggetta questa ragazza,
definita sistematicamente “la lucciola” o “la prostituta rumena”, con toni
e parole che ben poco hanno di solidale contro lo stupro che questa donna è
stata costretta a subire. Per non parlare del vomitare contorto e
pretestuoso di una parte dell’opinione pubblica,  che ha puntato
immediatamente il dito contro la ragazza, “colpevole” di essere incinta e
di prostituirsi, e sugli stranieri, che “sfruttano le donne costringendole
alla prostituzione”.
Da una parte, dunque, la solita criminalizzazione della donna che ha subito
violenze - sia mai che una donna perbene se ne stia per strada al sesto
mese di gravidanza, è una puttana e ha corso il suo rischio -, aggravata
dal linguaggio sessista dei giornali più volte denunciato dalle compagne
che si occupano di machismo e sessismo nel linguaggio dei media mainstream;
dall’altra l’ennesima criminalizzazione dell* stranier*, che la presenza
decennale della Lega Nord  nel luoghi della politica ha alimentato e
ricondotto ad una sorta di dna tipico di una parte del substrato culturale
veneto.
Ma c’è di più. Come opportunamente sottolineato da Pia Covre nel suo
comunicato, lo stupro subito da questa sex worker è anche frutto delle
politiche di esclusione messe in atto da numerose amministrazioni comunali,
tra cui quella vicentina, contro prostitute, senza fissa dimora e altre
categorie sistematicamente marginalizzate da ordinanze securitarie,
pericolose e bigotte.
Se da una parte va detto che il Sindaco di Vicenza si è attivato col
Ministro della Giustizia per far sì che anche questo procedimento non venga
trasferito presso la giurisdizione U.S.A., dall’altra non si può
dimenticare che lo stesso Sindaco ha fortemente voluto e più volte
reiterato ordinanze lesive dei diritti e della dignità delle sex workers
che lavorano nel territorio vicentino.
Già negli anni passati i/le compagni di Vicenza sono intervenuti contro le
politiche securitarie dell’amministrazione cittadina, che attraverso
ordinanze e regolamenti di polizia comunale relega le prostitute ai margini
della città, in zone poco sicure, dove queste donne vengono sovente
stuprate, picchiate e derubate, come se fossero corpi di serie B, persone
indesiderate e prive di qualsivoglia possibilità di tutela.
Ribadiamo, dunque, ancora una volta la nostra contrarietà alle politiche
securitarie, razziste, sessiste che marginalizzano le soggettività
eccedenti, qualunque esse siano, e mettono a rischio i corpi e la dignità
de* sex workers, alla faccia della tanto sbandierata sicurezza!
E’ necessario, infine, inscrivere questa vicenda nell’assetto territoriale
che Vicenza ha subito in seguito all’installazione della nuova base
militare Dal Molin (ribattezzata Del Din), lungamente osteggiata da una
moltitudine conflittuale e determinata di compagni e cittadini vicentini e
non.
Questa occupazione è un vero e proprio stupro del territorio vicentino, una
violazione del diritto all’autodeterminazione delle comunità resistenti,
della sovranità e della dignità delle persone che in questi anni hanno
rivendicato  il diritto ad una Vicenza – bene comune  libera dalle servitù
militari.
Troppo spesso assistiamo all’imperialismo politico e individuale dei
militari U.S.A., che si aggirano per la città come se fosse un resort o un
luna park, picchiando, stuprando, danneggiando altre vite, abbruttiti da
tante guerre che hanno fatto del male anche a loro, ma che hanno scelto
consapevolmente di attraversare.
Troppo spesso abbiamo assistito alle immediate richieste dell’esercito
americano affinchè i procedimenti conseguenti ai reati commessi da militari
U.S.A. siano affidati alla giurisdizione americana, richieste prontamente
accolte (si parla di 91 procedimenti su 113) dalle autorità italiane,
asservite per criteri di convenienza politica, più che per rispetto del
Trattato del Nord Atlantico e delle altre Convenzioni attuative, dal
momento che i reati compiuti a Vicenza sono comuni e non legati
all’esercizio delle funzioni militari.
La Vicenza che non si vuole asservire al dominio della presenza militare
U.S.A.  vorrebbe intraprendere alcune richieste formali ai vertici delle
istituzioni comunali e militari, perché si prendano in carico il dovere di
prevenire e risarcire siffatti episodi di violenza.

Non vogliamo prigioni, non vogliamo speculazioni repressive sui corpi
delle donne, né ronde forcaiole o politiche securitarie e paternalistiche
che in nome della donna vittimizzata sottraggano ancora una volta dignità e
autodeterminazione alle scelte delle donne.
Vogliamo educazione, prevenzione e risarcimento per le vittime degli
stupri e delle violenze!
Se ne toccate una, ci toccate tutte e tutti!

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