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Comunismo e cristianesimo. La Voce del Sileno, anno 2

Di Italo Francesco Baldo Martedi 11 Luglio 2017 alle 10:07 | 0 commenti

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Ospitiamo il ventunesimo articolo de La Voce del Sileno. Si riparla anche oggi di convergenza tra ipotesi politiche originate dalle elaborazioni di K. Marx, F. Engels, V. U. Lenin e altri esponenti con l'impegno, carità, che i cristiani sono tenuti al prossimo nell'ambito spirituale, intellettuale e materiale. Una questione che non ha certo trovato se non in alcuni esponenti cattolici, anche dell'ambito della gerarchia, una sorta di unione più pragmatica che teorica, ma che non risulta essere accettata dal Magistero passato ed attuale e certo non è in linea con la Tradizione e nemmeno con il Vangelo. Nell'ambito della contingenza si parla spesso di un'unità che è importante, perché ambedue le visioni sono portatrici di prospettive di benessere per l'uomo.

Risulta difficile certo coniugare il materialismo ed ateismo marxista con la visione trascendente del cristianesimo, ma la soluzione è stata ed è quella di ignorare di fatto la cosiddetta filosofia marxiana/marxista e considerare solo l'impegno sociale, il quale però a ben leggere i suoi fondatori e continuatori non si basa sull'amore, ma sulla lotta di classe, il conflitto o come si dice la dialetticità delle relazioni umane. Ricordare i termini di questo "incontro", nato nell'Ottocento e non confondibile con le visioni "di povertà" di alcuni movimenti e ordini ecclesiali cristiani, il francescanesimo, ad esempio, è quanto ci si propone in queste righe.
Da più parti viene spesso riproposto un antico dibattito, quello relativo al cristianesimo ed al socialismo, soprattutto nella sua versione comunista, già criticata da A. Rosmini (Ragionamento sul comunismo e socialismo, Padova, Cedam, (1948) e alla riflessione che vi è stata in particolare in Italia soprattutto a partire dai primi anni del Novecento. Occorre precisare, prima di iniziare, che già nel 1846, ossia quando il marxismo muoveva i suoi primi passi, Pio IX condannava il socialismo con l'enciclica Qui pluribus, condanna poi ribadita da. Leone XIII, da S. Pio XI, da Pio XII, e successivi pontefici fino a S. Giovanni Paolo II e ben precisata nella famosa scomunica del 1949 espressa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e mai ritirata, anzi dal punto di vista canonico tuttora valida. Certo alcuni sottolineano che oggi essa è anacronistica, ma ricordiamo che non fu rimossa nemmeno da Giovanni XXIII e Paolo VI. Essa consiste in 4 domande cui la Congregazione risponde.

1 - Se sia lecito iscriversi ai partiti comunisti, od approvarli.

No: il Comunismo infatti è materialistico ed anticristiano; i capi dei comunisti, poi, anche se a parole dichiarano di non avversare la religione, tuttavia mostrano di essere ostili sia nella teoria che nella pratica a Dio e alla vera religione e alla Chiesa di Cristo.

2 - Se sia lecito pubblicare, diffondere o leggere libri, periodici, giornali e pubblicazioni che sostengono dottrine o azioni di comunisti, o scrivere in essi.
No: ciò infatti è proibito dalla legge stessa (non più oggi).

3 - Se i fedeli di Cristo, che avessero messo in pratica consapevolmente e in piena libertà ciò di cui si è trattato nei punti 1 e 2, possano essere ammessi ai sacramenti.
No, secondo i principi generali che riguardano l'esclusione dai sacramenti di coloro che non sono disposti.

4 - Se i fedeli di Cristo, che professano la dottrina materialistica e anticristiana dei comunisti, e per primi coloro che la difendono o la divulgano, incorrano per ciò stesso, come apostati dalla fede cattolica, nella scomunica riservata in modo speciale alla Sede Apostolica.
Si.Il dibattito sul socialismo e il comunismo nell'ambito della riflessione filosofica del mondo cattolico fu avviato nel 1847, due anni prima della diffusione in Europa del Manifesto del Partito Comunista, scritto da K, Marx e F. Engels su incarico della Lega dei Comunisti, allorché. Antonio Rosmini, il grande filosofo roveretano su invito del cardinale Soglia (1779-1856) nel 1848-49 Segretario di Stato di Pio IX, scrisse il Ragionamento sul Comunismo e Socialismo (Padova, Cedam, 1948). In questo breve scritto, il pensatore con precisione ribadisce il valore della persona umana nella sua intrinseca natura e della società, alla quale spetta il compito di perfezionare moralmente le persone stesse e provvedere al loro benessere materiale (cfr. al proposito I.F. Baldo La proprietà non è un furto. A. Rosmini: la persona, la proprietà e lo stato, Working Papers n.45, LUISS 1998). Rosmini ben individuò importanza delle nuove dottrine sociali e le conseguenze rivoluzionarie. L'egualitarismo materiale e la preminenza dello Stato sulla persona apparvero negativi al filosofo, che riteneva (cfr. A. Rosmini, La società e il suo fine) il fine morale il prioritario e dal quale, classicamente dovessero derivare la politica, il diritto e l'economia. Con chiarezza Rosmini chiude il proprio saggio, apprezzando Pio IX e affermando:" al confronto delle mostruose utopie, che abusando del sacro nome di umanità, minacciano di sovvertire dai loro fondamenti ogni umano consorzio, ogni civiltà, ogni giustizia, ogni religione, dover noi sommamente apprezzare il sentir religioso e morale della nazione nostra".
La critica si rivolgeva in particolare a quelli che il marxismo definirà come i socialisti utopistici, ossia R. Owen e K. Fourier e i suoi falansteri. Ben altra cosa sarà il marxismo con la sua analisi sviluppata ne Il capitale più che negli scritti giovanili. In breve è la struttura, "l'anatomia della società civile è da cercare nell'economia politica", mentre la sovrastruttura ossia la coscienza sociale (giuridica e politica) ne dipendono, come tutte le altre manifestazioni, la stessa produzione artistica, ad esempio.
Il mondo cattolico in tutto l'Ottocento, condannò sia il socialismo utopistico che quello di origine marxiana e trovò il suo apice nella prima enciclica sociale, quella Rerum novarum di Leone XIII che va sempre letta con la Graves de communi re. Nella lettera il pontefice ben precisò che la soluzione socialista era inaccettabile dagli operai stessi:" A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri l'odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva, e con l'eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, non che risolvere le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi, giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze degli uffici dello Stato, e scompiglia tutto l'ordine sociale."
La ragione di questa condanna si precisa ulteriormente nella negazione che i movimenti socialisti e comunisti fanno della fede in Dio e della religione. L'affermazione a slogan " la religione è, l'oppio dei popoli" indicava ed indica, oggi mascherata dall'affermazione "si deve essere laici", una posizione precisa e tale che mostra l'inconciliabilità tra religione e comunismo, non una religione in particolare, ma tutte le religioni. Non a caso infatti l'Islam non ha occhieggiato che di rado e strumentalmente con il comunismo, soprattutto con gli Stati comunisti, mai contaminando però il Corano con quella ideologia totalitaria. Questa contaminazione è avvenuta in Italia a partire da Romolo Murri, mutuata dalle prospettive che erano emerse in Francia con il Movimento del Sillon, fondato da M. Sangnier (1873-1950), dapprima considerato da Pio X ma poi condannato con la lettera apostolica Nostre charge apostolique del 1910. Il movimento finiva con lo sposare le tesi del modernismo, che rappresenta il sistematico cedimento dei cattolici al relativismo filosofico e morale, negando alla fine la stessa divinità di Cristo, trasformato in un "personaggio, seppur di rilievo, storico", come l'eresia ariana. Per inciso questo è il, problema del modernismo e non la negazione del valore della scienza come i non lettori della enciclica Pascendi Dominici gregis sostengono e basterebbe a costoro leggere solo la conclusione di questo documento:" Queste cose, o Venerabili Fratelli, abbiam creduto di scrivervi per salute di ogni credente. I nemici della Chiesa certamente ne abuseranno per ribadire la vecchia accusa, per cui siamo fatti passare come avversi alla scienza ed al progresso della civiltà."
Il dibattito inaugurato in quegli anni è proseguito anche durante il fascismo. Al proposito si veda R. Rigola, Socialismo e cristianesimo, Milano, Ed. A.N.S., 1933. L'A.ssociazione N.azionale S.tudi (dei problemi del Lavoro) nata nel 1927 per iniziativa di un gruppo di persone che occuparono pspoti di direzione nel disciolto movimento sindacale italiano, non rigettava lo stato corporativo del fascismo, ma si rifiutava di considerarlo come la conclusione del processo rivoluzionario. la conclusione del processo si avrà soltanto con la realizzazione dello Stato operaio, cioè di quello Stato in cui la massa dei lavoratori non è più divisa in classi antagonistiche, ma in gerarchia di funzioni perfettamente solidali. Per questo motivo la tensione alla carità dei cristiani poteva ben coniugarsi a questa visione che si richiamava al russo N. Berdiaeff (Berdjaev) (1874-1848), espulso dall'URSS nel 1922. Fu pensatore della libertà, che, pur nella sua dimensione irrazionale, poneva come primo principio. Tentò di conciliare il cristianesimo con la visione moderna e anche socialista (cfr. N. Berdiaeff, Il Cristianesimo e la vita sociale? tr. it., con Prefazione di E. Cione. Bari, Laterza, 1936). Il pensatore russo, poco conosciuto, accetta del marxismo la lotta di classe come necessaria, ma non la visione materialistica, ma ritiene che la vera visione sia quella cristiana. Una coniugazione interessante che sarà ripresa in generale, ma bisogna fare molti distinguo, anche dall'ambito delle prospettive cattoliche del dopo concilio Vaticano II. Il dibattito fu intenso anche nel dopoguerra e ne è emblema il testo di F. Vito, Comunismo e cattolicesimo, Milano, Vita e pensiero, 1945, il quale avvertiva con Pio XII : « La Chiesa ha la sua dottrina sociale e i fedeli non hanno motivo di ricorrere ad altri maestri di dubbia fede e di falsa scienza e di ricercare altrove ciò che essa copiosamente offre. »
Non cessarono però i tentativi di coniugare il mondo operaio e la visione cattolica, ne furono esempio in Francia prima e poi in Italia, ma con sparute manifestazioni i « preti operai » (cfr. A. Di Nola, Cristo in Tuta, Parma, Guanda, 1954), di cui fu esempio il gesuita Padre L. Movia a Venezia-Mestre che ispirò il Gruppo del Vangelo del lunedì che intendeva coniugare lettura biblica e impegno sociale.
Il maggior approfondimento delle relazioni tra cristianesimo e comunismo si ebbe negli anni Sessanta del secolo scorso, con il cosiddetto "Dialogo", che coinvolgeva esponenti cattolici, ricordiamo Padre G. Girardi, e intellettuali marxisti L. Lombardo Radice, che finì per proiettare nell'orbita comunista molti cattolici, mai, chissà perché, dei comunista in quella cattolica. La possibilità di unione, maturata poi con il Movimento Cristiani per il Socialismo che ebbe nell'abate di San Paolo dom G. Franzoni il suo più noto rappresentante, fu determinata dalla considerazione che il tomismo aveva fatto il suo tempo, altre le prospettive teologiche, quelle della liberazione furono accolte anche nel seminario vicentino e si ritenne che fosse necessaria una fede sempre più operante, e che in fondo la fede altro non fosse che una relazione sentimentale di tipo privato e per di più poco razionabile. Unire le forze contro lo sfruttamento degli operai fu la parola d'ordine e finì con il negare la natura spirituale della religione. Molti si servirono delle parole di Giovanni XXIII nell'enciclica Pacem in terris e della Populorum progressio di Paolo VI, per sostenere di avere l'avvallo delle gerarchie, In questa direzione don Lorenzo Milani o don Mazzi a Firenze sono gli esempi più noti, che non furono "comunisti" di partito certamente, ma aprirono le porte al coinvolgimento nel comunismo della cosiddetta via italiana, di molti cattolici. Sulla loro prospettiva vale forse quanto disse il gesuita Antonio Messineo nel 1955:" le così dette tendenze a sinistra dei cattolici hanno un limite invalicabile, oltre il quale non sono più cattoliche, ma marxiste" Il germe di questa sintesi tra cristianesimo e comunismo maturò dapprima come esigenza di gestione politica, i primi governi di centrosinistra, e poi nei movimenti ecclesiali di base che sull'onda del Concilio Vaticano II, dimenticandosi di ben leggere la Gaudium et Spes (capp. 66 ss.) e interpretandolo alla luce della ripresa del comunismo in Europa ed in Italia, finirono per coniugare più nella prassi, erroneamente detta anche "pastorale", che nella teoria i due movimenti. Ne è nato un caos teorico e soprattutto una grande confusione, che ha nuociuto soprattutto alla religione cristiana e al cattolicesimo in particolare. Nacquero movimenti di riflessione anche teologica di ogni tipo che sottolineavano il valore della storia, più come storia sociale, politica, che non storia della salvezza, tanto da affermare è l'ascolto dell'uomo nella storia che fu determinante per lo stesso Concilio Vaticano II e non la Parola di Dio, Mah! Si espresse un movimento detto di "dialogo" tra marxismo e cristianesimo, Padre G. Girardi, p. E. Balducci, e i comunisti P. Togliatti, P. Ingrao, ma anche, in Francia il comunista R. Garaudy sull'onda della riflessione di alcuni gesuiti di area spagnola (pp. J. Diez Allegrja) e J.M.Gonzales Ruiz che con il suo saggio L' uomo nuovo: marxismo e cristianesimo in un confronto (Assisi, Cittadella, 1970), contribuì a "liberare le cosmovisioni cristiana e marxista dalle loro rigidezze dogmatiche" e a "far emergere un marxismo critico umanista, utopico e un cristianesimo rinnovatore, tollerante, non dogmatico ed emancipatore". Nella Compagnia di Gesù non si ebbero inizialmente riscontri positivi cfr. G. de Rosa, L'impossibile dialogo tra cattolici e comunisti, "La Civiltà cattolica", 17 ottobre 1964 e in "Rivista di Studi Politici Internazionali" Vol. 31, No. 4 (Ottobre -Dicembre 1964), pp. 587-600.
Ma successivamente la linea che ebbe un certo riscontro nella Compagnia di Gesù del Preposito Generale p. P. Arrupe, che aveva emanato i Decreti della Congregazione Generale XXXI della Compagnia il 15 febbraio 1967 nei quali appare ben chiara la prospettiva di un sacerdozio impegnato con fede nel sociale e che è ben sottolineata anche dall'attuale vescovo di Roma Francesco. Questa linea ebbe nel 1974 (28/29 settembre un Convegno veneto a Padova dove si cercò di sottolineare la possibile convergenza tra socialismo e cristianesimo, mentore anche il benedettino Abate di san Paolo f. le Mura dom G.B. Franzoni e la sua lettera. La terra è di Dio. Questa linea, che è però variegata, è anche detta "teologia della liberazione", ma questa non coincide sempre con le visioni di incontro cui abbiamo accennato. Certo è che questa si tradusse in Italia in diverse correnti anche del partito cattolico (Democrazia Cristiana) e quando questo agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso crollò, i suoi esponenti si iscrissero e "fecero poltiica" nell'ambito degli eredi del Partito Comunista Italiano. Una convergenza che già G. Dossetti al termine del secondo conflitto mondiale propugnava insieme anche ad A. de Gasperi, il quale, però, se ne distaccò, dopo il Trattato di Pace con gli Stati Uniti d'America. La ipotesi dossettina fu perdente, ma visse all'interno del partito cattolico e si espresse nella politica dell'Ulivo agli inizi del secolo ventunesimo.


Dopo il crollo del Muro di Berlino, la sinistra socialista e comunista, assolutamente senza fare i conti con la sua storia e qua e là soffrendo di nostalgia per l'Unione Sovietica, ha tentato di riciclarsi politicamente, mantenendo sempre e comunque intatta la loro avversione alla religione, anche se per opportunismo politico baciano, diciamo, la pantofola alla gerarchia, per ingraziarsela. I cristiani che si sono coniugati con il comunismo, invece, stentano ancora a comprendere quanto di negativo sia insito nel comunismo sovietico e italiano, e continuano imperterriti ad affermare che vi è necessità per il bene dei popoli di costruire una società comunista. Il cristianesimo, giova ricordare, non è una politica, né un modello di stato, ma una dimensione di vita che ha il suo fulcro nella Rivelazione e nel riconoscimento della dignità della persona, che già nella Pacem in terris è ricordata sulla scia di quanto affermava S.S. Pio XII nel Radiomessaggio natalizio del 1944. Certamente il magistero della Chiesa sia con Paolo VI e ancor più con Giovanni Paolo II e l'0attuale pontefice, ben hanno sostenuto la radicale diversità della prospettiva della fede cristiana, dal socialismo di origine marxista. Ciò non esclude il valore di qualsiasi persona e delle sue riflessioni politiche, ma precisa la differenza, che è da ricercare in modo preciso nella prospettiva che disarticola la possibile unità. Il cristiano ha una visione trascendente e spirituale, fondata sull'amore di Cristo, il socialismo in una contingente e fondata sulla dinamica economica di lotta tra classi, accompagnata da una dipendente visione giuridica, dove il diritto è però solo il diritto storico e non il diritto naturale. Certo, si dice che il comunismo sia finito, ma quanti partiti comunisti esistono ancora anche in Italia e non solo e magari, come nel parlamento europeo rappresentanti di elettori che ancora credono in questa visione, dimenticando tutto il dibattito e la riflessione intorno al comunismo come totalitarismo e relativismo? Certo il comunismo nel suo maggior partito in Italia non esiste più, ma l'eredità culturale e politica come visione del mondo non è certo svanita., perché il comunismo in Italia è stato più che un partito una visione filosofica del mondo fondata sul materialismo e la negazione della trascendenza, che si è espressa in un anticlericalismo, oggi detto laicismo. Sopravvisono ancora visioni di unione con il comunismo anche nel mondo cattolico, ma, a mio avviso, esse languono nelle teste più che nelle opere.
Ma resta sempre l'interrogativo di base: come avviene però che molte associazioni cristiane con impegno nel sociale e qualche gerarchia socialisteggino? La risposta è complessa, ma va inizialmente ricercata nel dominio che la sinistra marxista ha esercitato e ancora tenta di esercitare in Italia. A questo modello ideologico si sono conformati e talora omologati quei cattolici, che si occupano di politica, ritenendo questo il compito religioso. In fondo forse nel cristianesimo che si associa al comunismo, vi è quella aspirazione messianica, ben sottolineata dal pensiero di Berdiaeff, che aleggia sempre nella riflessione cristiana e che è pure presente nel pensiero politico di K. Marx. Si ha così la trasformazione della carità in un solo impegno solidaristico sociale e che solo la classe operaia, i poveri della terra sono da salvare, da aiutare. Finiscono per considerare che la solidarietà è lo stesso che carità! Dimenticano costoro che il messaggio evangelico è per l'uomo, per tutti gli uomini e non vi è distinzione tra il ricco ed il povero, tra intellettuale e analfabeta, perché il messaggio si presenta in quella complessa semplicità che lo rende amabile a chi sinceramente ad esso si rivolge. Il non tanto latente anticristianesimo presente nella prospettiva comunista è oggi di coloro che si dichiarano "laici", spesso mascherando non una diversità, ma una avversione al mondo cattolico, è quella che oggi agita nelle piazze il vessillo con il volto di Che Guevara, ma nasconde ciò che il rivoluzionario porta alla spalla, il mitra. Forse non è la strada dell'impegno sociale, che Leone XIII chiamava "democrazia cristiana", ma quella della dimensione di fede, che è consapevole che l'impegno sociale solidaristico nella società non esaurisce il proprio compito, che è invece ben più vasto ed è la carità.

 

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