Case di riposo, Sel ad Anciveneto: si attivi affinchè Regione approvi legge riforma Ipab
Martedi 12 Marzo 2013 alle 12:45 | 0 commenti
Stefania Cerasoli, Responsabile Politiche Socio-sanitarie Sel Vicenza - L'Anciveneto, in un recente comunicato, ha sostenuto che secondo la sentenza n. 296/2012 della Corte Costituzionale le rette per le case di riposo degli anziani non autosufficienti dovrebbero essere compartecipate anche dai familiari degli ospiti.
Addirittura, sempre secondo l'Anciveneto, per effetto di tale sentenza verrebbero ad essere "stravolte le precedenti decisioni del Tar Veneto, che hanno sempre obbligato i Comuni a integrare le rette di degenza valutando la situazione economica del solo beneficiario e non dell'intero nucleo familiare, con riflessi gravissimi sulle casse municipali".
La questione non è proprio così.
Nella nostra Regione la materia è disciplinata dalla D.G.R. N. 457 del 27.02.2007 secondo la quale "la quota di retta di residenzialità qualificata come "alberghiera" è a carico della persona accolta nel Centri di Servizio residenziali o, se del caso, del Comune, previamente informato, presso il quale il cittadino è residente o è iscritto ai registri anagrafici al momento dell'ingresso in struttura, indipendentemente dalla sua condizione di non autosufficienza ( art. 6 comma 4 L. 328/2000 e art. 13- bis LR 5/1996, come introdotto dall'art. 102 della LR 5/2000)."
Quindi, nessuna incidenza diretta potrà produrre tale sentenza sulle decisioni del TAR Veneto, almeno fino a quando la materia non sarà riformata.
E, purtroppo, i segnali di tale intenzione vi sono tutti.
Pensiamo, ad esempio, al fatto che il Piano Socio-sanitario 2012/2014, ha previsto testualmente che "l'aumento ed il diversificarsi dei bisogni ed il concomitante contenimento delle risorse pubbliche potrebbero condurre all'impossibilità nel prossimo futuro di garantire i livelli di assistenza attuali."
E i recenti provvedimenti della Regione Veneto non fanno ben sperare.
La delibera n. 2621 del 18.12.2012, ad esempio, ha disposto tagli che vanno dai 232,40 ai 210 euro al giorno per l'hospice, dai 180,76 ai 153 euro per gli stati vegetativi permanenti e dai 103,29 ai 92 per i Sapa.
E ancora la delibera n. 2952 del 28.12.2012 che ha ridotto il contributo diretto per gli ospiti non autosufficienti da 14 euro a 10 euro al giorno.
Da troppo tempo è in atto, ormai, una vera e propria delega assistenziale attuata da parte dello Stato nei confronti delle famiglie, attraverso drastici tagli alle risorse destinate al welfare sanitario e sociale- Secondo un'analisi realizzata dal Censis, l'Italia è, infatti, tra gli ultimi paesi in Europa per risorse destinate alla disabilità .
E questo nonostante la Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità imponga agli Stati aderenti un dovere di solidarietà nei confronti dei disabili, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona che nel settore specifico rendono doveroso valorizzare il disabile di per sé, come soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui è collocato, anche se ciò può comportare un aggravio economico per gli enti pubblici.
Tagliare la spesa sociale è facile: chi convive con la disabilità non ha né la voce, né la forza di protestare.
Ma se l'unico modo che le Istituzioni conoscono per affrontare il problema è quello dei tagli viene legittimo chiedersi come potranno fare le famiglie sulle quali già grava un peso assolutamente insostenibile.
A tale proposito si evidenzia che il documento "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali" della Presidenza del Consiglio dei ministri, Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale dell'ottobre 2000, ha rilevato che "nel corso del 1999, 2 milioni di famiglie italiane sono scese sotto la soglia della povertà a fronte delle spese sostenute per la cura di un componente affetto da una malattia cronica".
Pur considerando le difficoltà dei Comuni nel reperimento di fondi sufficienti per far fronte alle legittime richieste di prestazioni socio-sanitarie e socio-assistenziali, è evidente che una tale situazione non può tradursi in misure che finiscano per incidere negativamente sugli utilizzatori finali, soggetti svantaggiati che la legge statale ha inteso proteggere, e sulle loro famiglie.
Ci auguriamo che il Presidente dell'Anciveneto, con la stessa velocità con la quale ha aggiornato sulla sentenza il Presidente del Consiglio e l'Assessore al Sociale della nostra Regione, si attivi affinchè la Regione Veneto provveda ad incrementare l'importo della quota sanitaria visto che di fatto le case di riposo si stanno sempre più trasformando in un ospedale geriatrico diffuso, capace di erogare assistenza altamente specializzata.
Il contributo per quota di rilievo sanitario corrisposto dalla Regione del Veneto è bloccato ai valori di quattro anni fa, senza alcun adeguamento a supporto della gestione e ad integrazione della retta che gli ospiti sono chiamati a pagare!
E ancora affinché il Veneto provveda ad approvare la legge di riforma delle IPAB (tra le poche regioni a non averlo ancora fatto).
Questo gravissimo ritardo costituisce quotidianamente un ostacolo alla riforma di un comparto così essenziale per gli anziani e le loro famiglie. (la mancata riforma comporta, ad esempio, che i costi per le maternità continuino a gravare interamente sull'ente e, quindi, sulle famiglie. Questi sono i veri problemi da affrontare affinché si possa pensare all'istituzione pubblica come ad un lungo braccio della famiglia e poter affermare che la persona non autosufficiente viene presa in carico oltre che dalla propria famiglia anche dalle braccia più ampie di tutta la società ."
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