Cardinale Elia Dalla Costa: è ancora proposta
Mercoledi 14 Marzo 2018 alle 11:08 | 0 commenti
La figura del cardinale Elia dalla Costa (Villaverla 1872- Firenze 1961) è ben nota della diocesi di Vicenza nella quale nacque ed operò, particolarmente a Schio, dopo l'ordinazione sacerdotale, fino al 1922, quando divenne vescovo di Padova e successivamente arcivescovo di Firenze e cardinale di Santa Romana Chiesa e anche "papabile" nel conclave del 1939 e, tra i promotori di Angelo Roncalli al pontificato in quello del 1958. Protagonista di una stagione importantissima del novecento con le due guerre mondiali e la nascita e l'imporsi del totalitarismo comunista prima e fascista poi, mai venne meno però per il porporato la centralità della fede e della figura del sacerdote qualsiasi fosse l'incarico o l'azione che compiva.
Questa centralità , che è quella del tabernacolo, come affermava il curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney) e della preghiera. Proprio per questo egli fu considerato uno "spiritualista", ma la sua principale caratteristica fu sempre quella di essere "uomo di Dio" in ogni circostanza anche quando gli eventi storici, la prima guerra mondiale, il dopoguerra infiammato dagli scontri sociali, il Concordato e la crisi della Chiesa con lo Stato fascista, le vicende del secondo conflitto mondiale con l'angoscioso problema della deportazione degli Ebrei cui il cardinale pose grande rimedio, tanto che è stato dichiarato "giusto tra le nazioni" e con lui molti altri fiorentini tra cui il suo Vicario mons. Mario Tirapani e il noto Gino Bartali. L'inquieto secondo dopoguerra vide sempre il cardinale protagonista, anche nel durissimo contro che oppose la Chiesa Cattolica al comunismo con la scomunica e i vari problemi della diocesi fiorentina. Caratteristica fondamentale di Elia Dalla Costa, proclamato "venerabile" da papa Francesco fu quella di essere "uomo cattolico, tutto apostolico. Fu nella dottrina inflessibile contro l'errore, ma sempre a braccia aperte per accogliere l'errante. Alieno alla politica militante fu contro il fascismo e ogni forma di comunismo nei quali intravvedeva la negazione della dignità dell'uomo e fu sempre attento a denunciare la loro negatività , soprattutto quella del comunismo che si ammantava di umanesimo nel mentre perseguitava la Chiesa stessa. (cfr. Bollettino dell'Arcidiocesi di Firenze, sett. ott. 1949, n.9-10, 158). Fu sempre vicino fino alla fine ai bisogni degli uomini, e particolarmente quelli dei lavoratori come attesta il suo scritto del 1958 sulla crisi delle Officine Galileo. Morì in odore di santità , una santità già intravvista nel periodo vicentino anche quando giovanissimo fu parroco di Pozzoleone, dove riavvicinò alla Chiesa la popolazione che era stata vessata dal fallimento della Cassa Rurale dove era implicato anche il parroco.
Queste brevi note per introdurre l'importate Convegno di studio che si è tenuto a cura dell'Istituto di Scienze Religiose "Arnoldo Onisto" nei locali del Seminario vicentino. Importanti studiosi, dopo il saluto del vescovo di Vicenza mons. B. Pizziol e la prolusione del cardinale S. E. Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, hanno delineato il periodo vicentino, patavino e fiorentino di Elia dalla Costa con notevoli contributi. La prolusione del cardinale Pietro Parolin ha evidenziato in modo netto e preciso con riferimenti alle opere e anche a lettere come per Elia Dalla Costa la centralità sia sempre stata quella del sacerdote al servizio della chiesa, tanto che è esempio ancor oggi e che dell'uomo l'importante è la dimensione spirituale, quella dell'anima che deve essere sempre tenuta presente. Proprio questo indirizzo aiutò Elia dalla Costa a Pieve Belvicino, a Pozzoleone, a Padova, a Firenze ed in ogni circostanza. Fu, come deve essere in un uomo di chiesa fautore della pace e denunciò in modo diretto e preciso quella che sarà la strage delle guerre mondiali. Mariano Nardello ha evidenziato il periodo vicentino, in particolare su quello scledense di Elia Dalla Costa, Enrico Baruzzo quello patavino, dove in una diocesi in crisi e in forte scontro politico, diede con due visite pastorali l'immagine del pastore che sa guidare, curare, sovvenire al proprio gregge e sacerdoti, ai quali, indicava sempre il grande valore dell'Eucarestia, senza il quale non si è preti, come avvertì al Sinodo fiorentino. Di parte del periodo fiorentino, Firenze città aperta e salvaguardia degli ebrei si sono occupati Mons, Gilberto Aranci e Giulio Conticelli. Ambedue hanno ben fatto notare come il ruolo dell'arcivescovo fiorentino sia stato in prima linea, come quello di tanti altri porporati tra cui quello di Milano I. Schuster.
Elia Dalla Costa ha lasciato una grande eredità , che va approfondita ulteriormente soprattutto nell'ambito della centralità di servizio che voleva dai sacerdoti e che applicava prima di tutto a se stesso. Fondava tutto fin dalla ordinazione sacerdotale sull'amore, consapevole che l'azione pastorale è rivolta alle anime e quindi Vangelo, Catechismo e sopra ogni cosa Carità ; fu amante del sacro e della liturgia la volle sempre attenta e sobria alla sua centralità , che è l'Eucaristia, e abolì con prudenza tutto quello che sapeva di eccesso cerimoniale, sconfinante talora addirittura del folklorismo ( (E. Bartoletti, Elia Dalla Costa nel centenario della nascita, Il Focolare, 10 dic. 1972).
Adunò a sé, Elia Dalla Costa, sempre i fedeli e i sacerdoti e quando richiamò, lo fece sempre per amore e con amore, soprattutto perché i sacerdoti doveva sempre difendere e la verità e la salvezza delle anime (Elia Dalla Costa, Direttive pastorali per la condotta del Sacerdote nei confronti del comunismo, Bollettino dell'Arcidiocesi di Firenze, sett. ott. 1953, 187-189) di grande spessore le "Esortazioni al clero" (Firenze, Libreria Editrice Fiorentina 1936) dove definiva i sacerdoti " medici delle anime", compito al quale mai debbono venir meno e in ciò era in sintonia con il suo vescovo, quando era sacerdote, mons. F. Rodolfi che nel 1940 in "Gli operai della vigna"( Tip. Pontf. Vesc. San Giuseppe, 1940) affermava:" il sacerdozio è nella chiesa non per una convenienza umana, ma per volontà di Dio."
Abbiamo imparato molto su Elia Dalla Costa e vorremo certo conoscere di più, anche su un capitolo difficile del suo servizio apostolico, ossia la vicenda di don Lorenzo Milani, dal cardinale ordinato presbitero della chiesa fiorentina e delle vicende che dal 1951 fino al 1958 coinvolsero il sacerdote e il suo vescovo, fino alla rottura che portò a Barbiana il giovane prete che certo non appariva "in linea" con le direttive del suo vescovo. Si è cercato già di far luce sui rapporti (cfr. D. Magrini, Don Lorenzo Milani, Brescia, Ed. Civiltà , 1983), ma ancora si deve approfondire bene la questione, ad esempio dell'imprimatur per il volume di Don Milani, Esperienze Pastorali. Certo è che la posizione del presbitero risulta ancora in discussione e per il quale valgono le parole di don Pierangelo Rigon: "Don Milani si presta sicuramente a tante letture: pensiamo solo alle sue idee sulla scuola, o sull'uso della parola...A mio avviso, il suo messaggio è anzitutto quello di un grande uomo di fede, un prete senza compromessi e senza complicazioni consegnati alla logica umana nell'accomodare il messaggio evangelico. Don Milani resta comunque un mistero, come affermava La Pira, per entrare nel quale occorre la fede nel crocifisso e nel risorto. Nella Chiesa e nella pace da Lui introdotta nel mondo. (1997).
Forse proprio queste ultime parole ci consentono di trovare quell'unità tra il vescovo e il sacerdote che spesso viene negata per esaltare più la divisione, funzionale a certi indirizzi politicanti o ecclesialmente negativi di cui spesso è condita la vicenda stessa. Ma gli storici sapranno con serenità darci nuove conoscenze come hanno compiuto proprio con il Convegno.
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