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Buon compleanno fiscal compact

Di Citizen Writers Domenica 2 Marzo 2014 alle 14:01 | 0 commenti

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Riceviamo da Roberto Ciambetti, assessore della Regione Veneto - Il 2 marzo del 2012 i  venticinque leader della Ue,  praticamente l’intera unione con l’eccezione di Gran Bretagna e Repubblica Ceca, firmarono il fiscal compact o patto di bilancio. Per l’Italia la firma fu fatta da un Mario Monti entusiasta secondo il quale con quell’atto erano stati assunti “impegni precisi per la crescita” aggiungendo poi “Fa piacere che per la prima volta da due anni in qua il Consiglio europeo non è stato dominato da crisi finanziaria ma finalmente è stato dedicato alla crescita e l’occupazione”, quindi spiegando che «l’Italia è rimasta soddisfatta dalle misure».

Guardando al futuro, dopo il Fiscal compact  per Monti ora «l’Europa si avvia a definire quello che chiamerei ‘Economic compact’, un patto cioè per le riforme economiche. Oggi  sono stati fatti passi avanti importanti sulla governance dell’Unione economica”.  Che al fiscal compact non siano seguite le politiche di sostegno all’economia vagheggiate da Monti è un dato di fatto,  mentre l’Italia ha inserito il pareggio di bilancio nella Costituzione impegnandosi nei fatti a ridurre al ritmo di circa 50 miliardi l’anno per almeno quattro lustri  l’indebitamento.

Una follia al punto tale che i premi Nobel per l’economia Enneth Arrow, Peter Diamond, Eric Maskin, Robert Solow, affiancati da altri studiosi,  lanciarono un appello al presidente Obama affinché non importasse dall’Europa quella mostruosità inserendo nella Costituzione il “balanced budget amendment” perché il pareggio di bilancio sarebbe stato “una politica insana” in grado  di danneggiare mortalmente  l’economia e impedire la ripresa. Questa tesi confermava quella di un altro premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, che aveva più volte riaffermato come non l’eccessiva ampiezza del debito, ma la prudenza nella politica di investimenti pubblici, avesse impedito una più veloce ripresa economica.  Gli economisti avevano ragione.

In Italia non c’è stato nessun “Economic compact”, le risorse disponibili sono finite in una spirale perversa in cui l’Europa e lo stano  hanno versato pressoché a tasso zero i soldi dei contribuenti alle banche affinché queste acquistassero il debito statale, ma la stessa Europa continua ad ammonirci: “"Per iniziare a ridurre l'elevato debito pubblico italiano, in linea con la riduzione prevista dal Patto di Stabilità, dovremo vedere un aggiustamento strutturale maggiore" come ha spiegato mercoledì scorso il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn. Le previsioni sono fosche: Peggiorano le stime Ue della disoccupazione italiana che quest’anno salirà al 12,6% e nel 2015 al 12,4 per cento, ma il dato cela la tragedia della disoccupazione giovanile, che viaggia a ritmi impressionanti mentre si scava sempre un più un profondo baratro tra generazioni.  “Con condizioni del mercato del lavoro ancora difficili, i consumi privati crescono solo marginalmente” scrive la Commissione Ue senza chiedersi se ciò non sia colpa delle politiche assurde di questi ultimi anni, dell’incapacità della classe dirigente italiana di rinnovarsi o di una mix tra resistenze al cambiamento, clientelismo, malaffare e appunto imposizioni di austerità che non portano da nessuna parte.

Sullo sfondo, intanto, il Convitato di pietra della nostra democrazia, mr Fiscal Compact che domenica 2 marzo compie due anni: con il suo conto da 50 miliardi di € l’anno di tagli è già pronto per mettere a serio rischio la nostra società, il nostro benessere e la qualità della vita dei cittadini.

Leggi tutti gli articoli su: Roberto Ciambetti, Fiscal Compact

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