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Berlinguer e la nuova legge elettorale

Di Citizen Writers Venerdi 31 Gennaio 2014 alle 20:42 | 0 commenti

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Riceviamo da Giorgio Langella e pubblichiamo - Trent'anni fa, nell'aprile del 1984, Enrico Berlinguer, nella prefazione alla raccolta dei discorsi parlamentari di Palmiro Togliatti, scriveva: “Attraverso alcune delle «riforme» di cui si sente oggi parlare si punta a piegare le istituzioni, e perciò anche il parlamento, al calcolo di assicurare una stabilità e una durata a governi che non riescono a garantirsele per capacità e forza politica propria.

Ecco la sostanza e la rilevanza politica e istituzionale della «questione morale» che noi comunisti abbiamo posto con tanta decisione. Anche la irrisolta questione morale ha dato luogo non solo a quella che, con un eufemismo non privo di ipocrisia, viene chiamata la Costituzione materiale, cioè quel complesso di usi e abusi che contraddicono la Costituzione scritta, ma ha aperto anche la strada al formarsi e al dilagare di poteri occulti eversivi – la mafia, la camorra, la P2 – che hanno inquinato e condizionato tuttora i poteri costituiti e legittimi fino a minare concretamente l'esistenza stessa della nostra Repubblica. Di fronte a questo stato di cose, di fronte a tali e tanti guasti che hanno una precisa radice politica, non si può pensare di conferire nuovo prestigio, efficienza e pienezza democratica alle istituzioni con l'introduzione di congegni e meccanismi tecnici di dubbia democraticità o con accorgimenti che romperebbero formalmente l'equilibrio, la distinzione e l'autonomia (voluti e garantiti dalla Costituzione) tra Legislativo, Esecutivo e Giudiziario, e accentuerebbero il prepotere dei partiti sulle istituzioni”.

Oggi si sta realizzando esattamente quello che Berlinguer paventava. Si vogliono fare «riforme» e leggi elettorali che mirano a piegare la democrazia secondo il volere dei partiti più forti. Questi affermano che bisogna garantire “governabilità e stabilità” e vogliono far sembrare logico che tale garanzia debba essere ottenuta con leggi fatte ad hoc. Dicono che non bisogna sottostare al ricatto dei piccoli partiti e che, quindi, bisogna eliminarli dalle istituzioni. Operano per fare in modo che qualsiasi voce fuori dal coro e qualsiasi opposizione al liberismo trionfante, non possano entrare in parlamento. Vogliono assicurarsi che il dissenso, la protesta e il malessere sociale non possano essere rappresentati nelle istituzioni. E se, per fare questo, si devono cancellare milioni di voti, a lorsignori non importa, perché è necessario garantire quella stabilità che da soli i “grandi partiti”, con la loro “politica” immobile e malata, non sanno garantire per manifesta incapacità e malafede. È necessario un “aiutino” legislativo, una legge elettorale che abbia come obiettivo non tanto di essere giusta e coerente con i principi e i valori costituzionali, ma che sia costruita per favorire quelle forze oligarchiche che già oggi stanno soffocando il paese. Un'oligarchia costituita principalmente da due partiti (PD e FI) che sono sempre più simili tra loro. Non ci può essere nessun progetto politicamente alternativo, al massimo un'alternanza di figure uguali tra loro che perseguono il medesimo fine: mantenere il sistema attuale e questo modello di sviluppo liberista inalterati nel tempo. Più che stabilità un colpevole immobilismo.

La legge c'è (l'hanno chiamata “italicum” non si sa perché) ed è stata pensata da personaggi che tutto sono meno che statisti. Si chiamano Silvio Berlusconi (iscritto alla P2 – tessera n. 1816, condannato in forma definitiva per frode fiscale ai danni dello Stato, condannato in primo grado per altri gravissimi reati e imputato in numerosi processi in corso), Matteo Renzi (“giovane” e arrogante sindaco di Firenze, abile nelle battute, che vuole “cambiare il paese” non importa come), Denis Verdini (pluri-indagato per vari reati e vero “deus ex machina” della legge in questione). Sono personaggi mediocri sia moralmente che politicamente. La legge, poi, dovrà essere approvata da una maggioranza di parlamentari che sono stati “eletti” (ma sarebbe meglio dire “nominati”) con un'altra legge (il porcellum) le cui parti fondamentali (premio di maggioranza e assenza di preferenze) sono state dichiarate incostituzionali e, per questo, cancellate dalla Corte costituzionale.

La legge c'è e prevede di escludere le opposizioni (e qualsiasi idea scomoda al sistema) dalle istituzioni con una soglia minima assurda dell'8% per chi si presenta da solo, del 12% per le coalizioni e del 4,5% per i partiti che si presentano in coalizione. Queste percentuali vogliono dire milioni di voti che verranno “persi”, anzi ripartiti tra quelle forze politiche che le supereranno. Milioni di elettori che non saranno rappresentati da chi hanno votato ma, plausibilmente, da loro avversari politici. È una soluzione autoritaria, molto poco democratica, come poco democratico è il premio di maggioranza del 15% per chi vince e supera il 37% dei voti. Come per nulla democratica è la decisione di andare al ballottaggio tra i due maggiori partiti se nessuno raggiunge il 37% dei voti. Ballottaggio che permetterebbe di ottenere la maggioranza assoluta con una percentuale bassa di voti. I parlamentari eletti, poi, sarebbero ancora dei “nominati” in piccoli listini decisi dalle dirigenze dei partiti. Non c'è nessuna possibilità per gli elettori di esprimere preferenze di alcun genere. Come si vede è una legge  fatta apposta dai maggiori partiti per favorire solo se stessi. Una legge che peggiora il “porcellum” lasciandone inalterate le caratteristiche dichiarate incostituzionali. Una legge che non ha nulla di nuovo né di moderno ma che serve solo a stabilizzare la situazione attuale. Una legge imposta con ricatti di vario genere al voto di un parlamento delegittimato. Una legge pessima che deve essere fermata perché, se e quando fosse approvata definitivamente, decreterebbe un grave arretramento della nostra ormai fragile democrazia verso dei cittadini e forme reazionarie di “dittatura” di una maggioranza ottenuta cancellando dal parlamento qualsiasi forma di opposizione e limitando di fatto la libertà di ogni cittadino di eleggere i propri rappresentanti istituzionali anche se non appartenenti a quella maggioranza.

Leggi tutti gli articoli su: Giorgio Langella, Italicum

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