Quotidiano | Categorie: Sindacati

Askoll: persi 35 mln a Castell'Alfero, si deve chiudere. Mise, regione e sindacati dicono no

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Lunedi 24 Marzo 2014 alle 23:54 | 0 commenti

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Dopo il primo contatto e una lunga intervista con Massimo Fùrlan, responsabile della comunicazione del  gruppo Askoll, il suo presidente e titolare, Elio Marioni, ci aveva poi telefonato, prima di "riammutolirsi", non si sa bene se per blandirci o per invitarci a "scrivere di meno o meglio" sulla chiusura annunciata, e poi confermata, per il 7 giugno prossimo, della Askoll P&C di Castell'Alfero nell'Astigiano con conseguente licenziamento di 223 operai (150 oggi che si aggiungono ai 70 che nello stesso giorno esaurirrebbero la Cig).

Oggi la Askoll Holding S.r.l., Direzione Comunicazione, si è fatta finalmente viva con una lunga nota per illustrare la sua posizione, che, per conoscerla e per studiarne qualche sfumatura di apertura a uno sperabile spiraglio trattativa, mettiamo a disposizione  di chi fino ad oggi a Vicenza ha letto della vicenda drammatica solo da noi, che abbiamo il dovere e l'abitudine solo di dare una cosa che si chiamano notizie. A che servirebbero i media sennò, quelli indipendenti per lo meno?, tanto più che, dopo Moncalieri e Castell'Alfero potrebbe toccare anche a Povolaro in cui già esistono dipendenti (ne ha parlato qualcun altro?) che usufruiscono di ammortizzatori sociali? Sperando che la nota spinga anche i mammasantissima dell'informazione locale, dopo che lo ha fatto a livello nazionale per ben due volte e in diretta anche La7, di seguito pubblichiamo integralmente il comunicato della Askoll Holding e a  seguire la nota con cui Tiziano Toniolo, Rsu Fim Cisl, da 33 anni in fabbrica, ha relazionato ai 223 licenziati (o 150 per la Askoll se del totale non fanno parte i già "esodati") dell'incontro del 21 marzo al Mise (Ministero dello Sviluppo Economico).

La sintesi delle tre posizioni (Askoll, sindacati astigiani e, secondo questi ultimi, Mise e Regione Piemonte) è quella espressa nel titolo (nel montaggio la sede centrale della holding tra il tavolo "vuoto" di risultati al Mise e i lavoratori che manifestano ad Asti, ndr).

Ma ci piacerebbe poter raccontare prima del 7 giugno, magari insieme ad altri colleghi locali, un finale concordato e meno drammatico di quello deciso e ora confermato con una nota stonata, però, caro presidente Marioni: le minacce finali ai sindacalisti (solo a loro?) astigiani, anche se un richiamo ai legali c'è stato, eccome, anche da parte dei lavoratori, ma per denunciare eventuali irregolarità di gestione e non il "concorso in tracollo" della proprietà che al buco di 35 milioni è arrivata, come lei stessa ufficializza, per tanti motivi, ma non certo per mancato impegno dei lavoratori.

E ci piacerebbe poter scrivere prima del 7 gugno che anche i sindacati vicentini hanno (ri)trovato il coraggio che stanno avendo i loro colleghi di Asti scrivendo anche loro un semplice comunicato , ora che Marioni ha dato via libera diffondendo il suo: «grazie colleghi della Fim Cisl, della Uilm Uil e della Fiom Cgil. Grazie per averci allertato. Senza accusarci di mancanza di solidarietà. E grazie per dover rinunciare al lavoro, come dice l'azienda, per salvare il gruppo!» 

 

Comunicato della Askoll Holding S.r.l. - Direzione Comunicazione

Castell'Alfero (AT) - Askoll P&C Perdite di oltre 35 milioni negli ultimi 5 anni e altre ingenti preventivate per i prossimi 4 anni impongono ad Askoll di procedere nella sua decisione di cessare l'attività dello stabilimento.
Non è vero che la Askoll P&C di Castell'Alfero sia un'azienda che, pur chiudendo i conti in utile, intende delocalizzare semplicemente per avere maggior profitti. Askoll P&C ha chiuso i bilanci degli ultimi anni in forte perdita, le perdite accumulate nel corso degli ultimi 5 anni (dal 2009 al 2013) ammontano ad oltre 35 milioni di euro.
Il budget 2014 e i piani pluriennali aggiornati con le ultime previsioni di vendita evidenziano, almeno fino al 2017 ulteriori ingenti perdite. L'esposizione finanziaria complessiva a fine periodo è stimata in 23 milioni di €, insostenibile per la sopravvivenza dell'intero gruppo Askoll.
L'azienda, prima di decidere la cessazione dell'attività ha valutato attentamente qualsiasi forma di ristrutturazione tendente a raggiungere l'equilibro economico-finanziario di Askoll P&C. E' evidente che non sussistono concrete prospettive di recupero di tale equilibrio. Il piano industriale, basato su ipotesi ottimistiche e già in possesso delle organizzazioni sindacali, evidenzia la sua insostenibilità.
Askoll ha valutato attentamente tutte le proposte di sostegno da parte delle istituzioni. Le proposte avanzate si riferiscono sostanzialmente a eventuali contributi su nuovi investimenti in ricerca e sviluppo e su progetti innovativi, tuttavia:
• nessun investimento in ricerca e sviluppo potrebbe modificare la redditività dei prodotti attuali che è insufficiente a coprire i costi fissi e gli ammortamenti conseguenti ai già importanti investimenti fatti nel corso degli ultimi anni;
• l'eventuale contributo da parte delle istituzioni andrebbe a coprire solo una parte (10-15%) dei costi per eventuali nuovi progetti.
Il problema di Askoll P&C deriva dall'impossibilità di raggiungere l'equilibrio economico finanziario attraverso la gestione caratteristica dell'azienda stessa. Con tali presupposti, la cessazione dell'attività nello stabilimento di Castell'Alfero rimane l'unica strada percorribile. Data la situazione l'azienda ritiene che chiunque fosse chiamato a risolvere il problema, inclusi eventuali curatori, amministratori o commissari straordinari, incontrerebbe le stesse insormontabili difficoltà.
La chiusura non è sicuramente parte di un disegno di delocalizzazione e ne è prova concreta la mole degli investimenti degli ultimi anni in Askoll P&C (circa 25 milioni di euro in 5 anni) in innovazione di prodotto e di processo per cercare di mantenere la competitività e garantire la sopravvivenza della società.
Purtroppo gli investimenti fatti non hanno dato i risultati attesi e sperati. Le cause sono da ricercare in particolare nella crisi che ha colpito il mercato dell'elettrodomestico europeo impattando fortemente sia sui volumi sia sui prezzi di vendita, entrambi in forte contrazione. Tali motivazioni sono state oggetto di condivisione e analisi congiunta con RSU ed organizzazioni sindacali in tutti gli incontri tenutisi nel corso degli ultimi anni.
Che gli investimenti sopra menzionati e i tentativi di salvaguardare la competitività dello stabilimento siano oggi messi in discussione dalle OO.SS della Provincia di Asti e dalle RSU di Castell'Alfero stupisce, dato che i percorsi seguiti fino ad oggi - inclusi i ricorsi agli ammortizzatori sociali - sono sempre stati formalizzati nei verbali di accordo sottoscritti dalle parti, sindacati inclusi.
Per i 150 dipendenti interessati dall'attuale procedura di licenziamento avviata lo scorso 25 febbraio 2014 (150 e non 220), l'azienda si rende perfettamente conto della drammaticità della situazione da essi vissuta, delle difficoltà economiche e di ricollocazione. Proprio con l'intento di attenuare tale situazione, l'azienda ha più volte offerto ai sindacati di esaminare le misure di accompagnamento volte a fronteggiare sul piano sociale le conseguenze della cessazione dell'attività e facilitare la riqualificazione del personale. Incentivi all'esodo, processi formativi, supporto alla ricollocazione, integrazione di una parte dei dipendenti in altre società del gruppo non sono stati argomenti di discussione accettati dalle organizzazioni sindacali, rigide nella loro pretesa di mantenere in funzione il sito produttivo e continuare ad oltranza le agitazioni in corso.
La prosecuzione a oltranza del blocco delle forniture dura da più di 30 giorni e rischia di gettare l'azienda in una situazione disastrosa e di insolvenza, travolgendo qualsiasi possibile misura a beneficio dei dipendenti, oltre che danneggiare i clienti, i loro dipendenti, l'intero indotto e - infine - le altre aziende del gruppo Askoll. Inoltre, assenti concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico-finanziario, difficilmente si potrebbe accedere alla CIGS prevista per le procedure concorsuali.
I tempi stringono. Oggi ci sono ancora i presupposti per affrontare la discussione con razionalità, tutelando senz'altro i lavoratori, con una chiusura "in bonis" che garantisca ai dipendenti di Askoll P&C gli stipendi fino alla cessazione, il rapido pagamento del TFR e l'erogazione di un incentivo all'esodo da concordare, oltre a misure di formazione e supporto alla ricollocazione.
In caso contrario ci sarà spazio solo per un tracollo, di cui ciascuno si assumerà le proprie responsabilità, fermo restando che chi, con azioni o omissioni, avrà concorso a tale tracollo, ne risponderà avanti le opportune sedi.

 

Relazione di Tiziano Toniolo, Rsu  Fim Cisl

Venerdì 21 marzo 2014 mattina a Roma, presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico, si è svolto il tavolo sulla crisi della Askoll P&C di Castell'Alfero (ex Ceset) per scongiurarne la chiusura.
L'incontro è durato circa 2 ore e mezza, durante il quale e le Istituzioni hanno messo sul tavolo le proprie proposte concrete mirate al sostegno dello stabilimento castellalferese.
Le azioni economiche messe sul piatto dalle istituzioni sono state:
REGIONE
- 200.000 euro a fondo perduto oppure 1.000.000 euro di finanziamento a tasso agevolato (per l'industrializzazione del motore Askoll motor Evo)
- sino al 40% a fondo perduto su progetti di ricerca e sviluppo come quello della mobilità elettrica; su questo settore la Regione si è detta molto interessata, anche a fronte della partnership già avviata dalla Askoll Holding con l'azienda torinese Model Master (progetta e realizza prototipi e componenti per veicoli di case automobilistiche di tutto il mondo)
- misure x evitare delocalizzazione (cifra da quantificare)
Quest'ultima azione è già stata applicata nella crisi all'Embraco di Chieri nel 2005 con l'acquisto da parte della Regione di un capannone dell'azienda per far arrivare denaro nelle casse aziendali. Furono impegnati per tale operazione ben 12.700.000 euro regionali, con il contributo del Ministero delle Attività Produttive di 5.000.000 euro.
La Regione si è offerta di ripetere l'azione acquistando un capannone della Askoll P&C.
- misure per il sostegno al reddito dei lavoratori (Cigd, formazione)
MINISTERO Mise
- aiuto finanziario da quantificare, in collaborazione con la Regione
COMUNE
- riqualificazione parte terreni e/o capannoni per una riconversione commerciale
GOVERNO
decontribuzione sino al 40% per le aziende che applicano i Contratti di Solidarietà
Pur mancando ancora un Decreto interministeriale che stabilisca i criteri per la individuazione dei datori di lavoro beneficiari di questa riduzione contributiva, per la Askoll P&C si profilerebbe (ipotesi tutt'altro che remota considerato che il primo tavolo ministeriale è del 6 dicembre scorso) una riduzione del 35% su tutti gli oneri contributivi dei lavoratori in CdS, pari sino a circa 400.000 annui (art. 5 del Decreto Legge del 20 marzo 2014, n. 34 - Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese).
RSU
- disponibilità a trattare a 360° compreso il fattore economico

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha detto in maniera decisa e precisa che la Askoll P&C, a fronte di tutte queste disponibilità messe sul tavolo, non è da chiudere, invitando l'azienda a prender tempo per analizzare congiuntamente e tecnicamente tutti le proposte emerse nell'incontro, cosa ribadita sia da Regione che da O.O.S.S..
L'Amministratore Delegato non ha ritenuto le offerte ricevute congrue per risanare oggi la situazione in rosso dello stabilimento, che a suo dire mina anche il gruppo, non accettando il confronto tecnico.
La Regione ha dichiarato che le spese di chiusura e il valore di ciò che è stato messo sul piatto sono sproporzionate rispetto alla decisione sulla chiusura, che ha i benefici economici ipotizzati dalla delocalizzazione solo a lungo termine.
Le O.O.S.S. che si tratta di una chiusura a prescindere, e la delocalizzazione in Slovacchia presenta rischi produttivi e di sviluppo intrinsechi non indifferenti.

 


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