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Arrigo Abalti, il civil servant della FSU

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Lunedi 7 Luglio 2014 alle 10:29 | 0 commenti

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Da VicenzaPiù n. 271 - La Fondazione degli Studi Universitari di Vicenza (FSU) ha come soci fondatori il Comune di Vicenza, la Provincia di Vicenza e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Vicenza mentre come soci sostenitori annovera la Banca Popolare di Vicenza, la Regione Veneto e Confindustria Vicenza tra i membri del Cda c'è, oltre a Umberto Lago, Arrigo Abalti che viene oltre che dalla politica dal mondo della scuola.

Anche a lui abbiamo fatto alcune domande, simili a quelle poste a Rucco per l'ESU, partendo dalla stessa e più ovvia, se percepisca, coè, un emolumento per l'incarico?
«Per questo incarico non percepisco nulla, neanche sotto forma di rimborso spese. Si tratta di fare il civil servant».
Quali sono i compiti della FSU e come interagisce con le varie università che hanno sedi distaccate a Vicenza?
«Gestire i rapporti con le facoltà presenti a Vicenza, curare le relazioni con le università di provenienza (Verona e Padova), accompagnare lo sviluppo e la crescita della presenza universitaria in città».
Quale tipo di contributo specifico lei porta con la sua precedente esperienza politica che l'ha portata anche a gestire le Terme di Recoaro?
«La mia esperienza più che politica è di tipo amministrativo, questo facilita la comprensione dei problemi in chiave più globale. Chi, come me, ha amministrato la cosa pubblica sa che la crescita dell'università a Vicenza è un fatto politico prima di tutto, nel senso che si riesce a raggiungere gli obiettivi se lo sviluppo è una scelta condivisa dagli Enti Locali e dalle forze produttive. Relazionarsi con il mondo universitario non è sempre facile».
Nell'ambito del vostro Cda gli uomini di cultura e di impresa, che ne fanno parte, che idea hanno della politica?
«Ognuno ha la sua, ma trattandosi di persone intelligenti sanno distinguere tra demagogia e politica. Nelle nostre chiacchierate, che ovviamente spesso avvengono a margine delle riunioni, si sente soprattutto l'assenza di interlocutori credibili ed efficaci nel mondo della politica. Il male della politica è nella mediocrità di gran parte dei suoi rappresentanti. E questo, per chi crede nel futuro dell'Università a Vicenza, è un grave limite.
Cosa manca allo sviluppo compiuto dell'attività universitaria a Vicenza e quali sono, invece, i suoi pregi attuali?
«Manca un progetto di lungo termine che definisca davvero il ruolo della presenza universitaria a Vicenza, che potrebbe essere uno dei motori di sviluppo dell'economia locale. Per me l'università è una risorsa in tutti i sensi, ma gli enti pubblici iniziano a soffrire per l'esiguità delle risorse che possono mettere a disposizione ed i privati non investono con la stessa forza. Tempo fa avevo proposto di patrimonializzare gli stabili in uso all'Università - ora della Provincia - per consentire alla Fondazione di avere titolo per accendere mutui e procedere con il percorso tracciato, ad esempio il recupero della Caserma Borghesi per fare la mensa e portarvi altre facoltà, ma la miopia ragionieristica di certi amministratori locali ha fermato tutto. E oggi la Borghesi è ancora uno dei tanti cimiteri degli elefanti della città. I pregi della Fondazione? Vent'anni fa non c'era niente, oggi ci sono Facoltà e presenze, le aziende cercano i nostri laureati e in viale Margherita sta per sorgere anche il secondo lotto di Economia...».
Come vede dal suo osservatorio i giovani studenti?
«Non li vedo perché non hanno rapporti con la Fondazione ma direttamente con le Facoltà».
Oltre all'ovvio spirito di servizio, come lei ci ha già detto, cosa anima di più la sua presenza nel Cda tra il mantenere rapporti con i soci importanti e l'avere comunque una certa visibilità pubblica?
«La visibilità pubblica ce l'ha il Presidente. Noi consiglieri ci limitiamo a dare il nostro contributo di idee ed a concorrere alla costruzione del futuro dell'università. Per quanto riguarda i rapporti poi, sono rapporti che avevo già, non si aggiunge nulla».
Ha ancora qualche ambizione politica?
«La politica è una vocazione e come tale rimane anche quando non la si pratica direttamente. L'ultima volta che mi sono candidato è stato nel 2008 e oggi sono un fruitore passivo della politica, nel senso che leggo e mi piace confrontarmi con chi ha la pazienza di conversare con me. Ambizioni politiche? Non saprei, non ci penso, però con le persone giuste e con un progetto serio la voglia di rimettermi in gioco potrebbe tornare...»

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