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Altro che un punto di iva, la nave Italia viaggia avanti tutta verso il naufragio

Di Redazione VicenzaPiù Martedi 4 Giugno 2013 alle 10:59 | 0 commenti

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Roberto Ciambetti, assessore regionale Lega Nord - Siamo sicuri che sia il punto di Iva ad essere il dato discriminante per il futuro dell'Italia? Dove prendere i soldi per detassare il lavoro, togliere l'Imu ai capannoni, alleggerire Tares e Irap, rilanciare il credito e i consumi? In realtà non c'è margine alcuno per le manovre di Bilancio del Governo nazionale: lo ha certificato l'Istat, perché  ad un paese che ha un rapporto Debito/Pil del 130 per cento servono circa 80 anni per riequilibrare i conti,  80 anni di drastica cura dimagrante imposta ai cittadini.

80 anni,  sempre ché si riesca a mantenere a una crescita costante dell1 % e un costo medio del debito attorno al 4 per cento. Follia. Ma ciò non basta:  aderendo  al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes),  il cosiddetto  Fondo Salva Stati o Fondo Salva Banche, l'Italia si è impegnata a versare al Mes qualcosa come 125 miliardi nei prossimi 5 anni. All'art.9 dell'accordo si legge che il Mes può chiedere il pagamento  in qualsiasi momento del capitale  non ancora versato mentre gli stati membri “si impegnano incondizionatamente e irrevocabilmente a versare il capitale richiesto dal direttore generale ai sensi  del presente paragrafo entro sette giorni dal ricevimento della richiesta”.
Due conti: per  il Fiscal compact dobbiamo stimare nei primi cinque degli 80 anni che ci attendono per  rispettare l'impegno preso dal Parlamento un pagamento di 50 miliardi che sommiamo  ai 25 miliardi  anno per il Mes: cifre imponenti. Ma il Parlamento italiano ha varato anche il Pareggio di Bilancio che vuol dire  parità tra entrate e uscite, per cui per ogni investimento fatto (per costruire scuole, musei, biblioteche, ospedali, strade, ferrovie, porti,  ecc…) deve corrispondere almeno un pari importo in entrata. Pari importo in entrata vuol dire tasse o svendita del patrimonio.  Tiriamo le somme:  con il voto del Parlamento, l'Italia dovrebbe pagare: circa 75 miliardi solo per i prossimi cinque anni senza contrarre debiti e contestualmente coprendo ogni  spesa e investimento con vendite  di beni o tasse.
Consideriamo che la tassazione è già arrivata al limite del sopportabile (lo dicono tutti: dalla Bce alla Corte dei Conti, dall'Istat a Bankitalia) e che le banche italiane per rispettare i limiti di Basilea 3 devono ancora capitalizzarsi con qualcosa come 9 miliardi,  per cui tra crediti inesigibili ed esigenze proprie spazio per rilanciare il credito non c'è, mentre il welfare è già stato saccheggiato e le Regioni hanno iniziato a tagliare la sanità: ne esce un quadro che fa tremare.  E' bene rammentare che l'adesione al Mes ebbe il solo voto contrario della Lega Nord e di due esponenti del Pdl, mentre contro il Pareggio di Bilancio e Fiscal Compact,  votarono Lega Nord e Idv.
Forse è il caso di ricordarlo negli stessi giorni in cui i socialdemocratici tedeschi senza mezzi termini dicono che il Fiscal Compact minaccia la tenuta economica di ciascun Land, violando l'autonomia regionale.  Sono giorni in cui il Bundesrat blocca la strada alla Merkel e dice nein al Fiscal Compact: se avessimo istituito il Senato delle Regioni forse oggi le prospettive italiane sarebbero molto meno cupe. La rotta di collisione e del naufragio di nave Italia è stata tracciata dal Parlamento. Qualcuno domani cercherà di dare la colpa a Comuni, Regioni, ma anche ai pensionati che vivono troppo o agli egoisti che vorrebbero fare chiarezza nel sacco di privilegi, clientele, corporazioni, assistenzialismi vari. C'è da scommettere che tra  Camera e Senato il verbo del domani sarà schettinare e non perché deputati e senatori si daranno ai pattini.  

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