Quotidiano | Categorie: Politica

Alternativa Comunista: sciopero delle donne il 25 novembre

Di Redazione VicenzaPiù Lunedi 18 Novembre 2013 alle 16:57 | 0 commenti

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Patrizia Cammarata, Commissione femminile Partito di Alternativa Comunista Vicenza - Anche a Vicenza associazioni e organizzazioni politiche e sindacali si stanno attivando per organizzare iniziative in vista della giornata del 25 novembre. Il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è una data storica, scelta dal movimento internazionale delle donne latino-americane nel 1981 a Bogotà in onore delle tre sorelle Mirabal, attiviste della Repubblica Dominicana, assassinate il 25 novembre 1961 perché si opponevano al regime dittatoriale del loro Paese.

In questa ricorrenza tanto importante si è scelto di far cadere una iniziativa, che accanto a  definita da più parti “inedita” per l’Italia: uno  sciopero delle  donne da realizzarsi attraverso un'astensione dal lavoro di 15 minuti denominata “sciopero delle donne”. L’idea ha preso forma nel giugno di quest’anno e si è concretizzata in un appello che da mesi circola sul web. L’ idea di organizzare uno sciopero in relazione al problema della violenza subita dalle donne è, a nostro avviso,  un'idea giusta, che, potenzialmente, può permettere di superare l'interclassismo che ha caratterizzato le manifestazioni promosse dal movimento “Se non ora quando”. Le donne lavoratrici sono doppiamente oppresse, perché subiscono lo sfruttamento del lavoro e la violenza di genere. Tra loro, le donne immigrate  sono quelle che vivono la condizione più dura, dovendo anche subire discriminazioni razziste. Tuttavia, perché uno sciopero sia un vero ed efficace sciopero e non una farsa, è necessario che si configuri come un'astensione reale dal lavoro per tutti, donne e uomini: deve essere uno sciopero generale a difesa delle donne lavoratrici, a cui devono essere chiamati a partecipare, esprimendo solidarietà alla nostra condizione, anche gli uomini della nostra classe, la classe lavoratrice. Non solo: per permettere una reale partecipazione anche delle tante donne che non hanno un contratto di lavoro regolare, ma che magari lavorano in nero o svolgono lavoro domestico non retribuito, lo sciopero dovrebbe coniugarsi con l'avvio di un percorso di lotta in grado di estendersi a tutti i settori della classe lavoratrice. Questo sciopero, così come è stato convocato, non presenta queste caratteristiche. Al momento, mentre scriviamo, solo le segreterie nazionali dell’ Usi e dello Slai Cobas hanno dato copertura sindacale allo sciopero generale per l’intera giornata e per tutta la classe lavoratrice mentre si moltiplicano gli appelli di militanti sindacali e lavoratrici (appartenenti alle varie sigle sindacali), di associazioni di donne, di movimenti di lotta ecc. affinché questa giornata possa diventare una vera giornata di lotta, un vero sciopero al quale possa partecipare tutta la classe lavoratrice, e non un mero atto simbolico.

Il moltiplicarsi d’atti di violenza e veri e propri omicidi nei confronti delle donne, l’allungamento dell’età pensionabile, i tagli allo stato sociale per cui il lavoro domestico e di cura dei figli e degli anziani sta nuovamente ricadendo quasi completamente sulle spalle delle donne impedendone sempre più la partecipazione alla vita politica, sindacale, sociale e culturale, rendono questo sciopero necessario e urgente.

Il Partito di Alternativa Comunista invita i sindacati tutti ad assicurare la necessaria copertura alle lavoratrici e ai lavoratori che intendono partecipare alla giornata di lotta, proclamando uno sciopero generale di 24 ore per manifestare contro la violenza sulle donne, per rivendicare un pieno impiego contro ogni flessibilità e precarietà, per rivendicare salari uguali per uguali mansioni, controllo delle lavoratrici sui tempi e sugli orari di lavoro, nonché sul "rischio zero" negli ambienti di lavoro, un'istruzione di massa e pubblica, per il mantenimento e il potenziamento dei servizi pubblici a supporto delle donne,  come asili nido  e scuole d’infanzia, lavanderie e mense sociali di quartiere, centri per anziani e disabili, consultori e ambulatori pubblici diffusi nel territorio e  per sottrarre le donne al peso del doppio lavoro.


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