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A Vicenza e altrove i cattolici esistono in politica?

Di Italo Francesco Baldo Sabato 24 Febbraio 2018 alle 10:45 | 0 commenti

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N.d.d. Mantenendo il nostro stile di apertura a tutti pubblichiamo questo testo di Italo Francesco Baldo, nostro opinionista indipendente, che è in contrasto con le posizioni e le idee del nostro fondatore, ed editore, Giovanni Coviello, candidato al Senato con Insieme, la lista sostenuta da Romano Prodi, che non vede "comunismo", ci dice, nell'azione politica dell'ex Commissario UE e dell'ex primo ministro e fondatore dell'Ulivo, criticato, dal lato "democristiano" da Baldo, e che, se pure lo vedesse, lo valuterebbe storicamente e culturalmente in maniera a dir poco diversa.

Se vorrà Coviello, che pure ci ha anticpiato, comuqnue, di condividere o apprrezzare, al di là dell'accostamemto con Prodi, molti spunti di Baldo, potrà intervenire, intanto diamo spazio, democratico e non certo comunista, a Italo Francesco Baldo  col pezzo che ha intitolato "A Vicenza e altrove i cattolici esistono in politica?

A sentire qualche "cattolico" vicentino, la strada per le prossime elezioni da percorrere è quella del partito democratico, soprattutto da quanto il fondatore dell'Ulivo l'ha indicata.

In realtà non ci sarebbe stato bisogno, considerato che proprio l'on. Prodi, insieme al gruppo dossettiano, da sempre è stato collaterale della sinistra italiana e non vide l'ora, al termine del Partito democristiano (la Democrazia Cristiana, ndr) di correre letteralmente nelle braccia dell'ex Partito Comunista Italiano. Ben si sa quale fine abbiano fatto i democristiani nel partito fondato da Togliatti. Non esistono più e la loro timidissima voce non la si sente neppure. Di quei partitini che cercano ancora dei fasti democristiani, non c'è proprio nulla da dire. I cattolici nell'ambito politico italiano non esistono più. Ciò che resta è semmai quella "democrazia sociale", che, cercando, diceva Leone XIII, esclusivamente i beni corporali e terreni, e collocando tutta la felicità umana in tale acquisto e in tale godimento, finiscono con il dimenticare gli stessi contenuti della fede, come attestano proprio i provvedimenti assunti dai governi di sinistra. Ma poco importa, con la scusa che si usa la stessa parola: "solidarietà", si crede di essere eguali. Il termine di origine francese, e molto utilizzato dalla massoneria e della sinistra comunista non può essere confuso con il termine cristiano di "carità". Il primo indica un'obbligazione giuridica, come specifica l'art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana, che confessionale certamente non è. Il secondo, ben disse A. Rosmini, è intellettuale spirituale e materiale, esprime l'amore del prossimo. Invale nel mondo cattolico l'uso del termine solidarietà, soprattutto da quando fu utilizzato in Polonia dal movimento Solidarność, per l'obbligazione sociale dei cattolici, ma la solidarietà è retta dalla carità, che è ben più vasta ed implica una relazione d'amore tra gli uomini e non solo, come recita sempre la Costituzione Italiana "politica, economia e sociale:" Ma si fa finta di nulla in politica, perché in essa si usa solo quanto conveniente al fine e i mezzi giustificano il fine (le poltrone da raggiungere), che nell'ambito della sinistra è solo ed unicamente il potere, costi quel che costi (Monte dei Paschi, altre Banche e Cooperative attestano).
A Vicenza, a parte le note posizioni di alcuni esponenti che utilizzano il termine "cattolico" ad ogni piè sospinto, tutto tace. Non vi è né riflessione e neppure un dibattito intorno alla funzione che i cattolici con i loro contenuti possono, debbono a mio avviso, proporre. Ben osservava Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce) nel suo saggio Una ricerca sullo Stato (Roma, Città Nuova, 1993) che i cristiani hanno un compito propositivo dei loro valori nei confronti dello Stato, dato che ciascuna persona è portatore di valori etici che determinano la sua rettitudine, ma, nel contempo, quei valori, diremo meglio doveri, possono diventare disposizioni legali, ma non obbligando, ma esibendoli come fondamento della persona che diviene cittadino. Nulla di tutto ciò, tutto è considerato e sul quale una coincidenza potrebbe essere trovata, ma bisogna almeno renderli pubblici e non lasciarli alle prediche, quando se ne interessano. Il mondo cattolico non è quello della chiusura nell'interiorità, che pure fondamento, invita a manifestare il proprio credo senza problemi, o come usa dire la sinistra "senza se e senza ma". Ma ciò non accade. Quale valore cristiano è adottato dai partiti, parlano di famiglia, ma non si sa bene quale, parlano di educazione e non si sa quale, parlano di libertà, ma quale, a dell'uso degli stupefacenti?, parlano di cultura ma quale, quella dissacrante di certi spettacoli teatrali, parlano di diritti animali, quasi superiori quelli del prossimo (si legga sempre della Santa citata a p.85 di Natura persona mistica, Roma, Città Nuova 1997). Insomma si parla di tutto e di più, ma di ciò che è cristiano nulla o quasi, come se il processo di secolarizzazione avesse raggiunto già il suo fine e la laicità, intesa come laicismo, che permette più a coloro che sono di religioni diverse, di parlare e chiedere, talora quasi voler imporre i loro costumi, che non ai cristiani. I sociologi, in soccorso, affermano che si deve seguire la morale dominante, dove la stessa nozione di male, di colpa è tenuta ben distante, conta solo quanto il gruppo, ormai più spesso il singolo chiede, tanto che il motto dello Stato è divenuto. Ciò che mi piace deve essere legge. Lo stato diventa così solo il garante del vantaggio singolare o gruppale, Non esiste più un diritto come condizione preliminare della moralità pubblica, in quanto capace di rimuovere gli ostacoli sul cammino delle autentiche spinte morale, ma è solo la garanzia del vantaggio. I cittadini, ridotti a postulanti, chiedono e chiedono per ottenere, tanto che la solidarietà anche quella del già citato art.2, si è ridotta a: quanto mi danno.
Qualcuno, sempre saccente, parlerà di discorsi vecchi, del tempo che fu e che oggi occorra ben altra ottica. Uno sguardo alla sola attualità denuncerebbe la fallacia di questo ragionamento. Questo si fonda su una malintesa concezione della storia, che ritiene valido solo quanto è la lotta per il dominio politico. La riduzione a "tutto è politica", porta a quel relativismo che non è nemmeno più il lasciarsi portare da qualsiasi venticello di dottrina, ma solo dall'affermazione ben chiara nel padre del singolarismo, Max Stirner. "Io sono il proprietario della mia potenza; e tale divento appunto nel momento stesso in cui acquisto la coscienza di sentirmi Unico". Tale condizione è quella che distrugge il senso stesso della società e quindi anche della possibilità stessa delle leggi che debbono essere rette almeno dalla razionalità e non dall'undivaga volontà individuale (cfr. D. Castellano, La razionalità della politica, Napoli 1993 p.59).
Così l'uomo politico colui che si riconosce nella morale il fondamento per costruire il bene comune e realizzare uno Stato, cioè un bene civile, è morto, esiste colui che cerca il proprio interesse o di dare vantaggio al maggior numero di singoli. Non si chiede, come indicava il gentile Cicerone l'esistenza dell'uomo giusto, ossia di colui che vede come finalità e come mezzi la giustizia la visione del bene, ma solo dell'economico/psicologico utile.
Ciò su cui i cattolici potrebbero richiamare l'attenzione almeno in una prospettiva di futura legislazione, non è nemmeno ricordato da coloro che pure chiedono il voto dei cattolici, ma forse sono consapevoli che questi ormai sono una minoranza e che anche in diversi loro esponenti ci si è uniti più al mondo che li nega e li ha negati storicamente, che non ad una testimonianza.
Così passa il mondo.


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