Tagliare spesa pubblica improduttiva, Ciambetti: resa dei conti non si può rimandare
Domenica 16 Giugno 2013 alle 12:22 | non commentabile
Roberto Ciambetti, Assessore regionale Lega nord -  Tutti sappiamo che aumentare l'Iva di un punto percentuale non determinerà aumenti di gettito, ma causerà la contrazione di consumi e la chiusura di tante attività commerciali, ma per i burocrati di Stato ciò che serve è far quadrare, teoricamente, i conti. Si aumenta l'Iva, si introita di più, si coprono le spese o si recuperano le risorse per...Â
Dall'ultimo aumento dell'Iva nel settembre 2011, quando si passò dal 20 al 21 % sono stati introitati circa 2,5 milioni di € in meno di Iva. Una cosa è basarsi su verità supposte, un altro è fare i conti con la realtà . Quale imprenditore spende soldi veri o prende impegni certi sulla base di introiti teorici? Nessuno: lo stato italiano, invece, sì e alla fine, le cifre tornano solo perché aumentano i debiti.
Per quadrare i conti bisogna tagliare la spesa pubblica improduttiva (come spesso ricordo) e su questo tutti sembrano d'accordo. Tutti...? Ne dubito.
La spesa pubblica in Veneto in percentuale sul PIL (compresa la spesa previdenziale comprese cioè quelle pensioni per le quali i lavoratori versarono fior fiore di contributi) s'aggira attorno al 41%, un punto in più della Lombardia, e circa un punto e mezzo in meno dell'Emilia: non siamo molto lontani dai dati della Svizzera e abbiamo numeri migliori della Germania; nel Sud il rapporto spesa pubblicai sul Pil sale al 73.4 % con i picchi massimi in Sicilia (76%) e Calabria (78%).
Guardiamo un'altra percentuale, quella che ci dice come è composta la ricchezza: in Veneto la percentuale del PIL legata all'industria in senso stretto è del 24 % circa superiore di 4 punti rispetto alla Germania; in Sicilia come in Lazio il PIL derivato dall'Industria s'aggira attorno all'8,2 % e fa peggio solo la Calabria con un 7,4%.
Se il debito pubblico fosse diviso per abitante, Lombardia, Veneto ed Emilia avrebbero un debito pubblico inferiore al 100 e in altre regioni, il Mezzogiorno, il debito pubblico tende al 200%, superiore cioè a quello della Grecia.
Tagliare ulteriormente la spesa pubblica nel Nord significa solo mettere a repentaglio i servizi pubblici: il Veneto ha già la spesa pubblica pro-capite più bassa in Italia e il costo del lavoro della Pubblica Amministrazione è inferiore del 18 per cento rispetto alla media nazionale. La spesa pro-capite nazionale per la sanità è pari a 1.861 € mentre in Veneto si spende pro-capite 1.819 €. Spendiamo poco meno, circa un 2,2%, della media nazionale, garantendo per altro ottimi servizi. Tutto ciò ci dice una cosa: pur avendo una spesa sanitaria di poco inferiore a quella media italiana il Veneto ha conti pubblici ben più in salute rispetto alla media. Da noi il welfare regge la prova della crisi. Altrove no.
Tagliare la spesa pubblica da noi significa sic et simpliciter chiudere uffici, diminuire servizi abbattendo la concorrenzialità del territorio e la sua appetibilità per gli investitori. Tagliando da noi si otterrebbe lo stesso risultato dell'aumento dell'Iva: l'effetto sarebbe controproducente. Tagliare la spesa al sud significa sicuramente toccare stipendi e assistenzialismo che scatenerà proteste, ma non si può andare avanti facendo finta di nulla, rimandando il redde rationem o la resa dei conti, espressione questa che chiama contestualmente in causa l'arrendersi davanti all'evidenza dei fatti: la cura di cui ha bisogno il Nord non è quella che serve al Sud e a prendere tutti e due la stessa medicina si rischia di avvelenare anche ciò che di sano è rimasto nell'una come nell'altra parte.