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Classici Contro: la rassegna itinerante arriva a Schio

Di Redazione VicenzaPiù Martedi 14 Aprile 2015 alle 23:24 | non commentabile

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Comune di Schio - Per l'Anniversario della Grande Guerra i Classici Contro 2015 Teatri di Guerra, progetto dell'Università Ca' Foscari ideato da Alberto Camerotto e Filippomaria Pontani, entrano nella discussione e riprendono i fili della memoria, con la loro speciale prospettiva, tutta europea e i tremila anni di pensieri della nostra storia. In 24 appuntamenti, come i canti dell'Iliade, nei teatri lungo il fronte della Grande Guerra da Trieste a Trento, i Classici Contro provano a far dialogare la ricerca scientifica tra le idee degli antichi e le prospettive critiche e artistiche dell'oggi.

Si prova a comprendere come nasce e che cos'è la guerra, e in particolare che cos'è stato per noi il primo conflitto mondiale: con Omero e Tucidide, con Virgilio e Tacito, che sono gli archetipi del nostro immaginario e della nostra coscienza civile. Al Teatro Civico di Schio, venerdì 17 aprile alle ore 20.30, nell'evento dal titolo "Antropologia della "guerra", con la direzione del Liceo Classico Zanella e la collaborazione del Comune di Schio, i Classici Contro parlano della seduzione che la guerra esercita sugli uomini e sui popoli. Lo vediamo oggi tra le guerre fratricide sul confine tra Russia e Ucraina, e lo subiamo nella propaganda e nei comportamenti delle guerre in Medio Oriente dove l'ostentazione della violenza può divenire macabro spettacolo con fini ambigui non facili da decrittare. È allora bene mettere in discussione il nostro immaginario collettivo sulla guerra, la libido segreta della forza e della violenza. Interviene a valutare i problemi e le prospettive il filologo romanzo Alvaro Barbieri (Università di Padova) che ci illustra cosa significa l'orgoglio e il prestigio della guerra nella tradizione letteraria e nella vita dei popoli europei. Non dobbiamo nasconderci che esiste l'euforia e il furore esaltante che possono afferrare i soldati nel pieno degli scontri. Accade allora che gli stati di "felicità marziale" diventano i clichés della propaganda militarista e delle retoriche guerrafondaie. Le seduzioni e gli incanti delle armi sono temi ‘scomodi', ma vanno affrontati per capire meglio le radici spesso problematiche della nostra cultura. Le atrocità indicibili della battaglia e delle campagne militari non sono mai disgiunte dal richiamo di un'irresistibile fascinazione. Ignorare questa natura ambigua di Ares, sospesa tra paura, desiderio e ammirazione, significherebbe rinunciare a comprendere l'essenza della guerra e il suo avventuroso inganno, nel quale è facile cadere ma dal quale è difficile uscire se non al prezzo di infinite sofferenze. Il classicista Renzo Tosi dell'Università di Bologna indaga sul pensiero popolare passando in rassegna proverbi antichi e moderni che ci dicono come dalla guerra ci si può difendere con una saggezza condivisa, semplice da ricordare anche attraverso i millenni. Molti sono i motti proverbiali di oggi che hanno radici nella cultura classica: quando parlano di guerra i nostri proverbi confrontano le sue miserie e i suoi dolori con i benefici della pace, contrappongono eroismo e viltà, oppure vinti e vincitori. Così, la guerra è bella per chi non la conosce, è detestata dalle madri, ma sappiamo che le madri spartane volevano che il figlio tornasse o eroicamente vincitore, con lo scudo, o caduto eroicamente, sullo scudo; con la pace tutto è prospero, con la guerra tutto va in rovina, ma chi vuole la pace prepara la guerra; arreca onore morire per la patria, ma il soldato che fugge è buono per un'altra volta; «Guai ai vinti!» urlava Brenno, ma essere misericordiosi con gli sconfitti è un precetto ineludibile. In questa contraddittoria selva sapienziale soffermandoci su un adagio tra i più celebri, Si vis pacem para bellum, e passando attraverso le sue modifiche, anche polemiche, possiamo tracciare una vera e propria storia culturale della guerra nella nostra Europa fino agli eventi della Grande Guerra. A definire le illusioni italiane della Prima Guerra Mondiale interviene lo storico Marco Mondini (Università di Padova), che ci spiega cosa è stata per noi Italiani la seduzione interventista che ci ha portati a combattere per quattro anni con oltre 600.000 morti tra le stragi del Carso, dell'altipiano di Asiago e del Pasubio, la disfatta di Caporetto e la resistenza sulla linea del Piave. L'intervento del Regno d'Italia nel conflitto europeo, con una serie di paradossi fu da un lato presentato come l'ultima campagna del Risorgimento, che avrebbe permesso finalmente a tutti gli italiani di far parte di un unico stato nazionale. Tuttavia, i mesi che separano la dichiarazione di neutralità nell'estate 1914 dal "maggio radioso" del 1915 testimoniano abbondantemente come questa visione, romantica e ideale, non fosse solo largamente estranea alla massa della popolazione, ma anche poco condivisa dalla classe dirigente che aveva infine optato per la guerra contro i vecchi alleati della Triplice. Un altro iato tra il discorso sulla guerra e la realtà fu che il conflitto presentato come corale sforzo della nazione (e, anzi, prima grande occasione d'incontro e sacrificio collettivo per tutti gli italiani) fu invero sostenuto in modo tutt'altro che simmetrico da parte della popolazione. Infine, v'è lo scarto tra la realtà della conduzione e della gestione di una guerra non altrettanto meccanizzata di quella combattuta sul fronte occidentale ma certo fortemente industriale e tecnologica e il macro-racconto pubblico e mediatico imperniato sulla rappresentazione di un conflitto romantico e premoderno. Ma dell'avventura estetica e gloriosa i soldati nelle trincee e sulle montagne del fronte italo-austriaco avrebbero visto ben poco. Alle relazioni degli studiosi si intrecciano sulla scena le domande, i recitativi e le musiche dei giovani studenti e del coro e dell'orchestra del Liceo Classico Zanella di Schio.

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

Informazioni: http://www.unive.it/classicicontro http://lettere2.unive.it/flgreca/TeatridiGuerra2015Schio.htm

 

(Nella foto: Alvaro Barbieri) 




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